Doppio lavoro pubblico e falsa dichiarazione: Cassazione conferma licenziamento

Ottobre 15, 2025 - 05:00
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Doppio lavoro pubblico e falsa dichiarazione: Cassazione conferma licenziamento

lentepubblica.it

Una recente sentenza della Corte di Cassazione è tornata sul tema, nell’ambito del pubblico impiego, del doppio lavoro e delle dichiarazioni false rese al momento dell’assunzione.


Con la sentenza n. 26049 del 24 settembre 2025, i giudici di legittimità hanno confermato il licenziamento per giusta causa di una docente universitaria che in sede di assunzione, pur insegnando contemporaneamente anche in una scuola statale, aveva negato di avere altri rapporti di impiego. La Corte ha stabilito che la falsità della dichiarazione è di per sé sufficiente a giustificare la risoluzione del rapporto, anche se non è provata l’incompatibilità formale tra gli incarichi.

Il caso

La vicenda oggetto della pronuncia riguarda una collaboratrice esperta linguistica, la quale aveva lavorato per diversi anni all’università con contratti a termine, svolgendo nel frattempo supplenze nella scuola pubblica. Quando nel 2018 l’ateneo aveva avviato la procedura di stabilizzazione prevista dal decreto legislativo n. 75 del 2017, la cosiddetta riforma Madia, la docente aveva colto l’occasione per ottenere un contratto a tempo indeterminato. Al momento della firma, tuttavia, aveva presentato un’autocertificazione nella quale dichiarava di non intrattenere alcun altro rapporto di lavoro, pubblico o privato.Ad aggravare la situazione, è la condotta successiva della lavoratrice, la quale, più volte negli anni successivi, ha ribadito quanto dichiarato in sede di assunzione, anche all’interno dei moduli previsti dal D.P.R. 445/2000, dove avrebbe invece potuto segnalare la titolarità di altri impieghi. Si è trattata, dunque, secondo i giudici, di una scelta consapevole, non qualificabile come semplice errore o svista burocratica.

La Corte d’appello di Bari aveva riconosciuto la gravità della condotta, sottolineando che grazie a quella falsa dichiarazione la docente aveva potuto accedere a una procedura di stabilizzazione riservata esclusivamente ai lavoratori precari privi di altri impieghi pubblici. In altre parole, la menzogna aveva inciso direttamente sui presupposti giuridici del contratto, falsandone la legittimità. Da qui la decisione dell’università di procedere al licenziamento per giusta causa.

Doppio lavoro pubblico e falsa dichiarazione: Cassazione conferma licenziamento

La Cassazione ha, tuttavia, confermato la decisione dei giudici territoriali, statuendo che “Il licenziamento per giusta causa di un lavoratore pubblico può essere confermato qualora sia accertata la falsità dichiarativa all’atto dell’instaurazione del rapporto di lavoro. L’infedeltà della dichiarazione in merito alla non sussistenza di altri rapporti di impiego pubblico o privato è di per sé sufficiente a giustificare la sanzione espulsiva.”

Nel ricorso, la difesa della docente aveva sostenuto che il procedimento disciplinare avrebbe dovuto essere sospeso in attesa di una eventuale condanna penale definitiva per falso ideologico. La Suprema Corte ha però dichiarato che il procedimento disciplinare è autonomo rispetto a quello penale e il datore di lavoro, pubblico o privato, può legittimamente valutare la gravità della condotta e adottare le proprie decisioni senza dover attendere l’esito del processo. L’art. 2106 c.c. consente infatti di comminare sanzioni proporzionate alla violazione del dovere di correttezza e buona fede che ogni dipendente è tenuto a rispettare.

La falsità preclude la disamina sull’esistenza o meno dell’incompatibilità

Un ulteriore passaggio della sentenza chiarisce poi che, una volta accertata la falsità dichiarativa, diventa irrilevante ogni ulteriore disamina circa l’esistenza o meno di un’incompatibilità tra i due impieghi. Secondo gli Ermellini, il fulcro della vicenda consiste nella perdita di fiducia che tale condotta ha determinato. Il fatto che la docente abbia mentito, consapevolmente, in ordine alla sussistenza di un requisito fondamentale per l’assunzione (ossia, l’essere priva di altri impieghi) ha compromesso irrimediabilmente il rapporto fiduciario con l’amministrazione, elemento imprescindibile di qualsiasi rapporto di pubblico impiego.

In questo senso, la Cassazione considera la reiterazione delle dichiarazioni false come un elemento assorbente, idoneo di per sé a giustificare il licenziamento, rendendo di fatto superflue ulteriori valutazioni.

Infine, la Corte di Cassazione ha respinto la richiesta della docente di ottenere le retribuzioni maturate nel periodo antecedente al licenziamento, rilevando l’assenza di prove concrete sull’attività effettivamente svolta secondo le modalità previste dal contratto universitario.

La sentenza rappresenta dunque un monito per chi lavora o aspira a lavorare nella pubblica amministrazione. Le autocertificazioni e le dichiarazioni sostitutive non costituiscono semplici formalità, ma hanno un valore giuridico. Presentare dichiarazioni false può comportare la perdita del posto di lavoro.

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