Dall’Appennino una rigenerazione possibile: Ussita e le aree interne contro il paradigma del declino

Dalle Marche al cuore dell’Appennino centrale, le comunità colpite dal sisma del 2016 reagiscono alla marginalità investendo su partecipazione, cultura e innovazione sociale. A Ussita il confronto promosso da ActionAid rilancia una nuova visione delle aree interne
Nel cuore del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, il paese simbolo del sisma del 2016, Ussita, torna a farsi crocevia di partecipazione civica, sperimentazione sociale e rigenerazione culturale.
A promuovere l’iniziativa INgenerAree – Connessioni, opportunità e proposte per le Aree Interne è stata ActionAid, insieme a una rete di realtà attive nei territori del cratere appenninico centrale.
Un incontro che ha messo a sistema pratiche e prospettive per un rilancio delle aree interne a partire dal protagonismo delle comunità locali.
L’eredità del sisma e la retorica del declino
A quasi un decennio dagli eventi sismici che nel 2016 e 2017 devastarono vaste porzioni dell’Italia centrale, la ricostruzione procede con lentezza esasperante. A pesare, oltre ai danni materiali, è un impianto narrativo che tende a cristallizzare queste aree in una dimensione di marginalità irreversibile.
È quanto si evince, anche in termini semantici, dal Piano Strategico Nazionale per le Aree Interne, documento che – pur rappresentando uno strumento di pianificazione teoricamente utile – restituisce un’immagine di sconfitta: declino cronicizzato, spopolamento irreversibile, accompagnamento dignitoso sono espressioni che, nella loro apparente neutralità tecnica, suonano come una resa anticipata.
Tale lessico, privo di una visione trasformativa, rischia di archiviare ogni progetto di rilancio prima ancora di essere avviato. Per contro, sono proprio i territori del cratere sismico a dimostrare, con tenacia, che esiste una traiettoria alternativa: quella della rigenerazione fondata su relazioni, cultura e innovazione sociale.
In un contesto segnato da fragilità infrastrutturali, rarefazione dei servizi e diseguaglianze territoriali, la risposta più efficace non è stata calata dall’alto, bensì emersa dal basso.
È nelle comunità che hanno scelto di restare che si ritrovano le energie più feconde: cooperative di comunità, esperienze mutualistiche, pratiche di amministrazione condivisa e progettazione partecipata. In queste forme di attivazione civica si riconosce una contro-narrazione possibile.
Ussita rappresenta uno di questi epicentri. Qui ha sede C.A.S.A. – Cosa Accade Se Abitiamo, associazione nata nel post-sisma e divenuta presidio culturale stabile.
Si tratta di un luogo fisico e simbolico, capace di connettere artisti, operatori sociali e cittadini in un laboratorio permanente di rigenerazione territoriale. Residenze artistiche, progettualità culturali e iniziative sociali si intrecciano in un processo continuo di ricostruzione immateriale, ma non per questo meno essenziale.
Accanto a C.A.S.A., il Cammino nelle Terre Mutate rappresenta un altro esempio di risposta attiva: un percorso di turismo lento che attraversa i territori colpiti dal sisma, generando nuova economia e narrazione territoriale. Non si tratta solo di valorizzazione paesaggistica, ma di ricomposizione di una trama sociale disgregata, attraverso il racconto e la relazione.
INgenerAREE è stata una giornata di confronto operativosui temi della co-progettazione, dell’amministrazione condivisa e dell’innovazione sociale come leve per contrastare la marginalità e attivare dinamiche di sviluppo endogeno.
Non si tratta di inventare soluzioni astratte, ma di riconoscere quelle già in essere. Azioni spesso non visibili nel radar delle politiche pubbliche, ma decisive per la resilienza dei territori e per costruire politiche di rilancio fondate su infrastrutture sociali, accesso ai diritti, opportunità per i giovani e nuovi modelli di economia territoriale.
Il caso di Ussita e delle Terre Mutate offre una lezione che la programmazione nazionale non può più ignorare. Le aree interne non sono condannate al declino. Sono piuttosto luoghi in cui è ancora possibile sperimentare forme avanzate di cittadinanza, alleanze fra istituzioni e società civile, modelli di sviluppo sostenibile e non estrattivo.
Ma perché ciò avvenga, è necessario abbandonare ogni visione compassionevole e intervenire con investimenti mirati, politiche coraggiose e fiducia nel capitale sociale esistente.
Se rigenerare significa letteralmente produrre di nuovo, allora è da questi territori che occorre ripartire. Non come periferie da accompagnare alla fine, ma come avanguardie di una nuova centralità territoriale.
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