Almasri arrestato in Libia, da Palazzo Chigi una pezza peggiore del buco: cosa non torna nella versione del governo
Quando la pezza è peggiore del buco. La surreale versione di Palazzo Chigi sull’arresto del generale libico Osama Njeem Almasri, l’ex capo della polizia giudiziaria di Tripoli finito in manette mercoledì in Libia su ordine della procura generale per gli abusi contro i prigionieri e la morte di uno di questi nel carcere di Mitiga da lui gestito per conto delle milizie Rada, è infatti l’ennesimo pasticcio del governo di Giorgia Meloni sulla vicenda.
La storia è ormai nota. Almasri venne arrestato a Torino il 19 gennaio scorso, dove si era recato per assistere ad una partita di calcio della Juventus, su mandato della Corte penale internazionale che lo accusava di crimini contro l’umanità. Due giorni dopo il generale libico venne espulso dal governo Meloni su un volo di stato dei servizi segreti, venendo accolto in patria da decine di sostenitori in festa.
Gestione della vicenda che aveva spinto il Tribunale dei ministri ad indagare i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni (posizione subito stralciata) per favoreggiamento. Inchiesta bloccata sul nascere dei partiti di maggioranza, che in Parlamento avevano votato contro l’autorizzazione a procedere avanzata dal Tribunale, che aveva dunque dovuto prendere atto e archiviare.
Dopo l’arresto a Tripoli di Almasri ad opera della giustizia libica, da Palazzo Chigi è arrivata una nuova versione della storia. Ora la tesi promossa dal governo è che l’esecutivo “era a conoscenza di un mandato di cattura emesso dalla Procura Generale di Tripoli già dal 20 gennaio 2025”. “Questo dato ha costituito una delle fondamentali ragioni per le quali il governo italiano ha giustificato alla Cpi la mancata consegna di Almasri e la sua immediata espulsione proprio verso la Libia”, continuano a spiegare le fonti governative. “Tutto ciò è facilmente riscontrabile da chiunque sul sito della Corte, ed è stato ampiamente illustrato in sede di Tribunale dei ministri, di Giunta per le autorizzazioni della Camera e nell’Aula della stessa Camera: è pertanto singolare che questo elemento, obiettivo e pubblico, rappresenti una assoluta novità per tanti esponenti delle opposizioni”.
Una tesi che fa a pugni col diritto. Lo spiega bene la giurista Vitalba Azzolini, che sottolinea come il mandato di arresto della Corte penale internazionale, che il governo Meloni ha ignorato rimandando in Libia Almasri, non prevede deroghe o eccezioni e vale più di qualunque diversa istanza nazionale. L’esecutivo, in sintesi, era obbligato a consegnare Almasri direttamente alla Corte penale internazionale, in forza delle norme che vincolano l’Italia ad assolvere quanto più sollecitamente ai mandati di arresto della Cpi. Anche perché il ritorno a Tripoli di Almasri, espulso in Libia da uomo libero, non garantiva la sua consegna alla Cpi: la Libia solamente nel maggio 2025 ha aderito alla Corte, impegnandosi a cooperare con l’Aja.
C’è poi la questione delle date, di cui parla oggi Repubblica. Il 21 gennaio, scrivono i magistrati del Tribunale dei ministri nella richiesta di autorizzazione a procedere per i membri del governo Meloni, “risultava consegnata brevi manu al ministero degli Esteri una nota da parte del procuratore generale dello Stato della Libia datata 20 gennaio”, ovvero il documento con cui Tripoli informa l’Italia che esiste un procedimento in Libia a carico del generale.
C’è poi la questione delle date, di cui parla oggi Repubblica. Il 21 gennaio, scrivono i magistrati del Tribunale dei ministri nella richiesta di autorizzazione a procedere per i membri del governo Meloni, “risultava consegnata brevi manu al ministero degli Esteri una nota da parte del procuratore generale dello Stato della Libia datata 20 gennaio”, ovvero il documento con cui Tripoli informa l’Italia che esiste un procedimento in Libia a carico del generale.
Il problema sta nei tempi. “Dai documenti acquisiti presso Aise, la traduzione italiana della richiesta di estradizione era stata effettuata, a cura della stessa Ambasciata italiana a Tripoli, in orario compreso tra le ore 18:28 e le ore 20:02 del 21 gennaio 2025”, ma a quell’ora di quel giorno il volo dei servizi segreti era già pronto a partire per riportare Almasri a Tripoli. Non solo: la nota in questione è stata trasmessa al ministero della Giustizia solo il 22 gennaio, quando Almasri è già fuori dal territorio nazionale, già in Libia.
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