Sospesa, punita, denunciata e non pagata: storia di Giulia, rider e madre, per l’app è una “scansafatiche”

Agosto 22, 2025 - 22:30
 0
Sospesa, punita, denunciata e non pagata: storia di Giulia, rider e madre, per l’app è una “scansafatiche”

Quella di Giulia (nome di fantasia) è una delle tante storie di sfruttamento che proliferano nel mondo del food delivery. Ha 32 anni, è divorziata e madre di una bambina di 11 anni. Di lavoro fa la rider subordinata per Just Eat, con contratto part-time. “Si tratta di un part-time di 20 ore – spiega la rider a L’Unità – non me lo hanno mai aumentato nonostante le mie richieste negli ultimi anni”. E perché? “Il full time non lo ha quasi nessuno, solo qualche collega fa 30 ore. Piuttosto che aumentare le ore a chi ha l’indeterminato, preferiscono assumere nuovi rider con contratti di 6 mesi”.

Giulia soffre di una patologia ansiosa, dichiarata in fase di visita medica, che all’inizio teneva sotto controllo tramite farmaci. Poi, però, qualcosa cambia. A febbraio 2025, subisce un’aggressione verbale da un ristoratore, ma non viene creduta dall’azienda. Che anzi, dopo aver cancellato quell’ordine, la contesta: “Mi hanno tolto qualche ora di lavoro”, spiega la donna. Due ore di sospensione, ad essere precisi. Poi, due giorni fa, una chiamata dei Carabinieri la informa che quel ristoratore l’ha denunciata. E dunque su Giulia, adesso, pesa anche un atto penale. Sempre a febbraio 2025, il suo mezzo elettrico si rompe. A quel punto, chiede a Just Eat di usare le ferie o i ROL (acronimo di “Riduzione Orario di Lavoro”, sono permessi retribuiti che spettano ai lavoratori dipendenti, ndr). Ma questi, che dovrebbero essere diritti fondamentali, le vengono negati dal preposto. Giulia decide quindi di sostituire il mezzo elettrico con una biciletta muscolare, “per motivi economici – racconta – perché quelli elettrici si rompono spesso”.

Ma l’app non registra il cambiamento, violando così il D.lgs. 81/08. I turni rimangono gli stessi che le venivano dati col mezzo elettrico, ma con la bici si fanno massacranti. Le sue performance calano inevitabilmente. E l’app la bolla come “scansafatiche”. Il suo contesto lavorativo nel frattempo non migliora: i preposti – come spesso accade – continuano a non rispettare le disponibilità di Giulia, a farle pressioni, a renderle impossibile conciliare vita lavorativa e familiare. “Le mie condizioni di salute peggioravano – confessa la rider – ero sempre molto agitata”. Dopo l’ennesimo incidente, ovvero lo scontro con una bicicletta, la donna chiede una visita supplementare a metà luglio “per sintomi depressivi e ansiosi, di cui già soffrivo ma che si erano aggravati per colpa dell’azienda”, dice. La diagnosi è chiara: la donna ha un forte stress ansioso e psicologico, le viene dunque riconosciuta un’inabilità temporanea di tre mesi. Con la rassicurazione da parte di Just Eat che sarebbe stata comunque retribuita. Tutto regolare, dunque, come da manuale. Peccato che poi, al momento della paga, la donna si accorge che i primi giorni non erano stati retribuiti. Alla richiesta di spiegazioni, l’azienda risponde che si era trattato di un “refuso” nella comunicazione: la rider sarebbe rimasta a disposizione dell’azienda sì, ma senza stipendio né ammortizzatori sociali di qualche tipo.

L’ennesimo colpo alla sua salute mentale e alle sue esigenze economiche di donna e madre. “Da tre settimane non mi danno né mutua, né ferie. Ho chiesto se me li danno adesso, ma non ho ancora ricevuto risposta” dice rassegnata. Enrico Francia, rider e delegato NIdiL, la struttura sindacale della CGIL che tutela i lavoratori atipici, non segue i rider subordinati di Just Eat. Ma è rimasto a fianco di Giulia nel corso della sua vicenda. E oggi dice: “Il lavoro del rider è prevalentemente maschile, i carichi di lavoro non vengono distinti per genere. Quando Giulia ha cambiato il mezzo, l’app non l’ha registrato, e dunque lei aveva i turni di un mezzo elettrico, sia le ore, sia i chilometri”. “Le comunicazioni che Giulia ha fatto ai coordinatori – continua – non sono state prese in considerazione”. Nemmeno quella, dice Francia, di rendere il lavoro compatibile con il suo essere madre: “Se ogni settimana le cambiavano i turni, come poteva organizzarsi con la figlia?”.

Poi Francia torna sul “refuso” con cui Just Eat ha giustificato il pagamento promesso e non mantenuto: “Quello ha creato dei problemi, perché se Giulia avesse saputo prima che non sarebbe stata pagata, avrebbe chiesto le ferie, visto che ha 80 ore di ferie, poi avrebbe potuto procedere con la mutua”. Ma tutto questo non è stato possibile. E oggi la riflessione di Enrico è una sola: “Giulia ha una figlia, ha un affitto da pagare. Non so come farà a settembre a pagarsi le spese…”. “Organizzeremo dei picchetti per Giulia – conclude Francia – e speriamo in un intervento della Filt Cgil. Ma al momento ancora non c’è stata alcuna risposta”. E Giulia, intanto, rimane nel limbo, denunciata, preoccupata…e non pagata.

Qual è la tua reazione?

Mi piace Mi piace 0
Antipatico Antipatico 0
Lo amo Lo amo 0
Comico Comico 0
Furioso Furioso 0
Triste Triste 0
Wow Wow 0
Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia