La Corte dei Conti sulle segnalazioni dolose del dipendente infedele

Novembre 22, 2025 - 11:00
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La Corte dei Conti sulle segnalazioni dolose del dipendente infedele

lentepubblica.it

In questo approfondimento l’Avvocato Maurizio Lucca analizza una recente sentenza della Corte dei Conti dedicata alle segnalazioni dolose del dipendente infedele, che causano un danno all’immagine dell’amministrazione.


La sez. Giurisdizionale Campania, della Corte dei conti, con la sentenza n. 356 del 12 novembre 2025, condanna un dipendente pubblico al danno d’immagine per le indebite “segnalazioni” ai privati di operatori economici capaci di eseguire prestazioni cimiteriali in luogo del personale preposto, giustificando l’“indicazione” sulla presunta impossibilità dovuta ad una cronica carenza di organico: un danno all’immagine fondato su una sentenza definitiva di patteggiamento; patteggiamento che pur non configurando una condanna penale in senso stretto, costituisce un valido presupposto per l’azione di risarcimento del danno all’immagine innanzi al Giudice contabile, confermando la sussistenza e la responsabilità del dipendente pubblico per l’illecito compiuto [1].

Il profilo penale

La Procura Regionale citava (riassumeva) in giudizio un responsabile addetto ai servizi cimiteriali comunali per la condanna al danno all’immagine (il doppio della dazione, ovvero l’accordo corruttivo) in favore del Comune, a seguito dell’accoglimento dell’Appello, in presenza di una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, ex art. 444 c.p.p., divenuta irrevocabile, pur a seguito delle innovazioni introdotte dalla riforma Cartabia (il Giudice di secondo grado rimetteva la causa innanzi al Giudice di prime cure per la decisione sul merito) [2].

In breve, la richiesta si basava sulla rilevanza mediatica dei fatti (discredito della PA) riferiti ad un procedimento penale per il delitto di cui all’art. 319, Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, c.p. (rientrante tra i c.d. delitti propri dei pubblici ufficiali contro l’Amministrazione pubblica) [3], conclusosi con una condanna (patteggiamento), ove il responsabile dei servizi cimiteriali comunali, sul presupposto di una presunta carenza di personale, aveva dirottato gli utenti verso imprenditori privati.

Merito

Il giudice accerta la responsabilità per il danno all’immagine della Pubblica Amministrazione, conseguito alla vicenda penale (giudicato definitivo), per l’infedele condotta del dipendente in concorso con il responsabile della gestione dei servizi cimiteriali del Comune, affidando costantemente le operazioni di polizia mortuaria ad un soggetto privato, con cui in via “solidale” (c.d. pactum sceleris) spartivano il ricavato delle tariffe versate dall’utenza, con riflessi diretti sulle entrate municipali, a volte azzerandole.

In questa linea, si chiarisce il danno all’immagine:

  • danno previsto in via presuntiva dal legislatore pari al doppio della quota degli introiti derivati dall’accordo corruttivo;
  • il danno correlato alla menomata rappresentazione dell’Amministrazione, ossia il disvalore che viene percepito nella Comunità dalla condotta assunta dai dipendenti infedeli (con delitti propri dei dipendenti contro la PA), specie dell’ampia risonanza mediatica della vicenda: un danno all’immagine scaturito dal reato di corruzione, asservendo stabilmente la funzione pubblica agli interessi dell’imprenditore privato, nonché il singolo episodio corruttivo verificatosi ai danni dell’utente del servizio, con una evidente perdita di credibilità dell’istituzione pubblica, «apparendo all’esterno quale struttura caoticamente gestita e inosservante dei principi di legalità, imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa», e nello specifico della correttezza nell’esecuzione di servizio pubblico;
  • l’accertamento in sede penale e l’ampia divulgazione dalla stampa comporta la provata sussistenza di un danno all’immagine, dovendosi peraltro ammettere il ricorso alla prova presuntiva, avente pari valenza rispetto agli altri mezzi probatori [4];
  • vengono, inoltre, ritenute ininfluenti le difese che vorrebbero il dipendente un semplice addetto sottoposto alle direttive del superiore, attesa la funzione ricoperta, comunque di incaricato della gestione di un servizio pubblico (in ogni caso, ritenuto penalmente responsabile), e più in particolare per la gravità oggettiva della condotta in violazione dei doveri d‘ufficio «nell’ambito di una piccola comunità, ha certamente leso -in maniera irreversibile, nel medio periodo- la fiducia della generalità nella corretta gestione dei servizi cimiteriali».

Effetti

Il danno all’immagine:

  • risulta una conseguenza inevitabile della condanna penale per fatti gravi (id quod plerumque accidit), che oltre a compromettere inesorabilmente l’aspettativa di legalità riposta nella PA, incide nel rapporto stesso con l’Istituzione pubblica, minando non solo la fiducia dei cittadini ma dello stesso datore di lavoro pubblico, che può costituire giusto motivo di licenziamento disciplinare;
  • può, dunque, essere associato ad altra condanna, con la sanzione espulsiva posta a fondamento del licenziamento da un giudicato penale, ossia una lesione alla condotta etica che deve caratterizzare il dipendente pubblico sotto il profilo dell’aspettativa di perseguire il bene comune, con imparzialità: una finalizzazione che trova diretta fonte nella Costituzione;
  • arreca, quindi, una lesione del decoro e del prestigio della Pubblica Amministrazione e determinando perdita di credibilità ed affidabilità presso i cittadini, pregiudica valori primari di rilievo costituzionale, quali la legalità dell’azione amministrativa, il buon andamento e l’imparzialità della Amministrazione.

Note

[1] Corte conti, sez. giur. Sardegna, 15 luglio 2025, n. 115, idem Corte conti, sez. III Appello, 19 settembre 2025, n. 140 e 26 maggio 2025, n. 78.

[2] Altro orientamento stabilisce che la sentenza, ex 444 c.p.p. (patteggiamento), non ha efficacia e non può essere utilizzata come prova nei giudizi civili e amministrativi, compreso il giudizio per la responsabilità contabile, se non sono applicate pene accessorie, non costituendo il presupposto processuale per l’affermazione della responsabilità per danno all’immagine della Pubblica Amministrazione, Corte conti, sez. giur. Liguria, 22 luglio 2025, n. 59. Invero, il patteggiamento, pur non utilizzabile come prova ai fini del danno erariale, per effetto dell’art. 445, comma 1 bis, c.p.p., può assumere valenza indiziaria nel giudizio amministrativo contabile per comprovare l’illecito depauperamento di risorse pubbliche, Corte conti, sez. giur. Puglia, 22 luglio 2025, n. 176.

[3] Il delitto di corruzione si perfeziona alternativamente con l’accettazione della promessa, ovvero con la dazione dell’utilità e tuttavia, quando alla promessa segue l’effettiva dazione, è in tale momento che esso si consuma, Cass. pen., sez. VI, 19 ottobre 2023, n. 15641: l’atto oggetto del mercimonio deve rientrare nella sfera di competenza o di influenza dell’ufficio cui appartiene il soggetto corrotto, di modo che in relazione ad esso egli possa esercitare una qualche forma di ingerenza, sia pur di mero fatto, Cass. pen., sez. VI, 8 giugno 2023, n. 1245.

[4] Cfr. Corte conti, sez. giur. Lombardia, sentenza n. 140/2020, in adesione all’orientamento già espresso dalle SS.RR. nella sentenza 10/2003/QM; sez. II Appello, nn. 143/09 e 305/2010.

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