Pakistan. L’ascesa dell’esercito e il potere di Asim Munir e Asim Malik

di Giuseppe Gagliano –
In Pakistan il confine tra potere civile e militare è sempre stato labile. Ma negli ultimi mesi quella linea sottile è diventata quasi invisibile. Con la nomina del tenente generale Asim Malik, già capo dell’Inter-Services Intelligence (ISI), a Consigliere per la Sicurezza Nazionale, e il consolidamento della leadership del maresciallo di campo Asim Munir, capo di stato maggiore dell’esercito, il controllo dei militari sulla politica del Paese si è fatto asfissiante. Uno sviluppo che arriva mentre la crisi economica interna morde e la rivalità con l’India conosce una nuova impennata.
Asim Munir è diventato capo di stato maggiore nel novembre 2022 e in poco più di due anni ha compiuto un’ascesa che in Pakistan non si vedeva dai tempi di Pervez Musharraf. La sua promozione a maresciallo di campo, un grado raramente conferito nella storia pakistana, è il segno di un potere ormai fuori controllo. Munir, già direttore dell’ISI, ha saputo combinare abilità strategica e pugno di ferro nelle questioni di sicurezza nazionale.
Dopo l’Operazione Sindoor del maggio 2025, un conflitto lampo con l’India che ha mostrato al mondo le capacità militari pakistane, Munir si è mosso con sicurezza nello scacchiere internazionale. Ha incontrato Donald Trump negli Stati Uniti, cercando di mantenere un fragile equilibrio tra Washington e Pechino. Sul fronte interno, ha difeso la “lotta legittima” del popolo del Jammu e Kashmir, accusando l’India di sistematiche violazioni dei diritti umani, e negando qualsiasi appoggio militare da Cina e Turchia.
Ma a preoccupare di più è la crescente popolarità di Munir: i suoi manifesti campeggiano a Karachi e Lahore, alimentando voci su un possibile golpe militare. I rapporti con il presidente Asif Ali Zardari e il premier Shehbaz Sharif sono ormai ridotti a una facciata.
La scalata di Asim Malik è parallela a quella di Munir. Da capo dell’ISI nel 2024 a Consigliere per la Sicurezza Nazionale oggi, Malik è considerato il braccio destro del maresciallo. La sua esperienza nei servizi segreti lo rende un protagonista decisivo nella definizione delle politiche di sicurezza e nelle relazioni con Afghanistan, India e le grandi potenze.
Il tandem Munir-Malik ha già suscitato apprensione a New Delhi, dove si teme un’intensificazione delle attività di intelligence pakistane lungo la Linea di Controllo in Kashmir.
Il Pakistan, sotto la regia di Munir e Malik, appare più assertivo sul piano internazionale. Le relazioni con l’India sono ai minimi termini dopo Sindoor. La Cina resta il partner strategico di riferimento, soprattutto per gli investimenti nel Corridoio Economico Cina-Pakistan (CPEC), ma Munir non ha rinunciato a tenere aperto il canale con gli Stati Uniti, consapevole del ruolo chiave di Washington in Asia meridionale.
Sul versante afghano, Malik dovrà gestire una situazione delicatissima: tensioni al confine e rapporti ambigui con i talebani rischiano di destabilizzare ulteriormente il Khyber Pakhtunkhwa e le aree tribali.
La storia del Pakistan è segnata da tre colpi di stato militari. Oggi, l’ascesa di Munir e Malik fa temere un quarto. Il leader dell’opposizione Imran Khan accusa l’esercito di soffocare la democrazia, ma le sue proteste vengono represse con arresti e intimidazioni. Nel frattempo l’economia vacilla: inflazione alle stelle, riserve di valuta estera in caduta e un governo civile sempre più marginalizzato.
Il Pakistan sembra destinato a una fase di politica estera aggressiva e governance interna militarizzata. Ma questa strategia potrebbe trasformarsi in un boomerang. Un conflitto con l’India avrebbe effetti devastanti in un contesto di proliferazione nucleare. E l’eccessiva centralità dei militari rischia di alienare i partner occidentali, alimentando al tempo stesso rabbia e instabilità interna.
L’ascesa del duo Munir-Malik segna un punto di svolta. Ma resta un interrogativo: sarà la definitiva consacrazione del Pakistan come “Stato-caserma” o il preludio a un nuovo ciclo di caos?
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