Anna Wintour lascia Vogue America (ma non se ne va): cosa cambia davvero

Giugno 28, 2025 - 17:30
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Anna Wintour lascia Vogue America (ma non se ne va): cosa cambia davvero

È da ieri sera, quando è trapelata la notizia, che nel mondo della moda (e non solo) non si parla d’altro: “Anna Wintour lascia Vogue America”, titolano diverse testate. Ma la verità, come spesso accade, è più sfumata. Dopo 37 anni alla guida dell’edizione statunitense di Vogue, Wintour ha annunciato l’arrivo di un nuovo head of editorial content, figura incaricata di gestire l’operatività quotidiana del magazine.

Anne Hathaway assistente di Anna Wintour, la “vera” Miranda de Il Diavolo veste Prada

Non un addio, dunque, ma un cambio di assetto. Lei continuerà a detenere il controllo editoriale globale come Global Editorial Director di Vogue e Chief Content Officer di Condé Nast. Ma ecco cosa vuol dire, davvero.

Un passaggio simbolico (ma non improvviso)

Il nuovo assetto editoriale rientra in una riorganizzazione più ampia avviata da Condé Nast negli ultimi anni, che ha già coinvolto tutte le edizioni internazionali di Vogue. Anche in Italia, per esempio, il titolo di Editor-in-Chief è stato sostituito da quello di Head of Editorial Content, oggi ricoperto da Francesca Ragazzi. Con questa mossa, anche l’edizione americana – da sempre considerata la “corte centrale” del sistema Vogue – si allinea a una governance globale più snella e strutturata. In cui il controllo creativo resta in mano a Wintour, ma la quotidianità viene delegata.

Anna Wintour al Met Gala 2025, dal tema Superfine: Tailoring Black Style.

Non si tratta di un addio, ma di una ridefinizione delle priorità. Anna Wintour continuerà infatti a mantenere due incarichi chiave: quello di direttrice editoriale globale di Vogue, con supervisione su tutte le edizioni internazionali. E quello di responsabile dei contenuti del gruppo editoriale che controlla, tra le altre, Vanity Fair, GQ, Wired, Glamour, AD, Allure, Bon Appétit, Condé Nast Traveler, The World of Interiors e Tatler. L’unica testata esclusa dalla sua supervisione è The New Yorker, diretto da David Remnick.

Anna Wintour. (foto: Getty Images)

La fine dell’era Wintour: potere, estetica e rivoluzioni

Nonostante questo, si è di certo davanti alla fine di un’era. Per oltre tre decenni, Anna Wintour ha costruito un impero simbolico. Ha trasformato Vogue da bibbia di stile per pochi a macchina culturale capace di dettare tendenze globali. Ha messo le celebrity in copertina al posto delle top model, reso il Met Gala l’evento mondano più atteso dell’anno, difeso la moda come strumento politico, nonchè ispirato uno dei film più iconici degli anni 2000. E anche nei momenti più controversi, come dopo il 2020, quando ammise le mancanze della rivista sul fronte dell’inclusività, ha saputo rispondere con trasformazioni concrete. Il suo passo indietro operativo arriva dunque in un momento in cui il suo potere è, se possibile, al suo apice.

Un’eredità contesa (e forse già assegnata?)

Non è un caso isolato: già lo scorso dicembre, Vogue America aveva affidato per la prima volta un numero speciale a un guest editor,  Marc Jacobs, che aveva scelto Kaia Gerber in copertina. Un esperimento accolto con entusiasmo, che lasciava presagire l’inizio di una nuova fase, più corale e meno legata a una sola firma. Il nome del nuovo responsabile editoriale non è stato ancora annunciato ufficialmente. Ma secondo alcune indiscrezioni, tra i possibili candidati ci sarebbe Edward Enninful, ex direttore di British Vogue, noto per aver portato nella testata britannica una visione inclusiva, pop e profondamente editoriale.

vestiti fiori Anna Wintour

Anna Wintour alla New York Fashion Week. (Photo by Christian Vierig/Getty Images)

Le donne della moda sanno come uscire di scena

Quella di Anna Wintour è una (quasi) uscita di scena in grande stile. Ed è interessante notare come questo approccio stia diventando un modello tra le grandi figure femminili del settore. Donatella Versace ha recentemente affidato la guida creativa a Dario Vitale, rimanendo all’interno del brand come Ambassador. Miuccia Prada ha da tempo avviato una co-direzione con Raf Simons, lasciando intravedere un futuro senza il suo nome in prima fila, con il desiderio di dedicarsi maggiormente a Fondazione Prada, e quindi all’arte. Oggi, le donne al vertice della moda non attendono il crollo del sistema che hanno costruito per lasciarlo andare: ne programmano con cura il passaggio, proteggendone l’identità e aprendolo a nuove possibilità. Diventano così promemoria viventi di una strategia vincente: il vero potere è sapere quando (e come) farsi da parte.

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Redazione Redazione Eventi e News