Coperture assicurative per progettisti e verificatori interni nel nuovo Codice Appalti

Dicembre 10, 2025 - 19:00
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Coperture assicurative per progettisti e verificatori interni nel nuovo Codice Appalti

lentepubblica.it

Una disamina sulle coperture assicurative per i progettisti e i verificatori interni all’interno del nuovo Codice Appalti (d.lgs. 36/2023): la “specialità” che deroga al divieto dell’art. 3, comma 59, l. 244/2007 entro confini tipizzati.


La questione delle coperture assicurative per il personale interno che svolge funzioni tecniche di progettazione e di verifica si colloca al crocevia tra la nuova grammatica dei principi del Codice dei contratti pubblici e un divieto, quello posto dall’art. 3, comma 59, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che per anni ha rappresentato un presidio categorico contro la possibilità per gli enti di assicurare i propri dipendenti rispetto alla responsabilità amministrativo-contabile per danni arrecati all’erario.

La materia

La dialettica non è accademica: da un lato, la valorizzazione delle professionalità interne, la rarefazione delle risorse e l’urgenza di accelerare il ciclo della spesa chiedono alle amministrazioni di “fare in casa” fasi sempre più qualificate del processo contrattuale; dall’altro, l’ordinamento costituzionale pretende che ciò avvenga senza deresponsabilizzare chi esercita funzioni tecniche, evitando di trasformare l’assicurazione in uno scudo indiscriminato contro il rischio di danno pubblico.

La recente decisione di nomofilachia in sede di Sezione delle Autonomie della Corte dei conti ha scolpito un principio di diritto che compone il contrasto: le norme del Codice costituiscono disciplina speciale sopravvenuta rispetto al divieto del 2007, consentendo coperture assicurative per i progettisti e i verificatori interni limitatamente ai rischi professionali tipizzati e con esclusione del dolo, senza che ciò si estenda a ogni altra forma di responsabilità amministrativa del dipendente; questa specialità non è una licenza in bianco, ma un perimetro chiuso, ancorato all’allegato I.10, agli artt. 37 e 43 del Codice e alla logica funzionale del principio di fiducia.

Tale ricostruzione — che prende le mosse da un rinvio pregiudiziale per la risoluzione di contrasto insorto tra sezioni regionali di controllo e che culmina nell’affermazione del principio secondo cui il divieto del 2007 non si applica alla copertura dei danni derivanti dall’esercizio dell’attività professionale di progettisti e verificatori interni nello svolgimento delle funzioni dell’allegato I.10, indipendentemente dal grado di colpa e con l’esclusione del dolo — fornisce alle stazioni appaltanti un criterio operativo preciso per disegnare polizze coerenti con il Codice, evitare nullità contrattuali e, soprattutto, allineare l’assetto assicurativo alla responsabilità tecnica di risultato richiesta ai dipendenti che assumono ruoli di alta specializzazione.

Normativa

L’impianto normativo da cui muovere è stratificato. La legge di delega n. 78/2022, art. 1, comma 2, lett. p), ha introdotto una direttiva esplicita: quando l’amministrazione affida a personale interno incarichi di progettazione, devono essere stipulate polizze per la copertura dei rischi di natura professionale con oneri a carico dell’ente.

Il d.lgs. 36/2023 ha recepito tale comando su due livelli:

  • uno generale, incarnato nell’art. 2, comma 4, che — per promuovere fiducia in un’azione legittima, trasparente e corretta — impone a stazioni appaltanti ed enti concedenti di adottare azioni per la copertura assicurativa dei rischi per il personale;
  • uno settoriale, dislocato nella parte tecnica e negli allegati, dove l’art. 37, comma 3, prevede che il soggetto incaricato della verifica sia munito di adeguata polizza a norma dell’art. 43 e dove l’allegato I.7, art. 5, comma 1, lett. e), n. 10, qualifica le spese assicurative tra le somme a disposizione dell’intervento, richiamando l’art. 45 sul perimetro delle funzioni tecniche e dei relativi oneri.

La trama si completa con l’allegato I.10, che individua ruoli e attività tecniche — progettisti e verificatori in primis — per i quali la qualificazione “professionale” dell’apporto interno integra la causa concreta della copertura. Questi riferimenti non sono meri indizi: compongono un sistema che, pur senza riprodurre alla lettera la clausola dell’art. 24, comma 4, del previgente d.lgs. 50/2016, reintroduce l’obbligatorietà dell’assicurazione per le figure interne che svolgano progettazione o verifica.

Non si tratta, dunque, di una facoltà discrezionale rimessa all’ente come politica di welfare aziendale, ma di un onere organizzativo funzionale alla scelta di internalizzare attività ad alto tasso di responsabilità tecnica.

La portata innovativa dell’arresto nomofilattico

In questo quadro, la contrapposizione che aveva attraversato i pareri regionali di controllo della magistratura contabile va ricostruita per comprendere la portata innovativa dell’arresto nomofilattico. Una parte degli orientamenti regionali ha sostenuto che l’obbligo assicurativo per i dipendenti interni non potesse in alcun modo incrinare il divieto generale dell’art. 3, comma 59, l. 244/2007, ritenendo quindi ammissibile unicamente una responsabilità civile verso terzi e non già la copertura di danni che, in via diretta o riflessa, colpissero l’amministrazione committente.

Un’altra parte, in particolare un pronunciamento lombardo, ha invece letto il nuovo Codice come normativa speciale, propensa a valorizzare fiducia e risultato, e dunque idonea a consentire una copertura che si spinga sino alla colpa lieve rispetto ai rischi professionali tipizzati, per una ragione pratica di sistema: in materia di progettazione e verifica, il circuito dei danni a terzi normalmente ricade anche sull’ente in via solidale, sicché il perimetro significativo dell’interesse assicurativo pubblico si colloca all’interno del rapporto contrattuale e non soltanto nei confronti di terzi estranei.

Il principio uniforme da adottare a seguito del nuovo Codice Appalti

Il conflitto, inevitabile in una fase di primo assestamento del Codice, ha reso necessario l’intervento della Sezione delle Autonomie per fissare un principio uniforme. Quel principio, ora, afferma che la specialità del Codice deroga al divieto del 2007 ma lo fa in modo “chirurgico”:

  • la copertura è consentita per i rischi derivanti dall’attività professionale di progettazione e verifica svolta da dipendenti interni; la deroga non si estende alla generalità della responsabilità amministrativa del dipendente; resta escluso, per regola civilistica e di ordine pubblico, il fatto doloso ex art. 1900 c.c.;
  • la clausola “nei limiti della copertura assicurativa” va letta come norma di raccordo che equipara, quanto a assetto di responsabilità civile e contrattuale, il dipendente progettista o verificatore al professionista esterno incaricato, fermo restando il diverso regime di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile per condotte che non attengano al perimetro dell’attività professionale tipizzata.

Qui il testo completo della delibera.

Impatto per RUP e dirigenti tecnici

Per i RUP e per i dirigenti tecnici il punto non è teorico ma contrattuale: come si scrive una polizza coerente con il principio di diritto e con il Codice, evitando la nullità ex art. 3, comma 59, l. 244/2007 e la conseguente esposizione a responsabilità per spesa inutile? La risposta discende dalla funzione.

Oggetto della copertura

Per prima cosa occorre descrivere in modo puntuale l’oggetto della copertura: l’attività professionale di progettazione e di verifica svolta ai sensi dell’allegato I.10 da dipendenti dell’ente abilitati secondo l’ordinamento professionale e formalmente incaricati con atti interni che li individuano nominativamente, ne definiscono compiti e responsabilità, collegano l’attività al quadro economico dell’intervento e all’incentivazione ex art. 45. È questa specificità funzionale che giustifica il premio assicurativo a carico dell’amministrazione, perché il rischio assicurato non è il rischio “del dipendente in quanto dipendente”, ma quello “del professionista interno in quanto esercente attività professionale tipizzata nell’interesse dell’ente”.

Delimitazione dei rischi

Una volta centrato l’oggetto, il secondo presidio è la delimitazione dei rischi: la copertura deve abbracciare la responsabilità contrattuale verso la stazione appaltante e quella extracontrattuale verso terzi per danni immediatamente e direttamente riconducibili a errori e omissioni professionali del progettista o del verificatore, includendo il grado di colpa lieve e grave ove la prestazione non implichi soluzioni di speciale difficoltà, mentre, nelle ipotesi riconducibili all’art. 2236 c.c., la responsabilità del prestatore opera per dolo o colpa grave e la polizza dovrà riflettere la speciale intensità richiesta dall’ordinamento in ragione della complessità tecnica del caso.

Clausola di esclusione del dolo

Il terzo presidio è la clausola di esclusione del dolo, necessaria ex lege, e la chiara esclusione di ogni copertura riferita ad attività o comportamenti che non attengono alla sfera professionale tipizzata: attività amministrative generiche, funzioni gestionali quotidiane, violazioni disciplinari non connesse all’esercizio professionale, danni erariali che non derivino dalla progettazione o dalla verifica.

Maggiore responsabilità per gli enti

Da un punto di vista sistemico, la specialità ammessa dall’arresto nomofilattico non deresponsabilizza il dipendente, ma responsabilizza l’amministrazione come assicurata in proprio: l’ente acquista una copertura perché ha un interesse diretto e specifico a tutelare il proprio bilancio rispetto a danni che, in esito a errori professionali, in concreto si ripercuotono sulle proprie casse, spesso anche mediante chiamata in causa solidale con il dipendente o, più spesso, con il professionista esterno laddove la filiera progettuale sia mista.

Ciò spiega perché l’esclusione del danno da fatto doloso resti presidio invalicabile e perché la responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile residuino come argine per condotte che esulano dall’esercizio diligente dell’attività professionale assicurata. Il bilanciamento, in altri termini, non è tra “assicurare o non assicurare” il dipendente, ma tra costruire una copertura che presidia il risultato pubblico e il bilancio senza trasformare la polizza in ammortizzatore di qualsiasi scorrettezza o sciatteria amministrativa.

Sul piano operativo, l’arresto fornisce anche un criterio utile per la gestione degli incentivi e per la contabilità dell’intervento. L’inclusione del premio tra le somme a disposizione dell’intervento comporta che la polizza sia agganciata a specifici incarichi professionali interni e a specifiche opere o servizi, con indicazione del massimale parametrata al valore e alla complessità dell’intervento, alle matrici di rischio tecnico, ai livelli di progettazione interessati e alla funzione di verifica svolta.

Cosa si vuole evitare con questa disposizione?

Ciò consente di evitare, da un lato, polizze “ombrello” eccessivamente generiche che camuffano di fatto una copertura generalizzata del personale tecnico; dall’altro, impedisce di ricorrere a coperture frammentate e inefficaci, che non reggerebbero alla prova del contenzioso.

L’ente, in questa logica, è chiamato a gestire la copertura come componente del ciclo di qualità, in coerenza con l’incentivazione: dove l’apporto professionale interno cresce e produce valore pubblico misurabile, la protezione del bilancio mediante una copertura mirata è una scelta razionale e coerente col principio di risultato; dove l’apporto è marginale o di taglio meramente amministrativo, il premio assicurativo si trasformerebbe in spesa priva di causa, dunque illecita.

Rapporto con i professionisti esterni e con i verificatori terzi

Un passaggio merita il rapporto con i professionisti esterni e con i verificatori terzi ai sensi dell’art. 43. L’equiparazione funzionale della clausola “nei limiti della copertura assicurativa” vale a evitare che l’amministrazione, scegliendo di internalizzare, si ponga in una posizione di minor tutela rispetto al caso in cui affidi all’esterno; è una logica di neutralità organizzativa che preserva la libertà di make or buy sull’asse della responsabilità assicurata.

Ma tale neutralità pretende simmetrie di sostanza: come l’esterno è tenuto a livelli di diligenza professionale più elevati e a polizze commisurate al rischio, così l’interno non può pretendere un “regime di favore” sotto il profilo della responsabilità; la copertura, infatti, non sterilizza il profilo amministrativo-contabile per condotte extra professionali, non attenua l’azione disciplinare, non impedisce eventuali azioni di rivalsa per franchigie o scoperti nelle ipotesi di colpa grave nelle prestazioni di speciale difficoltà. In questo senso, il principio di fiducia del Codice non è la riduzione dell’onere probatorio della diligenza, ma la premialità organizzativa per chi assume responsabilità tecniche misurabili sull’output.

Coordinamento con pareri e indirizzi applicativi pregressi

Un’ultima riflessione riguarda il coordinamento con i pareri e gli indirizzi applicativi pregressi. Il quadro ricostruito dall’arresto nomofilattico si colloca in continuità con l’orientamento dell’ANAC che aveva già letto, in chiave confermativa, l’obbligatorietà della copertura per progettisti interni e per verificatori, e si raccorda con indicazioni ministeriali che, pur insistendo sulla tipizzazione soggettiva e oggettiva dell’obbligo, hanno ribadito l’imputazione del costo al quadro economico dell’intervento.

La novità sta nel chiarimento della latitudine oggettiva della copertura: non solo danni a terzi, ma anche danni all’amministrazione, purché “dall’interno” dell’attività professionale tipizzata; non responsabilità amministrativa in genere, ma responsabilità contrattuale ed extracontrattuale connessa al rischio professionale del progettista e del verificatore; non ogni colpa, ma le colpe rilevanti nei confini dell’art. 2236 c.c. in relazione alla difficoltà tecnica della prestazione, e sempre con esclusione del dolo. È il punto di approdo di una lettura sistematica che coniuga la tutela del bilancio con l’efficienza del ciclo tecnico, evitando sia la rigidità sterilizzante del divieto assoluto, sia il permissivismo di coperture onnivore.

Direttrici evolutive

Le osservazioni conclusive suggeriscono due direttrici evolutive.

La prima è la standardizzazione. Sarebbe opportuno che le amministrazioni si dotassero di schemi-tipo di polizza per progettisti e verificatori interni, con clausole di delimitazione dell’oggetto, esclusioni, massimali e franchigie calibrati sugli scaglioni di valore e complessità degli interventi; schemi che recepiscano espressamente il principio di diritto e che, pubblicati nella sezione trasparenza, rendano replicabile e difendibile la scelta assicurativa.

La seconda è la misurazione. Il principio di risultato chiama a collegare l’assetto assicurativo a indicatori di performance tecnica: qualità progettuale, indice di varianti in corso d’opera, contenzioso tecnico, esiti di collaudo. Dove la professionalità interna riduce errori, varianti e tempi, la copertura è investimento; dove l’apporto non si traduce in qualità misurabile, la copertura diventa un costo privo di giustificazione.

In controluce, si coglie la traiettoria del nuovo diritto dei contratti: la specialità assicurativa non è un privilegio per il dipendente, ma un tassello della governance della qualità. La sua efficacia dipenderà non dalla lettera della polizza, ma dalla serietà con cui le amministrazioni la useranno per responsabilizzare, proteggere il bilancio e, soprattutto, alzare l’asticella della progettazione e della verifica interne.

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