Caldo assassino, i sindacati europei chiedono una legislazione per proteggere i lavoratori
Bruxelles – Sabato una donna di 51 anni è collassata nella sua abitazione dopo aver terminato il turno di lavoro come addetta alla pulizia delle strade a Barcellona. Un piccolo imprenditore edile è morto ieri in Italia. Almeno cinque persone hanno perso la vita dopo aver lavorato ad alte temperature in Spagna quest’estate e tragedie simili si sono verificate in Italia, Francia e Grecia nelle estati precedenti.
I decessi legati al caldo possono verificarsi anche dopo l’esposizione, “rafforzando la necessità di protezioni più efficaci e di una raccolta dati più accurata per evitare la sottostima dei casi“, scrivono i sindacati europei (Etuc) in una nota diffusa oggi..
42 per cento di morti in più
Secondo i dati forniti dall’Organizzazione internazionale del lavoro, dal 2000 l’Ue ha registrato un aumento del 42 per cento dei decessi sul lavoro correlati al calore, il più rapido aumento dei decessi sul lavoro correlati al calore in qualsiasi parte del mondo.
Quando le temperature superano i 30 °C, il rischio di incidenti sul lavoro aumenta del 5-7 per cento, sottolinea Etuc, e, quando superano i 38 °C, gli incidenti sono più frequenti del 10-15 per cento, secondo quanto emerge da alcune ricerche. L’esposizione al calore comporta anche rischi per la salute a lungo termine, aumentando il rischio di malattie cardiovascolari, respiratorie e altre patologie come le malattie renali croniche o l’infertilità.
Ma nonostante l’aumento del rischio, affermano i sindacati europei, “pochi Paesi dispongono di una legislazione che garantisca la sicurezza dei lavoratori durante le ondate di calore e troppo pochi raccolgono dati sui decessi o gli infortuni sul lavoro correlati al calore”.
Per questo motivo la Confederazione europea dei sindacati chiede alla Commissione europea di presentare una direttiva che preveda: Temperature massime di lavoro vincolanti, tenendo conto delle condizioni di lavoro specifiche del settore, come la natura e l’intensità del lavoro, le attività all’interno e all’esterno; l’obbligo per i datori di lavoro di collaborare con i sindacati per elaborare e attuare politiche di sicurezza sul lavoro attraverso contratti collettivi; valutazioni obbligatorie dei rischi legati al calore per i datori di lavoro, integrando indicatori avanzati che tengano conto, ad esempio, della temperatura, dell’umidità, dell’ombra/esposizione al sole e del flusso d’aria; formazione e istruzione per datori di lavoro, lavoratori e supervisori sul riconoscimento dei sintomi dello stress da calore e sull’attuazione delle misure di primo soccorso; il diritto a visite mediche mirate e regolari e al monitoraggio della salute, necessari per prevenire la sottostima dello stress da calore, delle radiazioni UV e di altre malattie legate al lavoro.
La segretaria generale della CES, Esther Lynch ammonisce che “un’altra estate porta con sé un’altra tragedia. Quanti lavoratori devono morire durante le ondate di calore prima che vengano messe in atto alcune norme di buon senso? Si tratta di una questione che riguarda tutti i paesi europei, motivo per cui la responsabilità di proporre una soluzione spetta logicamente alla Commissione europea”.
Secondo il segretario confederale della CES Giulio Romani “come qualsiasi altro rischio per la salute e la sicurezza delle persone, l’aumento delle temperature non deve essere una condanna a morte per i lavoratori se mettiamo in atto misure ragionevoli per garantire la sicurezza delle persone” Per Romani, “sulla base di una direttiva forte, i datori di lavoro dovrebbero collaborare con i sindacati per garantire che esista un piano per lavorare in sicurezza durante le ondate di calore, che si tratti di pause extra per bere, indumenti protettivi o accesso all’ombra”.
”La Commissione europea ha pubblicato delle linee guida per i datori di lavoro affinché forniscano queste misure, ma – rileva infine il sindacalista – spesso i lavoratori più a rischio sono i migranti o i lavoratori stagionali che vivono in condizioni precarie. Garantire la sicurezza delle persone deve essere una legge, non un semplice consiglio”.
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