Risonanza, l’arte di fare spazio ai sussurri dell’indistinto

Dicembre 5, 2025 - 10:00
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Risonanza, l’arte di fare spazio ai sussurri dell’indistinto

Quanta vita, quante vite nelle nostre città e nelle nostre convivenze non sono altro che un rumore di fondo. Simone Weil lo chiamava «il brusio indistinto» delle storie e delle condizioni di uomini e donne che nessuna attenzione coglie. Eppure le nostre città sono luoghi presidiati da servizi e ricchi di iniziative sociali di volontariato. Tutto questo “fare”, tuttavia non è sufficiente a impedire lo scivolamento ai bordi della vita comune, e lo sprofondare nell’indistinto, di non pochi corpi, che non sentono né tenerezza né promessa. Ci vuole un’attenzione di qualità piuttosto rara per sentire i sussurri nell’indistinto, per cogliere quegli «occhi pieni di ragnatele» (così li descriveva Eugenio Borgna, grande psichiatra umanista) che non sperano più. La loro possibilità può essere serbata e coltivata solo negli occhi di altri. Anzi, in un gioco di sguardi: osati e permessi, dentro incontri e luoghi di vita.

VITA magazine di novembre è dedicato al volontariato e a ciò che spinge 4,7 milioni di italiani a spendersi per gli altri. Che cosa muove oggi il nostro impegno? Quali sono i nuovi motori del volontariato? Accanto al racconto, abbiamo sfidato dieci firme in un’ambiziosa riscrittura del bellissimo e sempre attuale “Noi ci impegniamo” di don Primo Mazzolari. Dieci parole da cui ripartire, nella Giornata internazionale del Volontariato. Il pedagogista Ivo Lizzola ha scelto la parola risonanzaSe hai un abbonamento leggi subito Volontario, perché lo fai?  e grazie per il tuo sostegno. Se vuoi abbonarti puoi farlo a questo link.

Impotenza è la cifra del nostro tempo, ma in Italia ci sono 4,7 milioni di persone che si spendono per gli altri.
Qual è il senso di questo impegno? Le risposte all’interno del magazine ‘‘Volontario, perché lo fai?

Coltivare spazi ed esperienze di risonanza, facendone manutenzione e assicurando momenti di riflessione, significa accompagnare le persone a esporsi e a fidarsi, a lasciarsi toccare e a muoversi in risposta, in “corrispondenza”. Un’esperienza di risonanza si ha quando ci si sente toccati nell’incontro con l’altro e con il mondo. Ci si lascia toccare e ci si sente chiamati: chiamati anche a cambiare. Non è solo sentirsi toccati emotivamente: ma sentire attraversati e mossi i nostri modi di pensare, le logiche delle nostre scelte, le forme delle nostre appartenenze, e le rappresentazioni, le memorie, le aspettative. Risonanza è molto più di empatia: è qualcosa che tocca la nostra storia personale ma anche la dimensione sociale, la cultura e l’etica.

Impegnarsi per arricchire le convivenze di risonanza significa lottare contro i meccanismi dell’indifferenza  e delle separazioni, delle purificazioni e delle deleghe funzionali. È una “provocazione” culturale, etica e politica: indica praticamente l’interconnessione tra le biografie e i contesti. Lavorare su spazi di risonanza chiede un agire volontario che impegna in modo delicato ed esigente anche chi porta fragilità e povertà forti, perché anche dentro vulnerabilità forti ci si può sentire toccati dalle domande e dall’attesa di cura e riconoscimento da parte delle persone e del mondo che vive attorno. E allora parti di sé – attivate e riconosciute dalla bellezza o dalla sofferenza incontrate, colte da uno sguardo amoroso – possono un poco attivarsi, risvegliarsi e corrispondere.

In spazi di risonanza ci si attende e ci si sollecita reciprocamente, ci si confronta, si possono aprire anche perturbazioni e conflitti generativi Ivo Lizzola, pedagogista

Il “volontariato della risonanza” mentre segna presenze, tutele ed esperienze, è soprattutto attento alla qualità delle relazioni, delle forme nuove, dei ripensamenti e delle rideclinazioni di tempi, di risorse, di “poteri”. Certo, occorre non coltivare la propria centralità, abbandonare una logica di utilità, di “risoluzione”, dei problemi, di dare un supporto necessario. Smettere di cercare il riconoscimento e la gratitudine di chi dall’aiuto dipende. Un’esperienza o una organizzazione di volontariato che si trovi solo a ripetere funzioni, a svolgere un ruolo consolidato, nella quale le scelte si fanno solo nei luoghi di parola dei suoi associati forse non è grande spazio di risonanza. Risonanza è una realtà che cambia tutti i soggetti in gioco: tutti toccati e tutti invitati a “trasformare” i pensieri e il sentire, l’agire e l’orizzonte delle possibilità che si aprono. In spazi di risonanza ci si attende e ci si sollecita reciprocamente, ci si confronta, si possono aprire anche perturbazioni e conflitti generativi. 

Un volontariato centrato su un’identità chiusa e non narrativa oggi è senza dubbio in difficoltà ma può anche sentirsi nell’occasione di mettersi in cammino. Coltivare il tessuto fine della democrazia, rianimare la convivenza nei luoghi, attorno alle questioni che ci verificano e ci richiamano ai fondamenti e all’origine, è il senso profondo della presenza di volontà che si organizzano. Volontà capaci di desborde, di “oltrepassamento” per dirla con Francesco, papa dalla fine del mondo. Volontà che nel loro fare coltivano l’avvenire.

Il volontariato ha un fare per fare il bene, un fare per fare progetti e un fare per fare avvenire Ivo Lizzola, pedagogista

Nel volontariato c’è un fare per fare bene il bene e c’è un fare per per realizzare progetti, per obbiettivi. E c’è infine un fare più delicato: fare per fare avvenire. È l’operare per permettere riconoscimenti, parole e ripensamenti, processi di cambiamento e di immaginazione, reciprocità e diverso gioco dei soggetti. Allestire contesti, luoghi, esperienze in cui sia possibile interpretare pratiche di vita, cure e attese, per poi immetterle in cammini concreti su cui le persone possano inoltrarsi insieme, facendo conto su nuove fedeltà e attenzioni reciproche, chiede di promuovere narrazioni ospitali, avventure comuni e aperte, partecipate: questi sono gli spazi di risonanza! È come ritrovarci e far ritrovare dinanzi all’attesa di bene che donne e uomini portano, scuotendo le relazioni (le istituzioni, le organizzazioni, le culture e gli stili di vita) perché si mettano in ascolto ospitale di quella attesa di bene e giustizia. 

Le dieci firme che su VITA scrivono dei nuovi “motori” del volontariato

Nella risonanza, la vita che cerca vita, muovendo dalla prostrazione e dalla prova oppure dal bisogno di senso («il bisogno di credere» di cui scrive Julia Kristeva), trova sorgenti di orientamento e di energia. Risonanza è l’alternativa all’appoggiare la vita, la libertà, la sicurezza e i progetti personali e sociali sul possesso, sulla disponibilità, sul controllo e sull’autosufficienza. Il volontariato che pratica un “anticipo di mondo” con un altro abitare e un diverso produrre,  con un consumare e un custodire nuovi, con un legare impegnativo ma libero, con un uso attento delle risorse, realizza “cambiamenti del verso del tempo”, personali e sociali. Sviluppando un agire in ascolto, aperto a parole e sguardi di ritorno, non si incontrano solo conferme e consensi: si trovano anche resistenze e sordità.

«La vita umana è sia ricerca di risonanza sia impegno per evitare un’alienazione duratura», ci avverte Hartmut Rosa nel suo Risonanza e vita buona (2023). Sul bordo dell’esaurimento di pratiche e consumi di mondo si prova solitudine e desiderio di incontro, di confidenza, di racconto, di gratuità, di dedizione e di ospitalità. Resiste il sussulto della speranza. Nei movimenti di risonanza le promesse scambiate dalle donne e dagli uomini tornano a farsi energia sociale. Promesse che prendono respiro e si fanno azione che attraversa il tempo. Il futuro attende, se abbiamo il coraggio di promettere, di prometterti.

Ivo Lizzola (nella fotografia in apertura) è pedagogista, già ordinario di Pedagogia sociale all’Università di Bergamo

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