Condizione carceri italiane 2025: quando l’allarme arriva da voci agli antipodi
lentepubblica.it
Nel 2025 la condizione delle carceri italiane dimostra una crisi profonda che è giunta a un punto di rottura. Suicidi, rivolte, violenze e discriminazioni sistemiche mettono in discussione non solo la legalità costituzionale, ma la coscienza civile del Paese.
Il monito da tempo arriva anche dalle più alte cariche istituzionali. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha più volte ricordato che
Le carceri non possono essere un luogo di abbandono né una discarica sociale. La dignità della persona deve essere tutelata sempre, anche e soprattutto in condizioni di restrizione della libertà.
Parole chiare, che oggi si intrecciano con un fatto ancora più emblematico: voci politicamente opposte, come quelle di Gianni Alemanno attraverso il parlamentare di fazione opposta Michele Fina e Luigi Manconi, convergono su una stessa denuncia urgente. Figure che rappresentano mondi ideologici distanti, ma che – attraverso percorsi e posizioni inconciliabili – giungono alla medesima conclusione: le carceri italiane non sono più compatibile con uno Stato di diritto.
Una convergenza così improbabile e netta ci obbliga a prendere atto della gravità della situazione.
Suicidi nelle carceri italiane: una piaga che non si arresta
Il 21° Rapporto Antigone ha certificato per il 2024 un record tragico: 91 suicidi di detenuti, il numero più alto mai registrato in Italia. Nel solo primo trimestre del 2025 si contano già 20 casi, mentre tra gennaio e maggio il totale sale a 33 suicidi.
Dietro queste morti c’è una macchina penitenziaria inceppata, che amplifica il disagio psicologico, priva di risorse e spesso disumanizzante. In molti istituti il supporto psicologico è quasi inesistente, il sovraffollamento è la norma e le condizioni materiali sono inaccettabili.
Rivolte in aumento: la pressione esplode nei penitenziari minorili
Nelle carceri italiane, l’aumento dei suicidi è accompagnato da un’escalation di proteste e rivolte, soprattutto nei reparti minorili. Episodi recenti testimoniano un disagio che cova da tempo:
- Il 31 agosto 2024, all’IPM “Beccaria” di Milano, una rivolta è sfociata in una evasione parziale.
- A Pescara, nel febbraio 2025, dopo il suicidio di un giovane detenuto, un altro si è arrampicato sul tetto in segno di protesta, dando il via a incendi e scontri.
Questi eventi sono anomalie o l’effetto prevedibile di un sistema che evidentemente nega ascolto, diritti e speranza?
Gianni Alemanno da Rebibbia: “Il carcere è degradato e abbandonato”
Dall’interno del carcere romano di Rebibbia, Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma ed esponente storico della destra italiana, ha lanciato un appello pubblico durissimo sulle condizioni della detenzione. Una denuncia che arriva non per calcolo politico, ma da chi oggi vive in prima persona l’istituzione carceraria.
Nel suo testo, Alemanno parla di:
- Sovraffollamento cronico
- Strutture logore e inadatte
- Totale assenza di percorsi di mediazione e reinserimento
- Carente assistenza psicologica e sanitaria
L’appello ha avuto un’eco significativa anche sul piano istituzionale: è stato letto integralmente in Parlamento dall’onorevole Michele Fina del Partito Democratico. Un gesto non scontato, che ha attraversato le barriere ideologiche per mettere in primo piano la gravità oggettiva della situazione.
Quando un parlamentare del centrosinistra porta in Aula le parole di un esponente della destra per denunciare l’inciviltà del sistema penitenziario, il messaggio è chiaro: la questione delle carceri italiane non è più patrimonio di una parte politica, ma un’urgenza democratica trasversale.
Luigi Manconi: “Il carcere è pensato solo per l’uomo bianco e cisgender”
Nello stesso tempo, Luigi Manconi – giurista, senatore della sinistra, da anni voce centrale per i diritti civili – lancia oggi sulle pagine di La Repubblica una denuncia durissima: il sistema penitenziario italiano è maschilista, binario e strutturalmente discriminatorio.
Manconi – voce al megafono dell’associazione A Buon Diritto – cita il caso della donna trans detenuta a Ferrara, violentata da altri detenuti nonostante le ripetute richieste di protezione. Una vicenda che rivela la “doppia detenzione” vissuta da donne e persone LGBTQIA+: punite due volte, private della libertà e della tutela più elementare. Scrive Manconi:
“Il carcere è un luogo che infligge ulteriore pena a chi è già vulnerabile”.
Donne e trans detenute: quando le carceri italiane diventano tortura istituzionale
Le donne, incalza Manconi, rappresentano una minoranza nella popolazione carceraria italiana, ma subiscono forme di marginalizzazione aggravate:
- Meno accesso a percorsi educativi o lavorativi
- Strutture inadatte o promiscue
- Servizi medici e psicologici non calibrati sulle loro esigenze
Per le persone transgender, la situazione nelle carceri italiane è ancora più drammatica. Il caso di Ferrara è solo la punta dell’iceberg: assenza di sezioni protette, detenzione in reparti maschili, rischio sistemico di violenze. Secondo Manconi si configura un trattamento che, in accordo con gli standard internazionali, può essere qualificato come tortura istituzionale.
Carceri italiane: le leggi ci sono, ma restano sulla carta
In Italia esiste un articolato quadro normativo a tutela dei diritti dei detenuti:
- Articolo 27 della Costituzione: pena umana e rieducativa
- Ordinamento Penitenziario (L. 354/1975): disciplina del trattamento
- Legge Gozzini (1986): misure alternative, lavoro esterno
- Leggi “svuota-carceri” (2011-2012): contrasto al sovraffollamento
- Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo – Art. 3: divieto di trattamenti inumani
- Convenzione ONU contro la tortura (1984)
Tuttavia, il gap tra legge e realtà è drammatico. Il carcere italiano del 2025 non applica ciò che sulla carta è garantito. La distanza tra principio giuridico e prassi concreta è oggi inaccettabile.
Il paradosso che ci sveglia
Quando Gianni Alemanno, simbolo della destra istituzionale, Michela Fina del PD, e Luigi Manconi, icona del garantismo progressista, alzano tutti la voce per denunciare la grave crisi delle carceri italiane, non si tratta più di opinione politica. Il Presidente Mattarella per primo parla di emergenza etica.
La condizione carceraria italiana è diventata più che un urgenza una ferita profonda del Paese. Il paradosso che vede voci così distanti politicamente lanciare l’appello all’unisono ci dice che non è più questione di destra o sinistra, ma di giustizia o fallimento. Basterà questo a svegliare le istituzioni?
Leggi anche: Scontro frontale tra Cassazione e Governo sul Decreto Sicurezza
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