Montale, i 100 anni di Ossi di Seppia e i 50 del Nobel celebrati a Monterosso

Genova, 16 giu. (askanews) – Era il 15 giugno del 1925 quando la raccolta ‘Ossi di seppia’ di Eugenio Montale fu pubblicata per la prima volta dalla casa editrice fondata e diretta da Piero Gobetti, giovane intellettuale antifascista, morto prematuramente nel 1926. Per rievocare questa ricorrenza a Monterosso alle Cinque Terre dove gli Ossi di Seppia hanno tratto isopriazione, si è tenuoa l’evento ‘Qui Montale’ ospitato nella chiesetta di Santa Maria Nascente: una cappella sconsacrata divenuta rimessaggio di barche di pescatori fatta riconsacrare e donata al Paese dai cugini di Eugenio Montale.
Oltre alle letture dei brani poetici Roberto Alinghieri e l’introduzione di Cristina Currarini, in esposizione fotografie di famiglia, articoli di giornali e manifesti di eventi organizzati nel tempo e raccolti da Anna Canitano Aragno e Angela Betta.
Tra le rarità una cartolina con l’immagine della Torre Aurora dell’agosto del ’24 mostra la corrispondenza tra l’autore e il suo editore scomparso due anni dopo. Negli anni Montale apportò alcune modifiche e aggiunte alla sua raccolta poetica nelle edizioni successive, ad esempio quella ampliata del 1928 per “Il Saggiatore” di Firenze.
‘Ossi di seppia’ rappresenta il suo debutto ufficiale, segna l’inizio della sua carriera poetica ed è anche una delle raccolte più importanti della poesia italiana del Novecento. La natura ligure di Monterosso diventa per Montale simbolo della condizione esistenziale dell’uomo: aspra, indifferente, spesso ostile, eppure capace di offrire momenti di bellezza e di sospensione.
Scenario fisico e simbolo della sua poetica: l’arsura delle rocce, il fragore del mare, il vento salmastro incarnano la sua visione del mondo. Il punto d’osservazione è il giardino delle due palme di fronte alla casa di villeggiatura che la famiglia Montale possedeva a Monterosso nella zona di Fegina. Le foto storiche mostrano un giovane Montale in questi spazi tra amici e parenti, il Mesco, la casa dei doganieri, gli orti di limone, le vigne e le poche ville distanziate nel verde di inizio ‘900 costruite da famiglie benestanti e da migranti arricchiti.
La mostra, organizzata dal Parco letterario nato in memoria del poeta e dalla Proloco locale, ripercorre anche le altre diverse fasi della vita e le tante passioni del poeta: Firenze, la lirica, gli articoli sul Corriere della Sera e perfino la pittura, attività a cui avrebbe voluto dedicarsi con maggior costanza.
In mostra pure le immagini e gli articoli della consegna del Premio Nobel nel 1975 e l’attribuzione della cittadinanza onoraria da parte del Comune di Monterosso. Montale però non tornerà più a Monterosso nè a godere dell’ombra delle due palme: la sua casa venne stata venduta, anche se il poeta era erede di un quinto dei due terzi della proprietà; prima trasformata in pensione, ora diventata un normale condominio, a parte qualche lapide appesa ai muri. Un’ amara conclusione che lo portò a scrivere a malincuore: “Cercherò di non passare più sulla linea Genova-La Spezia, e pazienza”.
Il promontorio di Fegina era una sorta di paradiso, là dove nel 1900 è stata costruita la casa sul mare, rimasta tale sino al 1950. Un’atmosfera fuori dal tempo che sarebbe stata comunque difficile da conservare in epoche di grandi trasformazioni urbanistiche e sociali. Oggi, cent’anni dopo, sotto il profilo del Gigante dallo scoglio del Quarto si tuffano villeggianti di ogni provenienza. Lungo via IV novembre si fiancheggiano appartamenti e hotel, più in alto le riviere e il tennis, tanto amato dal giovane Montale.
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