In Toscana non è risorta Schlein e non è rimorto il populismo

Sui motivi per cui Elly Schlein avrebbe poco di cui vantarsi per la vittoria in Toscana non varrebbe nemmeno la pena di soffermarsi. Metto in fila giusto i primi che mi vengono in mente, in ordine casuale, per chi fosse tornato in Italia da poco: perché nessuno al mondo ha mai pensato nemmeno per un attimo che il centrosinistra potesse perdere pure in Toscana, dopo avere già perso, e male, nelle Marche e in Calabria; perché a vincere comunque è stato il candidato che Schlein voleva sostituire con qualcuno di più gradito al Movimento 5 stelle; perché un’astensione così alta (ha votato solo il 47 per cento) nella sua storica roccaforte per il Pd non è certo un segnale di buona salute, ed è assai poco incoraggiante per il futuro. Queste ovvietà dovrebbero bastare a spiegare quanto sia fuori luogo l’atteggiamento spavaldo esibito da Schlein, e quanto incongrui i suoi slogan e la sua esultanza, a cominciare da quell’«altro che morti, siamo solo all’inizio» (qualcuno la avvisi che la partita delle regionali semmai è a metà, che si è votato in tre regioni su sei e che le prime due le ha perse).
D’altra parte temo sia altrettanto infondata anche l’esultanza dei riformisti. E non solo perché il successo vantato da Matteo Renzi è frutto di circostanze molto particolari (la sua «Casa riformista» si presentava nella lista del presidente, Eugenio Giani). Temo infatti che le notizie sulla crisi degli estremismi e del populismo gialloverde, evidenziato dai disastrosi risultati ottenuti tanto dalla Lega vannacciana quanto dal Movimento 5 stelle, siano state (ancora una volta) decisamente esagerate. Soprattutto però bisognerebbe domandarsi se quella crisi non sia proprio la conseguenza del loro trionfo, del fatto che tanto a destra quanto a sinistra il populismo è diventato egemone, ed è stato fatto proprio dai partiti maggiori delle due coalizioni, Fratelli d’Italia e Partito democratico, togliendo quindi spazio e consenso agli alleati. Contrario a ogni accanimento, evito poi di ricordare tutti i discorsi sul vento che era cambiato e la spallata decisiva che doveva venire al governo da queste regionali: anche questa volta non l’hanno vista arrivare, e infatti non è arrivata.
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