Meta nel mirino dell’Antitrust: l’AI integrata su WhatsApp finisce sotto indagine

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L’Antitrust italiana, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ha avviato un procedimento contro Meta per sospetto abuso di posizione dominante: al centro dell’inchiesta, l’integrazione forzata dell’AI su Whatsapp, app di messaggistica più usata d’Europa.
A partire da marzo 2025, Meta ha introdotto in modo automatico il proprio assistente virtuale, “Meta AI”, all’interno di WhatsApp, la popolare app di messaggistica usata da oltre 120 milioni di persone in Europa. La novità non è passata inosservata all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), che ha avviato un’indagine formale nei confronti del colosso tecnologico per possibile abuso di posizione dominante, in collaborazione con i servizi competenti della Commissione europea.
Meta AI, un servizio basato su tecnologie di intelligenza artificiale generativa, è stato posizionato in modo preminente sia nella schermata iniziale che nella barra di ricerca di WhatsApp, rendendo immediatamente accessibile una chat dedicata per porre domande e ricevere risposte automatiche. Gli utenti non hanno avuto possibilità di rimuovere l’icona né di disattivare questa funzionalità, potendosi solo rivolgere ad alternative esterne come ChatGPT, ma con un livello di integrazione nettamente inferiore.
Il cuore del problema: l’accusa di “tying”
Secondo l’AGCM, il comportamento di Meta configura una pratica commerciale nota come tying, ovvero l’associazione forzata tra due servizi distinti: WhatsApp e Meta AI. Questo tipo di pratica, quando adottato da aziende in posizione dominante, può compromettere la concorrenza, ostacolando l’accesso al mercato per altri operatori.
L’Autorità sottolinea infatti che l’integrazione di Meta AI nella struttura dell’app di messaggistica potrebbe spingere gli utenti a usare il nuovo assistente virtuale per semplice comodità, senza valutare soluzioni alternative.
Il rischio individuato è duplice: da un lato, Meta potrebbe trasferire la propria forza di mercato nel settore della messaggistica anche al nascente ambito dell’intelligenza artificiale conversazionale, garantendosi un vantaggio competitivo non basato sulla qualità del servizio. Dall’altro, l’utilizzo continuativo di Meta AI potrebbe indurre una sorta di dipendenza funzionale, in quanto il sistema memorizza le informazioni ricevute e personalizza le risposte nel tempo, rendendo meno appetibili le soluzioni offerte dai concorrenti.
Accessibilità e dati: le zone d’ombra
Un altro nodo cruciale riguarda la gestione dei dati personali. Nonostante Meta dichiari esplicitamente che non utilizzerà i messaggi privati tra utenti per addestrare i suoi modelli di AI, nei documenti ufficiali emerge una posizione meno chiara. In alcune sezioni delle policy aziendali si afferma che le interazioni con Meta AI possono essere impiegate per il miglioramento del servizio, salvo esplicita opposizione da parte dell’utente tramite moduli accessibili nel Privacy Centre.
Tuttavia, il percorso per negare il consenso risulta complesso e poco trasparente, con passaggi multipli e rinvii tra diverse sezioni dell’informativa, creando incertezza su come i dati vengano effettivamente utilizzati. Questo solleva interrogativi sulla reale possibilità per gli utenti di esercitare un controllo consapevole e informato.
L’intervento dell’Antitrust in merito all’AI integrata da Meta su WhatsApp
Ieri gli ispettori dell’AGCM, con l’assistenza del Nucleo Speciale Antitrust della Guardia di Finanza, hanno effettuato accertamenti presso la sede italiana di Meta, raccogliendo documentazione e informazioni utili all’inchiesta.
L’obiettivo è verificare se l’integrazione di Meta AI su WhatsApp rappresenti una strategia anticoncorrenziale finalizzata a consolidare la presenza dell’azienda anche nel mercato dei chatbot e assistenti virtuali.
Il caso richiama precedenti illustri, come quello che nel 2007 vide protagonista Microsoft per la pre-installazione di Windows Media Player sui propri sistemi operativi, giudicata allora una pratica lesiva del principio di libera concorrenza.
Prospettive e implicazioni
L’istruttoria aperta dall’AGCM potrebbe avere importanti conseguenze non solo per Meta, ma per tutto il settore tecnologico europeo. L’azione dell’Autorità italiana, rafforzata dalla collaborazione con Bruxelles, si inserisce in un contesto normativo sempre più attento alle dinamiche dei mercati digitali e all’impatto delle big tech sulla libertà di scelta dei consumatori.
Se l’indagine dovesse confermare le ipotesi iniziali, Meta rischierebbe sanzioni significative e l’obbligo di rimuovere o modificare l’integrazione forzata del suo assistente AI. Al di là delle sanzioni, però, il procedimento rappresenta un test cruciale per il futuro dell’ecosistema digitale europeo, chiamato a bilanciare innovazione tecnologica e tutela della concorrenza.
Il testo del provvedimento
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