Tassa di soggiorno in Italia: quanto si paga, come è reimpiegata e come tutelarsi nel 2025

Agosto 13, 2025 - 08:30
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Tassa di soggiorno in Italia: quanto si paga, come è reimpiegata e come tutelarsi nel 2025

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Guida pratica per cittadini e turisti sulla Tassa di Soggiorno in Italia: tutto quello che c’è da sapere sull’imposta che pesa ogni notte sul tuo viaggio nel 2025.


Ogni anno milioni di turisti, italiani e stranieri, soggiornano in strutture ricettive lungo tutto il territorio italiano. In molti casi, insieme al conto della camera, viene applicata una voce aggiuntiva: la tassa di soggiorno. Un’imposta che, pur non sempre compresa nella prenotazione iniziale, rappresenta una fonte importante di entrate per i Comuni e un costo spesso poco chiaro per i viaggiatori.

In questo articolo analizziamo quanto si paga mediamente, dove l’imposta è più alta, quanto incassano realmente i Comuni, come vengono utilizzati questi fondi e, soprattutto, se sia giusto applicare la stessa tassa anche ai cittadini italiani che viaggiano all’interno dei propri confini magari anche per lavoro.

Quanto si paga? Le cifre medie e i Comuni dove costa di più

In Italia, la tassa di soggiorno è un’imposta locale applicata da molte strutture ricettive (hotel, B&B, campeggi, ecc.) per ogni notte trascorsa sul territorio comunale. Le tariffe sono decise dai singoli Comuni e variano in base alla categoria della struttura e alla località.

  • Media nazionale: circa 2,50–3,00 € a notte per persona

  • Massimo attuale: fino a 7,00 € a notte, ma in strutture di lusso può arrivare anche a 10–25 €

  • Dove si paga di più: Roma, Firenze, Milano, Venezia, alcune località montane del Trentino-Alto Adige, località costiere ad alta affluenza

Attenzione: la tassa non è sempre inclusa nel prezzo di prenotazione online. Controlla sempre la voce “imposte locali” prima di confermare.

Quanti soldi incassano i Comuni italiani

Nel 2024, secondo i dati raccolti da diverse fonti tra cui ANSA, Federturismo e l’Osservatorio JFC, i Comuni italiani hanno incassato complessivamente oltre 970 milioni di euro grazie alla tassa di soggiorno. Un record storico, nonostante una lieve flessione del turismo interno registrata durante la primavera e l’estate dello stesso anno.

A trainare gli incassi sono soprattutto le grandi città d’arte e le mete turistiche più note. Roma da sola ha raccolto quasi 300 milioni di euro, seguita da Milano, Firenze, Venezia e da alcune località montane e balneari molto frequentate.

Per il 2025 si prevede che il gettito possa superare il miliardo di euro, salvo ulteriori cali di presenze o modifiche legislative.

Chi paga?

  • Turisti stranieri: circa due terzi del gettito totale

  • Turisti italiani: il restante 30–35%, concentrato soprattutto nei mesi estivi

Si prevede che nel 2025 si supererà il miliardo di euro, salvo contrazioni del turismo o modifiche alla normativa. Tuttavia, solo circa 1 Comune su 5 applica attivamente la tassa. Il potenziale di crescita è quindi ancora molto alto.

Quanto pesa la tassa sul budget di un turista italiano

Se consideriamo una vacanza media di una settimana, con sette pernottamenti in una struttura con tassa di soggiorno applicata, un cittadino italiano nel 2025 paga tra 15 e 35 euro a persona, a seconda della destinazione. Per una famiglia di quattro persone, la cifra può arrivare a oltre 100 euro, che si aggiungono al costo complessivo del viaggio.

In una vacanza con un budget medio di 600–800 €, questa voce può rappresentare fino al 10–12% del costo dell’alloggio, specialmente nelle strutture più economiche dove il prezzo base è basso ma l’imposta rimane fissa. Un’aggiunta che può fare la differenza, soprattutto per i nuclei familiari o per i giovani che cercano vacanze low cost.

Consiglio pratico: alcune città offrono esenzioni per:

  • Minorenni

  • Residenti nella regione

  • Persone in viaggio per motivi sanitari o di lavoro

Verifica sempre sul sito del Comune o chiedi alla struttura prima di partire.

Come vengono utilizzati gli incassi: tra valorizzazione turistica e bilanci locali

In teoria, le entrate derivanti dalla tassa di soggiorno dovrebbero essere utilizzate per migliorare i servizi turistici, finanziare eventi culturali, sistemare infrastrutture locali o promuovere il territorio. In pratica, tuttavia, non sempre è chiara la destinazione dei fondi.

Secondo quanto riportato anche da un’analisi firmata da Anna Maria Angelone su La Stampa, in molti casi nel 2025 l’imposta viene semplicemente assorbita nei bilanci comunali senza una rendicontazione dettagliata. Mancano spesso report pubblici su come e dove vengano investiti questi soldi, e non è raro che vengano usati per coprire spese generali, lontane dall’obiettivo originario della tassa.

Questa mancanza di trasparenza genera dubbi crescenti sull’effettiva utilità dell’imposta per il miglioramento dell’esperienza turistica, soprattutto per chi – come i cittadini italiani – si sposta frequentemente all’interno del territorio nazionale anche per lavoro.

Una domanda aperta: ha senso che i cittadini italiani che si spostano, anche per lavorare, paghino questa tassa senza agevolazioni?

La tassa di soggiorno nasce come contributo legato all’impatto del turismo locale, ma è legittimo chiedersi se abbia senso applicarla anche a chi viaggia per turismo interno o addirittura per lavoro. I cittadini italiani, in fondo, già pagano le tasse nei propri Comuni di residenza e sostengono con le proprie imposte gran parte dei servizi pubblici.

Una politica di agevolazioni o esenzione parziale per i residenti italiani – magari in forma di rimborso, riduzione o franchigia – potrebbe incentivare il turismo nazionale, sostenere le famiglie e rendere più equo un meccanismo che oggi, a molti, appare sbilanciato. Invitiamo i cittadini a inviarci osservazioni al riguardo.

Leggi anche: Affitti brevi nel mirino: arriva il nuovo strumento digitale per i Comuni

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