Cattive leggi, economia fragile: quando la burocrazia frena il Paese
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In Italia, la qualità delle leggi non è solo una questione di stile o di eleganza giuridica. È un problema strutturale che incide direttamente sulla vita delle imprese, sull’efficienza dei tribunali e, in ultima analisi, sulla crescita economica. Lo dimostra uno studio recente pubblicato dal prestigioso CESIFO Institute (network di ricerca economica con sede a Monaco di Baviera), che evidenzia come la cattiva scrittura normativa abbia effetti sistemici sulla giustizia e sull’economia.
Lo studio, intitolato “The Economic Costs of Ambiguous Laws” analizza il legame tra la qualità della produzione legislativa italiana e le sue conseguenze economiche e giudiziarie. Prendendo spunto da un lavoro di Sabino Cassese del 1993, il documento evidenzia come le leggi italiane siano spesso caratterizzate da ridondanza eccessiva, sintassi incerta, lunghezza sproporzionata e contraddizioni interne
Quando la legge è confusa, il tribunale è incerto
Il paper parte da una constatazione: molte leggi italiane sono scritte in modo poco chiaro. Sono lunghe, ridondanti, ambigue. Questo genera incertezza nei tribunali, dove le sentenze di primo grado vengono spesso ribaltate. Il tasso di disaccordo tra giudici è un sintomo di una normativa che non offre riferimenti solidi, segno che la legge non è chiara nemmeno per i giudici.
Lo studio quantifica il danno: se le leggi italiane fossero scritte con la chiarezza della Costituzione, il PIL sarebbe oggi più alto del 5%. Due terzi di questa perdita si sono accumulati negli ultimi vent’anni. Gli autori utilizzano una riforma giudiziaria come esperimento naturale per dimostrare che l’ambiguità normativa scoraggia l’attività economica, soprattutto nelle aree dove i tribunali sono meno prevedibili.
Un freno invisibile all’impresa
Ma c’è di più. L’incertezza normativa scoraggia chi vuole fare impresa. Se non si sa come verrà interpretata una norma, se il rischio di contenzioso è alto, molti preferiscono non investire. Un danno enorme, soprattutto per le economie locali e per le piccole imprese.
Come lo hanno dimostrato?
Gli autori hanno incrociato dati linguistici (per misurare la qualità delle leggi), dati giudiziari (sulle sentenze ribaltate) e dati economici (sulla nascita e crescita delle imprese). Il risultato è chiaro: dove le leggi sono più complesse e i tribunali meno prevedibili, l’economia è più debole. E non si tratta solo di una correlazione: i modelli econometrici usati mostrano un vero e proprio nesso causale.
Le leggi sembrano spesso scritte per inseguire gli umori popolari o per compiacere lobby e corporazioni, piuttosto che per rispondere a criteri logici e formali.
Il messaggio dello studio è forte: serve una riforma del processo legislativo. Le leggi devono essere scritte con chiarezza, coerenza e rigore. Bisogna evitare di inseguire gli umori del momento o di accontentare lobby e corporazioni. E soprattutto, serve una valutazione seria dell’impatto che ogni norma può avere sull’economia e sulla giustizia. In breve, serve restituire alla legge la sua funzione razionale e ordinatrice.
Un messaggio per le istituzioni
Per i Comuni, per le Regioni, per il Parlamento, questi studi sono un campanello d’allarme. La cattiva legislazione non è solo un problema tecnico: è un freno allo sviluppo, alla giustizia, alla fiducia dei cittadini. E migliorare la qualità delle leggi è una riforma che non costa nulla, ma può valere miliardi.
Il documento in inglese è riportato in formato pdf qui
Roberto Onorati
https://www.robertoonorati.it/
https://www.linkedin.com/in/robertoonorati/
https://www.caldarinieassociati.it/speaker/onorati-roberto/
Leggi anche: Indice della libertà economica delle città italiane: Bolzano, Vicenza e Cuneo in testa
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