Audi è pronta a mettere radici negli Stati Uniti. E non solo per espandersi. Stavolta c’entra la geopolitica. Secondo quanto appreso dal settimanale tedesco
Der Spiegel, il
marchio premium del gruppo Volkswagen starebbe valutando la costruzione di un nuovo stabilimento produttivo nel sud degli USA. Un investimento da
circa 4 miliardi di euro, che avrebbe un obiettivo chiaro: evitare i dazi minacciati da Donald Trump e proteggere uno dei mercati più importanti per il brand.L’idea di fondo è semplice. Produrre localmente per aggirare i dazi sulle importazioni estere. Ma dietro c’è molto di più.
Trump, già nel suo primo mandato, aveva tuonato contro le auto tedesche definite
troppo presenti sulle strade americane e troppo poco “riconoscenti”. Le sue accuse? Le case europee esportano troppo e
investono troppo poco sul suolo statunitense. E ora i costruttori tedeschi preferirebbero giocare d’anticipo.
Dazi alle stelle e costi in crescita

Per ora Audi non produce un solo bullone in America. I suoi modelli arrivano da
Europa e
Messico, ma se le tariffe doganali salissero al
famigerato 25% minacciato da Trump, quei costi si tradurrebbero in un boomerang per margini e listini.Secondo le stime dell’associazione tedesca dell’industria automobilistica, solo nel mese di aprile le aziende tedesche hanno pagato
oltre 500 milioni di dollari in dazi aggiuntivi sulle esportazioni verso gli USA. Un colpo pesante che ha riacceso il dibattito: produrre in America per restare competitivi... o perdere quote di mercato.
Volkswagen, casa madre di Audi, ha già un piede ben piantato sul suolo americano con
gli impianti di Chattanooga (Tennessee) e Columbia (South Carolina). Ma Audi vuole di più.
Un sito tutto suo, moderno e su misura, in grado di ospitare anche la produzione di modelli elettrici e beneficiare dei bonus fiscali previsti
dall’Inflation Reduction Act.
Scelta attesa entro fine 2025

Il CEO
Gernot Döllner ha confermato che la decisione arriverà entro la fine dell’anno. Sul tavolo ci sono tre strade. Costruire una fabbrica da zero, sfruttare un impianto Volkswagen già operativo, oppure optare per un modello “ibrido”, con produzione condivisa ma linee personalizzate. Nel frattempo,
Audi è coinvolta nei colloqui tra Berlino e Washington per tentare di ammorbidire i dazi. Ma il tempo stringe.
C'è chi l'ha già fatto
Audi non sarebbe la prima a percorrere questa strada.
BMW e Mercedes l’hanno fatto mesi fa. Per evitare ritorsioni, hanno aumentato la produzione locale, guadagnandosi così una posizione più solida e meno esposta ai venti protezionistici.
I risultati? Una linea diretta con la Casa Bianca e vendite stabili, nonostante il clima teso. Ora tocca ad Audi, che finora ha osservato da bordo campo e potrebbe presto entrare nella partita.
Una mossa politica, ma anche industriale

Al di là delle pressioni politiche, la mossa avrebbe un forte senso industriale. Il
mercato americano è centrale per Audi, soprattutto per modelli come
l’Audi Q5 e il nuovo
Q6 e-tron. Produrre localmente significa accorciare la supply chain, ridurre i costi logistici e velocizzare le consegne, un aspetto fondamentale in un’epoca dove anche una vite in ritardo può bloccare l’intera catena. Non a caso, anche
Hyundai,
Honda e
Volvo stanno investendo sempre di più nella produzione statunitense, cavalcando l’onda protezionista e sfruttando i benefici economici di un’America che, politicamente o meno, vuole le sue auto costruite in casa.[
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