Le carriere di Michele Emiliano

Mentre discutiamo accanitamente di separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, mi pare stia passando relativamente inosservata la notizia, pubblicata ieri da Repubblica, secondo cui Michele Emiliano, appena uscito dal ruolo di presidente della Puglia e in attesa di tornare in Parlamento con il Pd (nel caso il suo successore Antonio De Caro non lo volesse nominare prima assessore) si appresterebbe a tornare in magistratura.
Ma la verità è che non ne è mai uscito, tanto che nel 2019 ha ricevuto dal Csm un ammonimento (la più blanda tra le sanzioni disciplinari) per avere violato la norma che proibisce ai magistrati di iscriversi a un partito. Per la cronaca, Emiliano era iscritto al Pd dal 2007.
A ogni modo, dopo aver perso pure il ricorso alla Consulta, che ha confermato il divieto di iscrizione o partecipazione sistematica e continuativa ai partiti anche per i magistrati fuori ruolo, Emiliano ha preso la decisione «dolorosa ma inevitabile» di non rinnovare l’iscrizione al Pd, cosa che comunque non gli ha impedito di continuare a fare serenamente il presidente della Puglia.
Quasi quasi mi sta tornando la voglia di andare a votare al referendum sulla separazione delle carriere, ma soprattutto mi dispiace che ce ne sia solo uno.
Questo è un estratto di “La Linea” la newsletter de Linkiesta curata da Francesco Cundari per orientarsi nel gran guazzabuglio della politica e della vita, tutte le mattine – dal lunedì al venerdì – alle sette. Più o meno. Qui per iscriversi.
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