«Terra Santa, ogni aiuto è benedetto da Dio»

Settembre 2, 2025 - 06:30
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«Terra Santa, ogni aiuto è benedetto da Dio»
L'intervento dell'Arcivescovo durante la tavola rotonda (Agenzia Fotogramma)L'intervento dell'Arcivescovo durante la tavola rotonda (Agenzia Fotogramma)

Andrà in pellegrinaggio in Terra Santa a fine ottobre con i Vescovi lombardi, «per esserci», ma anche da piazza del Duomo ha fatto sentire il suo messaggio forte e chiaro. È l’Arcivescovo che, nel contesto dell’articolata iniziativa «Pane in piazza», ha preso parte alla tavola rotonda dal titolo «Il nostro pane quotidiano. Lievito di umana fratellanza tra Milano e la Terra Santa».

«Ogni iniziativa che vuole portare aiuto è benedetta da Dio», ha detto prima dell’incontro, rispondendo a una domanda sulla Global Sumud Flottilla partita per portare aiuti a Gaza. «C’è un’iniziativa che può essere realismo, che può essere profezia, che può essere protesta, e queste navi che cercheranno di avvicinarsi unisce tutti e tre: aiuto concreto, profezia di un mondo nuovo possibile e protesta», ha osservato, sottolineando il ruolo e il contributo della Chiesa che «rimane in quei luoghi in un momento così drammatico».

Concetti ribaditi nella tavola rotonda, moderata dal giornalista Giuseppe Caffulli, direttore delle riviste edite in Italia dalla Custodia di Terra Santa, e che ha visto il dialogo tra l’Arcivescovo, fra Rami Asakiech, parroco latino di Betlemme, il vescovo maronita di Batroun (Libano) monsignor Mounir Khairallah – che poco prima aveva presieduto la celebrazione eucaristica in Duomo – e padre Angelo Borghino, ministro provinciale dei Cappuccini di Lombardia. Tutti riuniti in piazza Duomo con un folto pubblico, per uno dei più attesi momenti di riflessione della kermesse, iniziata il 24 agosto. Promossa dai Frati Missionari Cappuccini di Milano e dalla famiglia Marinoni, storica famiglia di fornai milanesi, l’iniziativa ha riunito 250 panificatori provenienti da tutta Italia e dall’estero, coinvolgendo quasi 400 mila visitatori. Obiettivo del progetto, raccogliere fondi per costruire un panificio in Camerun a Bambui. Proprio perché «Bread is life – il Pane è vita», come si legge negli adesivi che indossano tutti, anche i relatori.

La tragedia della guerra

Inevitabile, avviando il confronto, la prima domanda posta a fra Rami, che tra pochi giorni diventerà parroco della chiesa di San Salvatore a Gerusalemme. «Come si vive oggi a Betlemme?». «Betlemme – che pochi sanno è gemellata con Milano – significa “Casa del pane” e la cosa stupefacente è che manca il pane. La guerra tocca tutta la Palestina, ma specialmente una città come la nostra che dipende dal turismo. Noi ora stiamo facendo ciò che il governo non fa, per gente che non ha più niente. C’è miseria ovunque: sono stati persi 200 mila posti di lavoro, eppure non manca la speranza», spiega il religioso, a cui fa eco il vescovo Mounir richiamando l’amicizia che dura da 50 anni con la Chiesa di Milano, da lui conosciuta quando era, per i suoi studi, a Roma e che non mai smesso di sostenere la Chiesa libanese: «Il pane è il simbolo del Libano, il Paese della convivialità e dell’accoglienza, nonostante 50 anni di guerra tra diverse religioni. Mezzo secolo di conflitti non hanno incrinato la nostra convinzione di essere un mosaico dove vivere insieme nella diversità con le nostre 12 comunità cristiane, le 5 musulmane e una ebraica», scandisce il Vescovo con la voce che si incrina quando ricorda il barbaro omicidio dei genitori nel 1958 da parte di una persona accolta in casa per dare un lavoro: «Questo è il prezzo dell’accoglienza e devo ringraziare i Padri Cappuccini che hanno accolto me e i mei fratelli in orfanatrofio, dove ci hanno educato all’amore a ogni costo e a pregare per i nemici».

Padre Borghino illustra l’Opera San Francesco che, a Milano, «offre aiuto per bisogni primari, come il cibo (con la storica mensa di viale Piave), docce, vestiario, l’ambulatorio medico, ma anche sostegno di secondo livello a cui è più difficile dare risposte, come l’assistenza sociale, psichiatrica, giuridica e la ricerca della casa. 31 mila gli ospiti con un aumento degli italiani, delle donne, dei minori e degli over 75. 1350 i volontari. 930 mila pasti in un anno, 7000 gli utenti dell’ambulatorio grazie anche a una Milano molto generosa», prosegue, in cui «c’è una buona collaborazione anche con il Comune».

Un momento della celebrazione in Duomo presieduta dal Vescovo libanese (Agenzia Fotogramma)

Milano ha bisogno di pregare

«Pregare per il nostro pane quotidiano è riconoscere che la nostra fame ha bisogno di Dio, degli altri e che la gente di Milano sbaglia se smette di pregare – rileva l’Arcivescovo -. Questa Milano straordinaria per la sua generosità, per la sua intraprendenza, per tanti livelli di eccellenza, sta dimenticando di pregare. Qualche volta questa “fotografia” ci induce anche a essere critici, ma è per il suo bene, rispetto a una superficialità che sembra venire avanti. Anche se stiamo bene, dobbiamo ascoltare la voce dei poveri per renderci conto di essere poveri. Milano deve convertirsi».

Da qui una seconda domanda su come «fare a educare alla pace e sulle iniziative, come la Caritas, promosse dalla Diocesi per sostenere i poveri e gli emarginati». Senza mezzi termini la risposta: «C’è qualcosa che mi fa disperare per questa umanità incomprensibile che investe capitali enormi per creare strumenti di morte. Cosa sta succedendo nel mondo? Per rispondere a questa domanda non bisogna avere il punto di vista delle fotografie sconcertanti o delle notizie accumulate, ma lo sguardo di Dio, sapendo che il regno di Dio è vicino, come dice Gesù. Il regno di Dio è vicino perché ci sono uomini e donne che imparano a costruire relazioni fraterne, come le testimonianze che abbiamo ascoltato».

Ma come trasmettere, allora, questi valori? «Credo – dice ancora l’Arcivescovo – che dobbiamo costruire un altro modo di comunicare, di descrivere la realtà, i continenti, le persone, le culture. Nessuna persona può essere rinchiusa in un’etichetta, in una categoria. Mi pare che la Caritas, e l’intera opera caritativa della Chiesa, dicano che è più importante la relazione che la prestazione, costruire un rapporto che soddisfare un bisogno. La Caritas ambrosiana vuole aiutare il povero in modo che non sia più povero. Questo sogno non è quello di un creatore di slogan, ma di un’opera educativa che sa aiutare rendendo capaci di aiutare».

L’interrogativo è anche su quali passi concreti possono essere fatti dove oggi si vive quotidianamente in guerra.

I panificatori portano il pane (Agenzia Fotogramma)

La speranza concreta

«Io sono nato ortodosso, cresciuto nella Chiesa latina e ordinato Melchita – nota fra Rami, evidenziando il senso della convivialità delle differenze -. Condividere il pane è già un inizio buono per la fratellanza e per superare la diversità. Se guardiamo l’altro come essere umano, amato da Dio, non ascoltando le voci degli interessi dei politici e del potere, possiamo veramente godere del dialogo», conclude, portando esempi concreti di ecumenismo in Palestina e della crescita educativa dei bimbi nelle scuole come quelle della Custodia di Terra Santa e del Patriarcato latino dove tutti sono accolti. «L’educazione e i progetti realizzati insieme sono molto importanti e lo è pregare insieme, come si è fatto a Betlemme per protestare contro la guerra. Sono momenti di grande potere spirituale e anche umano». 

«Anche nel Libano di oggi ci sono tanti esempi di speranza – ribadisce monsignor Khairallah, in riferimento al ruolo cruciale svolto dalle scuole e dall’Università -. Le scuole cattoliche in Libano accolgono i due terzi di tutti gli studenti libanesi con una maggioranza musulmana perché questi genitori hanno fiducia in noi e nella formazione dei loro figli ai valori comuni come la dignità della persona, la fratellanza, l’amore. Quando condividiamo il pane e sale diventiamo una famiglia, nella tradizione libanese. Lì è il nostro futuro».

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia