Frustrazione: l’insostenibilità dell’inerzia e la difesa della nostra umanità
Immaginiamo che, non lontano da casa nostra, bambini, donne e uomini soffrano ogni tipo di privazione a causa dell’azione brutale di un governo, di un esercito, di gruppi di cittadini armati. Un’azione tanto disumana da essere definita da molti “genocidio”. E immaginiamo anche che nessuna autorità – né governi, né istituzioni internazionali – faccia qualcosa di serio ed efficace per fermare la barbarie, nonostante l’evidenza e l’attenzione del mondo. Immaginiamo che nello stesso mare in cui facciamo il bagno quando siamo in vacanza, ogni anno persone muoiano annegate nel tentativo disperato di raggiungere una terra dove sentirsi al sicuro, avere una casa, un lavoro, delle aspirazioni. E immaginiamo che le autorità del Paese si disinteressino di loro, ostacolino i soccorsi, rendano difficile l’accoglienza e l’inclusione, fino a farne dei “nemici pubblici”.
VITA magazine di novembre è dedicato al volontariato e a ciò che spinge 4,7 milioni di italiani a spendersi per gli altri. Che cosa muove oggi il nostro impegno? Quali sono i nuovi motori del volontariato? Accanto al racconto, abbiamo sfidato dieci firme in un’ambiziosa riscrittura del bellissimo e sempre attuale “Noi ci impegniamo” di don Primo Mazzolari. Dieci parole da cui ripartire, nella Giornata internazionale del Volontariato. La scrittrice Silvia Avallone ha scelto la parola poesia. Se hai un abbonamento leggi subito Volontario, perché lo fai? e grazie per il tuo sostegno. Se vuoi abbonarti puoi farlo a questo link.
E ancora immaginiamo di essere nel mezzo di una catastrofe ambientale da cui dipende il destino dell’umanità, con prove scientifiche solide e manifestazioni sempre più evidenti. Eppure, nonostante l’urgenza, immaginiamo che le risposte delle istituzioni restino lente, incerte, indolenti, che le cause dell’emergenza rimangano intatte e che l’opinione pubblica venga continuamente distratta dall’enormità di ciò che accade.
Impotenza è la cifra del nostro tempo, ma in Italia ci sono 4,7 milioni di persone che si spendono per gli altri.
Qual è il senso di questo impegno? Le risposte all’interno del magazine ‘‘Volontario, perché lo fai?”

Davanti a situazioni come queste, chiunque sia “presente a se stesso” e abbia un minimo di umanità prova due sentimenti profondi: rabbia e impotenza. Rabbia, perché la sofferenza inflitta da persone ad altre persone e la distruzione sistematica dell’ambiente sono umanamente insostenibili, prima che moralmente inaccettabili. Impotenza, perché la stragrande maggioranza di noi è così piccolo di fronte a eventi così grandi che ogni gesto sembra scontrarsi contro la barriera dell’impossibile. La combinazione di sentimenti di rabbia e impotenza genera spesso frustrazione. Pur in circostanze diverse, è la stessa sensazione di chi sperimenta nella vita quotidiana fatiche, disagi e sofferenze derivanti dalla scarsità o inefficacia di servizi pubblici a cui pure avrebbe diritto. Di chi chiede risposte istituzionali a bisogni pressanti e insoddisfatti e riceve risposte lente, insufficienti o infastidite, a fronte invece di ricchezze e profitti privati sempre più consistenti. Di chi non chiede più, per sfiducia.
La frustrazione è oggi pervasiva e generalizzata. Pur collocandosi specificamente alla sfera psichica, familiare e comunitaria degli individui, la frustrazione dipende anche da una condizione strutturale delle nostre società: la divaricazione che si è creata tra aspirazioni individuali e capacità di realizzarle. Quando oggi avverto di essere poco capace di vivere “una vita degna di essere vissuta” questo può dipendere non solo da me, ma anche dal contesto. Le caratteristiche culturali, economiche e istituzionali del luogo dove vivo possono infatti essere sfidanti, ardue, avverse. Le caratteristiche del contesto possono rendere quasi impossibile a una parte significativa delle persone che vivono nelle nostre società la realizzazione delle personali aspirazioni. Talvolta possono addirittura rendere difficile anche la conservazione della capacità di aspirare a qualcosa.
Non è semplice reagire alla frustrazione, ma lo facciamo spesso. Nello spettro che va dalla cura all’odio di sé e degli altri possiamo catalogare molte reazioni. Alcune sono intime e individuali, altre familiari, altre ancora più collettive. Vi sono, sia a livello individuale che familiare e collettivo, reazioni disumane e distruttive alla frustrazione. Il volontariato è invece stato da sempre una delle più preziose strategie collettive per reagire alla frustrazione attraverso la cura.
Vi sono, sia a livello individuale che familiare e collettivo, reazioni disumane e distruttive alla frustrazione. Il volontariato è invece stato da sempre una delle più preziose strategie collettive per reagire alla frustrazione attraverso la cura Riccardo Guidi, sociologo
Spesso chi fa volontariato non è mosso soltanto da altruismo, ma anche dal bisogno di reagire alla frustrazione derivante da rabbia e impotenza, di riaffermare i legami fondamentali che ci tengono insieme nonostante le differenze, di sentirsi parte di qualcosa di più grande. Le persone a bordo della Global Sumud Flotilla e gli “equipaggi di terra” che le sostengono agiscono per la popolazione di Gaza, ma anche per reagire all’insostenibilità dell’inerzia. Chi salva migranti nel Mediterraneo, chi accoglie, chi si batte per comunità e politiche inclusive, contro le povertà, o per contrastare il cambiamento climatico non lo fa solo per gli altri: lo fa anche per sé, per non rinunciare alla propria umanità. In queste esperienze, le motivazioni “altruistiche” e “personali” sono inseparabili. Chi aiuta gli altri, spesso, si aiuta a non cedere al peso della frustrazione.
Spetta alle istituzioni – non ai volontari – risolvere i problemi collettivi: l’azione dei volontari su tali problemi ne incrina però l’apparente inscalfibile inevitabilità. Con la loro azione i volontari rendono evidente che “si può fare”
Spetta alle istituzioni – non ai volontari – risolvere i problemi collettivi: l’azione dei volontari su tali problemi ne incrina però l’apparente inscalfibile inevitabilità. Con la loro azione i volontari rendono evidente che “si può fare”. Affermano – e sarebbe bene che lo facessero esplicitamente e con determinazione – che anche dentro sistemi complessi e in congiunture ostili, esistono spazi per agire. Così facendo non solo aiutano gli altri e reagiscono alla frustrazione, ma rendono alla collettività uno dei servizi più importanti: la riaffermazione dell’appartenenza a una stessa comunità e la chiamata all’attivazione delle istituzioni.
Riccardo Guidi, nella fotografia in apertura, è sociologo e professore associato del Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Firenze
L'articolo Frustrazione: l’insostenibilità dell’inerzia e la difesa della nostra umanità proviene da Vita.it.
Qual è la tua reazione?
Mi piace
0
Antipatico
0
Lo amo
0
Comico
0
Furioso
0
Triste
0
Wow
0




