Legge 104, se l’abuso non è totale il licenziamento non regge: la lezione (severa) del Tribunale di Bologna

Lug 13, 2025 - 14:00
 0
Legge 104, se l’abuso non è totale il licenziamento non regge: la lezione (severa) del Tribunale di Bologna

lentepubblica.it

Correttezza e fiducia nel mondo del lavoro costituiscono un presupposto imprescindibile nei rapporti tra datore di lavoro e dipendenti. In tale contesto, il tema dei permessi ex Legge 104 continua a sollevare questioni complesse.


A fare chiarezza, questa volta, è intervenuto il Tribunale di Bologna, con una sentenza destinata a far discutere (n. 731/2025), che ha annullato il licenziamento di un lavoratore accusato di un utilizzo parzialmente illegittimo di cinque giorni di permesso concessi per l’assistenza a un familiare disabile. In particolare, l’azienda aveva incaricato un’agenzia investigativa di seguirlo nei giorni di assenza giustificata ai sensi della Legge 104, al fine di dimostrare che i permessi erano stati utilizzati per fini personali.

Quando le indagini non sono sufficienti

L’indagine si è rivelata fragile sotto il profilo probatorio. In Tribunale, la documentazione raccolta non ha retto ad un’analisi dettagliata: solo in due giornate, infatti è stato possibile provare in modo inequivocabile il mancato svolgimento dell’attività di assistenza.

Per le altre tre giornate contestate, invece, le evidenze erano o insufficienti o del tutto inconcludenti. In un caso gli investigatori hanno persino ammesso di aver perso di vista il lavoratore nel traffico, mentre in un altro la convivenza con la madre disabile ha reso superflua ogni valutazione sulla presenza fisica. In un’altra giornata, il lavoratore ha dimostrato di aver trascorso diverso tempo presso un centro di assistenza fiscale (CAF) per gestire pratiche burocratiche in favore della madre. Un’attività che il giudice ha ritenuto perfettamente compatibile con lo spirito della normativa.

Il concetto di “assistenza” si amplia

Ed è proprio questo uno degli aspetti più rilevanti e innovativi della decisione: la definizione di assistenza non si limita alla cura diretta o alla presenza fisica accanto al familiare disabile. Il Tribunale ha riconosciuto piena legittimità all’assistenza “indiretta”, cioè a tutte quelle attività che, pur non avvenendo accanto al familiare, sono svolte per suo conto e nel suo interesse. Dalla gestione di documenti e pratiche sanitarie al disbrigo di commissioni quotidiane come pagare bollette, fare la spesa o prenotare visite mediche.

La decisione è in linea con le finalità della normativa di cui alla Legge 104. Spesso, infatti, l’impegno del caregiver non si esaurisce nella mera presenza domestica, ma implica lo svolgimento di ulteriori e molteplici attività, come ad esempio telefonate, code agli sportelli, gestione economica e relazioni con i servizi sociosanitari.

Il ruolo del contesto

I giudici, inoltre, hanno rilevato che, anche nelle due giornate in cui il comportamento scorretto è stato effettivamente dimostrato, bisognava tenere conto di un aspetto decisivo, ovvero il contesto. Quei permessi erano stati goduti in un periodo di chiusura aziendale per ferie collettive e il lavoratore aveva accettato, su richiesta dell’azienda, di trasformare giornate inizialmente previste come ferie in permessi Legge 104.

Questa circostanza ha ridimensionato l’intenzionalità fraudolenta. Non si trattava di un comportamento sistematico, ma di un’irregolarità isolata, peraltro circoscritta. In più, nelle restanti giornate il dipendente aveva effettivamente svolto attività assistenziali, dirette o indirette. Insomma, mancava un intento sistematico tale da giustificare il ricorso al licenziamento per giusta causa.

Licenziare non è un automatismo

Il Tribunale ha così riaffermato un principio chiave del diritto del lavoro: la proporzionalità della sanzione. Il licenziamento resta una extrema ratio, da impiegare solo nei casi in cui il comportamento del lavoratore sia talmente grave da interrompere in modo definitivo il rapporto di fiducia con il datore di lavoro. In questo caso, la condotta del dipendente, pur sanzionabile sul piano disciplinare, non ha raggiunto un livello di gravità tale da giustificare il licenziamento.

L’azienda avrebbe, dunque, dovuto fare ricorso ad altri strumenti sanzionatori, come ad esempio sospensioni, richiami scritti, multe.

Un messaggio forte per le aziende

La sentenza costituisce al contempo un monito sia per i lavoratori – ai quali non è concesso alcun alibi qualora intendano approfittare dei permessi 104 – sia per le aziende. Queste ultime, in particolare, prima di procedere con il licenziamento, devono dimostrare l’abuso in modo chiaro, inequivocabile e complessivo. La prova deve essere solida, continua, immune da incertezze o “buchi”.

In sostanza, non è sufficiente sorprendere il lavoratore fuori casa o lontano dal parente malato per parlare di abuso. Serve un quadro probatorio completo, che dimostri la mancata prestazione di qualsiasi forma di assistenza per l’intera durata dei permessi contestati.

The post Legge 104, se l’abuso non è totale il licenziamento non regge: la lezione (severa) del Tribunale di Bologna appeared first on lentepubblica.it.

Qual è la tua reazione?

Mi piace Mi piace 0
Antipatico Antipatico 0
Lo amo Lo amo 0
Comico Comico 0
Furioso Furioso 0
Triste Triste 0
Wow Wow 0
Redazione Redazione Eventi e News