Contratti pubblici e scambio di lettere: la forma segue la sostanza

Dicembre 4, 2025 - 20:00
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Contratti pubblici e scambio di lettere: la forma segue la sostanza

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La stipulazione del contratto mediante scambio di lettere secondo gli usi commerciali, prevista dall’articolo 18, comma 1, del d.lgs. 36/2023, è una delle innovazioni più fraintese del nuovo Codice dei contratti pubblici: focus a cura del Dott. Luca Leccisotti.


La norma nasce con l’intento di semplificare le modalità di formalizzazione dei contratti in esito a procedure negoziate e affidamenti diretti, ma nella prassi amministrativa sta generando un proliferare di errori formali e sostanziali che compromettono la validità stessa del vincolo contrattuale. La sentenza del TAR Calabria, Catanzaro, Sez. I, 17 settembre 2025, n. 1637, fotografa con esattezza questa deriva, evidenziando come l’uso improprio del “contratto via PEC” stia producendo veri e propri casi di inesistenza giuridica del contratto, non sanabili neppure con l’esecuzione materiale della prestazione.

Il dettato normativo e la finalità semplificatoria dell’articolo 18

La disposizione codicistica in esame consente che, “in caso di procedura negoziata oppure per gli affidamenti diretti, il contratto possa essere stipulato anche mediante corrispondenza secondo l’uso commerciale, consistente in un apposito scambio di lettere, anche tramite posta elettronica certificata o sistemi elettronici di recapito certificato qualificato”. L’obiettivo è quello di allineare la forma del contratto pubblico alle prassi di diritto privato, quando la complessità dell’oggetto non richieda la forma pubblica amministrativa o l’intervento del segretario rogante. Si tratta, dunque, di una deroga funzionale al principio di formalità, che tuttavia non sopprime il requisito del consenso espresso: lo scambio di lettere, infatti, non è la negazione della forma, ma la sua modalità semplificata.

Il perfezionamento del contratto: scambio di volontà, non atti materiali

Il TAR Calabria ha chiarito che il contratto “per corrispondenza commerciale” non si perfeziona per il semplice compimento di atti materiali o per la manifestazione di una generica disponibilità alla stipula. È necessario, invece, che entrambe le parti scambino dichiarazioni unilaterali di volontà contenenti il testo contrattuale o il suo contenuto essenziale, in modo tale che ciascuna parte riceva la dichiarazione dell’altra. L’atto si forma quindi attraverso un duplice passaggio: la trasmissione della proposta contrattuale e la successiva ricezione dell’accettazione, conforme e completa, da parte del proponente. Solo in quel momento il contratto è concluso ai sensi dell’articolo 1326 del codice civile.

Il caso concreto: l’equivoco dei “fatti concludenti”

Nel caso oggetto di giudizio, la stazione appaltante aveva ritenuto di poter considerare il contratto concluso “per fatti concludenti”, sulla base di una dichiarazione dell’operatore economico che esprimeva un mero “nulla osta alla stipula” e la disponibilità all’esecuzione anticipata dei lavori. Tuttavia, non risultava alcuno scambio di lettere né l’invio, da parte della stazione appaltante, del testo contrattuale da sottoscrivere. Il TAR ha ritenuto quindi insussistente la stipulazione, precisando che la dichiarazione dell’operatore non integrava alcuna accettazione di una proposta contrattuale, ma rappresentava soltanto la manifestazione di un’intenzione interlocutoria. Né poteva parlarsi di “stipula implicita”, mancando qualsiasi atto di volontà riferibile all’amministrazione.

L’indirizzo giurisprudenziale a supporto del principio

La sentenza richiama la giurisprudenza civile (Cass., Sez. I, 20 ottobre 1979, n. 5651), secondo cui lo scambio di corrispondenza commerciale si realizza solo quando ciascuna delle parti formuli una dichiarazione unilaterale di volontà, recepita dall’altra, avente identico contenuto contrattuale. Ciò comporta che la stipulazione asincrona non è mera comunicazione, ma atto giuridico perfetto, che presuppone identità di contenuto e certezza della ricezione. Ne deriva che l’amministrazione non può considerare concluso il contratto in base a comportamenti o a mere dichiarazioni di disponibilità, pena l’inesistenza del vincolo e la nullità di tutte le attività successive, ivi compresa la consegna anticipata dei lavori.

Una deroga solo formale: il consenso resta governato dal diritto civile

La decisione ha un rilievo sistemico perché richiama l’attenzione delle stazioni appaltanti sull’esatto significato dell’articolo 18 del Codice. Tale disposizione non incide sulla fase di formazione del consenso, che resta governata dalle regole civilistiche e dai principi di evidenza pubblica; interviene, invece, esclusivamente sulla forma di stipulazione, cioè sulla fase successiva all’affidamento. In altri termini, lo “scambio di lettere secondo l’uso commerciale” è una modalità alternativa alla stipula per atto pubblico amministrativo o per scrittura privata, ma non una forma di negoziazione anticipata. L’affidamento deve essere già intervenuto, con la relativa determina e l’impegno di spesa, prima che si proceda alla stipula mediante corrispondenza.

La sequenza corretta della stipulazione per corrispondenza

La sequenza corretta, come evidenziato dal TAR, è scandita da passaggi precisi: 1) conclusione del procedimento di affidamento con determinazione motivata e copertura finanziaria; 2) redazione, da parte della stazione appaltante, del testo contrattuale in duplice copia, firmato e trasmesso all’operatore; 3) sottoscrizione da parte dell’operatore economico e restituzione di un esemplare all’amministrazione; 4) perfezionamento del contratto al momento della ricezione della copia controfirmata. Qualora la sequenza venga invertita o interrotta, non si può parlare di stipulazione valida, poiché manca l’incontro di volontà formalizzato nella forma richiesta dalla legge.

Il ruolo del RUP: necessità di supporto giuridico

La sentenza segnala anche un profilo di responsabilità organizzativa: la frequente assenza di supporto giuridico ai RUP nella fase di stipula. Spesso gli uffici tecnici, abituati a gestire la parte operativa dell’appalto, non dispongono dell’assistenza necessaria per la formalizzazione contrattuale. L’articolo 15 del d.lgs. 36/2023 prevede invece che il RUP possa avvalersi di una struttura di supporto qualificata, proprio per assicurare la corretta gestione delle fasi a più alto contenuto giuridico. L’errata convinzione che la stipulazione mediante scambio di lettere sia una procedura “automatica” è frutto di questa lacuna organizzativa.

La tutela dell’operatore economico in caso di inerzia della PA

È utile ricordare che l’articolo 18, comma 5, del Codice prevede una tutela specifica per l’operatore economico in caso di inerzia dell’amministrazione: se la stipula non avviene per fatto della stazione appaltante, l’aggiudicatario può sciogliersi dal vincolo mediante atto notificato, senza diritto ad alcun indennizzo salvo il rimborso delle spese contrattuali. Tale norma conferma che la stipulazione è un atto distinto dall’aggiudicazione e che solo con essa si costituisce il vincolo negoziale. La mancata formalizzazione, pertanto, non può essere supplita da comportamenti concludenti o da scambi informali di dichiarazioni.

Contenuti essenziali della lettera-contratto

Sul piano operativo, la corretta applicazione della stipulazione “per corrispondenza” richiede che la lettera-contratto contenga tutti gli elementi essenziali del rapporto: oggetto, prezzo, termini di esecuzione, obbligazioni reciproche, penali e riferimenti all’affidamento. L’uso della posta elettronica certificata o dei sistemi elettronici qualificati garantisce la certezza della trasmissione e della ricezione, ma non sana l’assenza di contenuto negoziale. In sostanza, la PEC è solo il veicolo, non la forma del consenso.

Conclusioni: semplificazione non significa deregolamentazione

La pronuncia calabrese riporta la materia alla sua dimensione naturale: il contratto pubblico, anche nella sua forma semplificata, resta un negozio giuridico formale, che richiede un contenuto certo e un consenso espresso. La semplificazione non equivale alla deregolamentazione; ridurre la stipula a un “nulla osta” informale o a una comunicazione unilaterale significa rinunciare alla certezza giuridica, esporsi a contenziosi e minare la tutela dell’interesse pubblico.

La corretta applicazione dell’articolo 18 come garanzia di certezza giuridica

In definitiva, l’articolo 18 del d.lgs. 36/2023 non introduce un “contratto leggero”, ma una forma contrattuale alternativa, pienamente vincolante se correttamente utilizzata. È compito delle stazioni appaltanti riscoprire la cultura della forma come garanzia di certezza e responsabilità, ricordando che la lettera commerciale non è una formula di cortesia amministrativa, ma un atto giuridico a tutti gli effetti, che segna il confine tra la fase di affidamento e la nascita del rapporto contrattuale.

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