Anche i lavoratori autonomi sono poveri

Un giornalista libero professionista nel 2024 ha guadagnato in media 17mila euro. Gli psicologi si fermano a quasi 20mila euro, gli architetti non superano i 38mila. Che in termini reali, cioè considerando l’inflazione, equivalgono a 14mila, 17mila e 32mila euro di guadagni.

Il lavoro povero in Italia non riguarda solo i dipendenti, ma colpisce anche gli autonomi. Nonostante sia più difficile da misurare, nel variegato mondo degli “indipendenti” (come vengono categorizzati dall’Istat), c’è una zona grigia che va dai professionisti alle finte partite Iva in cui si annidano irregolarità contrattuali e redditi molto bassi.

Il decimo rapporto dell’Osservatorio sulle libere professioni di Confprofessioni lo dimostra. E nonostante la crescita dei redditi degli ultimi anni, gli aumenti non hanno compensato l’inflazione, con una perdita del potere d’acquisto che ha salvato solo pochissimi profili professionali.

Se si guarda l’andamento dei redditi nominali, cioè senza considerare l’inflazione, tra il 2010 e il 2023 si registra infatti tra i lavoratori autonomi una crescita del 18,6 per cento. Il problema però è che in termini reali, ossia su quanto valgono davvero quei redditi, il segno è negativo. Per i liberi professionisti iscritti alle Casse Adepp (Associazione degli enti previdenziali privati), la contrazione è del 5,4 per cento, segno che l’incremento dei prezzi ha eroso gran parte degli aumenti ottenuti. A conti fatti, significa che, pur percependo nel 2023 un reddito medio superiore di oltre 7mila euro rispetto al 2020, il potere d’acquisto effettivo dei liberi professionisti è diminuito di quasi tremila euro.

Con differenze di genere e generazionali notevoli. Nel 2023 gli uomini guadagnano circa 54.480 euro, 29.051 euro per le donne. Che in termini reali significa 43.460 euro per gli uomini e 23.175 euro per le donne, con una perdita del 12 per cento per queste ultime e un lieve recupero (+1,2 per cento) per gli uomini. Nel 2023, infatti, il reddito reale femminile resta ancora inferiore di circa 3.200 euro rispetto al 2010.

Se poi si differenziano i redditi per età, le cose sembrano ancora più gravi: nel 2023 un professionista under 30 guadagna in media circa 17.000 euro, contro oltre 55.000 euro della fascia 50-60 anni. Decisamente diversa la traiettoria degli over 70, unica fascia a registrare un miglioramento significativo: nel 2023 i redditi nominali risultano superiori dell’80 per cento rispetto al 2010 e quelli reali del 43,8 per cento. A conferma che tra gli ultrasettantenni ancora attivi ci sono professionisti con posizioni consolidate, capaci di mantenere elevati livelli di reddito anche nelle fasi di maggiore incertezza economica.

Guardando i redditi medi dei professionisti iscritti alle Casse di previdenza private, invece, si notano anche i divari enormi tra le diverse professioni autonome. In testa alla classifica ci sono gli attuari con redditi annui da 106.568 euro e i commercialisti con 88.366 euro, mentre al polo opposto si collocano giornalisti e psicologi, con redditi medi inferiori ai 20mila euro.

Alcune categorie, soprattutto medici e odontoiatri, avvocati, chimici e fisici, biologi e giornalisti, mostrano un peggioramento dei redditi reali rispetto al 2020, con riduzioni comprese tra -0,3 e -15,2 per cento. Di segno opposto invece ingegneri, architetti, geometri, periti industriali e geologi, che registrano un incremento dei redditi reali compreso tra +39 e +51 per cento, soprattutto grazie al boom del mercato edilizio legato anche al Superbonus.

Tra gli iscritti alla gestione separata dell’Inps, poi, le cifre scendono ancora. I redditi medi, in termini nominali, sono passati da circa 17mila euro nel 2015 a poco più di 18mila euro nel 2024. Se poi si considera pure l’inflazione, la perdita di reddito reale tra il 2019 e il 2023 è stata in media del 9,3 per cento. Vale a dire oltre 2.400 euro in meno in tasca.

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