L’Arcivescovo: «In questo tempo non è consentita la rassegnazione»

Settembre 1, 2025 - 00:00
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L’Arcivescovo: «In questo tempo non è consentita la rassegnazione»
L'Arcivescovo Mario Delpini alla celebrazione eucaristicaL'Arcivescovo Mario Delpini alla celebrazione eucaristica

«Nella città bombardata, il beato cardinale Schuster, ha dato la testimonianza della sua irremovibile speranza. Nelle sfide della società inquieta, talvolta violenta, arrabbiata e impaurita, nella desolazione degli abbandoni e dell’indifferenza, i Vescovi degli ultimi decenni, non hanno avuto altra parola di quella del Vangelo: convertitevi, il regno dei cieli è vicino. Le figure eminenti del cardinale Schuster, dei suoi predecessori e successori, persone determinanti per la storia della nostra Chiesa, attraversando i tempi, ci incoraggiano». Proprio perché «in questo tempo di guerre, nell’imminenza del disastro, non ci è consentita la rassegnazione, non ci è permessa la disperazione». 

La celebrazione 

La celebrazione eucaristica officiata dall’Arcivescovo Delpini

È all’Arcivescovo definito “defensor civitatis”, per non aver mai abbandonato Milano, la Diocesi e la gente durante la seconda guerra mondiale e gli anni neri in tutti i sensi, che rivolge il suo pensiero il vescovo di oggi, Mario Delpini, presiedendo la celebrazione che, come ormai tradizione, ricorda appunto il cardinale Alfredo Ildefonso Schuster nel giorno in cui se ne celebra la festa liturgica. Con lui – alla guida della Diocesi di Milano dal 1929 al giorno della morte, avvenuta la mattina del 30 agosto 1954, beato dal 1996 -, si fa memoria grata anche dei successori sepolti in Duomo. I cardinali Giovanni Colombo, arcivescovo dal 1963 al 1979, Carlo Maria Martini dal 1980 al 2002 (il 31 agosto ricorre il 13esimo anniversario della scomparsa) e Dionigi Tettamanzi, dal 2002 al 2011, tornato alla casa del Padre il 5 agosto di 8 anni fa. 

Tanti i fedeli riuniti in Duomo per la Messa a cui partecipano anche i parenti dei Presuli che vengono commemorati e le autorità militari e civili. In prima fila, con la fascia tricolore in rappresentanza del sindaco di Milano, siede l’assessore all’edilizia residenziale pubblica, Fabio Bottero. 

Più di 50 i concelebranti, tra cui 6 vescovi ambrosiani – cui si aggiunge monsignor Mounir Khairallah, vescovo maronita di Batroun in Libano -, i vicari episcopali, i canonici del Capitolo metropolitano, il presidente della Fondazione Carlo Maria Martini, padre Carlo Casalone e l’arciprete della Cattedrale, monsignor Gianantonio Borgonovo, che rivolge il saluto iniziale. «Per tutti costoro – dice – salga il nostro suffragio e valga l’esortazione biblica della tradizione sapienziale giudaica e cristiana: “La loro memoria sia di benedizione”». Dal libro del profeta Isaia prende avvio l’omelia dell’Arcivescovo. 

L’annuncio del disastro 

Mons. Mario Delpini

«Il profeta annuncia l’imminenza del disastro, ma l’imminenza del disastro non è più solo una profezia di Isaia. È lo spettacolo quotidiano di questa umanità composta da figli bugiardi, che non vogliono ascoltare la legge del Signore. Di fronte alla parola che annuncia la gravità della catastrofe come si comportano i protagonisti della storia, i potenti dei popoli, come ci comportiamo noi?», chiede il vescovo Mario. 

«Ci sono di quelli che sono infastiditi da ogni parola di buon senso, che non sopportano chi parla in nome di Dio. Essi dicono ai veggenti: “non abbiate visioni” e ai profeti: “non fateci profezie sincere”. I Papi, i Patriarchi di Terra Santa, denunciano, ma anche a loro viene detto così. I prepotenti si ostinano nella loro prepotenza e si convincono di essere sicuri solo se riescono ad annientare i nemici e rovinare il pianeta».

Ci sono, poi, gli indifferenti «che hanno altro da pensare e che si voltano dall’altra parte», e quelli «che sono tormentati dalla loro impotenza. Vedono la catastrofe e si struggono di non potere fare niente per evitarla, per rimediare. Protestano e le loro proteste non servono a niente. Pregano e le loro preghiere non ottengono niente. Esprimono solidarietà, offrono aiuti alle vittime e tutto quello che riescono a fare assomiglia a togliere la polvere dalle macerie».

Il popolo della speranza 

Di fronte all’ovvio riferimento all’oggi, rimane la domanda sul che fare, alla quale l’Arcivescovo risponde: «È adesso che bisogna cambiare vita, è adesso che siamo chiamati a riconoscere l’opera di Dio che, in questa storia drammatica, alimenta una speranza invincibile». Il richiamo è a papa Francesco «che ha intitolato proprio al tema della speranza questo Anno santo», e alla bolla di indizione del Giubileo “Spes non confundit”, con quella “speranza che non delude”, tratta da un’espressione dell’epistola paolina ai Romani, proclamata come seconda lettura. 


«La speranza non delude è la parola profetica in cui trovano incoraggiamento coloro che sono mortificati dalla loro impotenza, coloro che, per stare tranquilli, si corazzano di indifferenza. Siamo il popolo della speranza, perciò dell’opera di Dio, della preghiera, della profezia, impotente eppure incontrovertibile, perché il Signore è fedele alle sue promesse».

Infine al termine della celebrazione, la breve processione dell’Arcivescovo e dei concelebranti verso le sepolture di Martini, Colombo e Tettamanzi, dove si sosta in preghiera, prima della benedizione impartita presso la tomba del beato Schuster.

Il servizio integrale

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia