L’overtourism sulle scelte decisionali della PA: il parere del Consiglio di Stato

lentepubblica.it
L’Avvocato Maurizio Lucca approfondisce una recente sentenza del Consiglio di Stato dedicata all’overtourism e al suo impatto sulle scelte decisionali da parte della PA.
La sez. IV del Consiglio di Stato, con la sentenza 15 aprile 2025, n. 3258 (estensore Arrivi), affronta una tema attuale del c.d. iperturismo (overtourism o sovraffollamento) che proietta fenomeni di disagio da parte dei residenti “infastiditi” dall’affluenza di “stranieri” (o dalla movida notturna, o da ambienti trasformati in locazioni brevi, ticket d’ingresso, e altro di conseguenza) [1]: nella valorizzazione e riqualificazione del beni culturali, paesaggistici e ambientali l’Amministrazione deve valutare l’impatto dell’affluenza dei turisti sulla vivibilità urbana.
Fatti
Una fondazione appella una pronuncia di primo grado con cui è stato respinto il ricorso per l’ottemperanza di una decisione TAR con la quale venivano annullati dei provvedimenti di un Comune capoluogo di approvazione dei progetti di ripristino dei camminamenti sulla cinta muraria, in quanto non prevedevano misure atte a impedire affacci e vedute sull’immobile confinante, di proprietà della Fondazione.
La decisione intendeva rispondere alle richieste della parte ricorrente «per limitare l’impatto dell’accesso della collettività alle suddette mura sulla proprietà privata confinante, in termini di quiete e riservatezza, conseguendo così un ragionevole punto di equilibrio tra i contrapposti interessi, pubblico e privato, in gioco».
Nel giudizio di ottemperanza, si contestava che il Comune avesse adottato delle misure sufficienti a schermare il proprio fondo da sguardi indiscreti, limitandosi a collocare delle inferriate metalliche solo lungo un breve tratto, con evidente possibilità di scrutare gli interni al di là dei confini («curiosare all’interno del fondo»), nonché del tutto inefficaci i divieti (c.d. regole di condotta per i visitatori) di «fare fotografie o filmati, non essendovi alcuna fattuale garanzia che i turisti osservino spontaneamente le regole di condotta».
Dunque, l’appello teso ad sicuramente la valorizzazione del sito turistico, pur tuttavia senza sacrificare (nel bilanciamento di opposti interessi) la riservatezza (intimità) del proprietario vicino: la tutela della vita privata da intromissioni del potere pubblico o di soggetti privati sul libero godimento dei propri “beni”, base giuridica del diritto alla c.d. privacy (the right to be let alone, il diritto a essere lasciati soli, per godere in pace della propria vita senza intrusioni/invasioni di altri) [2].
Il primo giudicato
Il Collegio annota che, pur in presenza di una riserva di amministrazione sul contemperamento degli interessi contrapposti (valorizzazione del patrimonio storico culturale, associata alla promozione turistica, e riservatezza del privato), l’Amministrazione doveva raggiungere un risultato specifico: mitigare l’impatto dell’accesso dei turisti sulla quiete e sulla riservatezza della proprietà confinante.
L’overtourism secondo il Consiglio di Stato
Viene descritto il fenomeno del sovraffollamento che non incide solo sul contesto socio-ambientale, ma hanno anche rilevanti profili giuridici, con ricadute sull’esercizio del potere pubblico («tant’è che il tema è tra quelli scelti dalla prossima presidenza greca dell’ACA-Europe (Association of the Councils of State and Supreme Administrative Jurisdictions of the EU) come oggetto di approfondimento tra le Corti supreme amministrative dell’Unione europea»).
Se assistiamo ad una tendenziale libertà di accesso alle risorse – culturali e naturalistiche – di rilievo turistico e il connesso – e sempre attuale – interesse pubblico alla massima fruizione delle medesime, la PA deve nel prendere le proprie decisioni tener conto che l’afflusso spesso incontrollato di turisti, sempre più frequentemente supera la capacità – fisica o ecologica – di accoglienza in un determinato territorio e di fruizione della stessa risorsa turistica, con ricedute dirette sulla popolazione che vive in quel determinato contesto del territorio (i residenti): un bilanciamento degli interessi di tipo nuovo che esige un’attenta valutazione d’impatto e misure regolatorie di mitigazione dei flussi.
La valutazione di impatto deve affrontare tre profili:
- quello della conservazione del bene-risorsa turistica;
- quello della tutela dei cittadini e delle imprese residenti nelle aree oggetto di attrazione turistica;
- quello – più ampio – del macro-impatto sul territorio (ad esempio, l’emergenza abitativa conseguente alla prevalente destinazione degli immobili ad affitti a breve termine per i turisti, con sacrificio della precedente offerta abitativa verso cittadini e studenti).
Il pronunciamento
Da queste premesse, l’appello risulta fondato, con condanna alle spese.
L’Amministrazione dovrà integrare – in termini diversi – le misure per il recupero del patrimonio con le esigenze della popolazione residente, con un “ragionevole” bilanciamento degli interessi, avendo cura sull’effettiva garanzia di tutela del privato, non potendo operare con misura “manifesto” (la mascheratura non possono essere certamente una misura risolvibile con inferriate (o cartelli di divieto privi di controlli sul luogo) non in grado di ostruire lo sguardo, il dato fattuale è stato riscontrato da apposite allegazioni fotografiche), priva di reale capacità di contenere l’afflusso turistico nel camminamento murario, ovvero (nella fattispecie) «la visuale sulle proprietà private sottostanti, conseguendo così il risultato di proteggere “quiete e riservatezza” degli interessati».
Invero, l’esercizio della discrezionalità amministrativa può essere scrutinato dal GA [3], quando permangono margini di apprezzamento in ordine all’individuazione delle soluzioni perseguibili, consentendo la mitigazione dell’impatto derivante dall’afflusso di visitatori al sito culturale sulle proprietà ad esso limitrofe, con soluzioni realmente efficaci anche in contesti di iperturismo [4].
La sentenza entra nel merito della condotta della PA nel dare esecuzione ad un giudicato, ritenendo che quando posto in essere risulta del tutto insufficiente per contenere il disagio e l’intrusione nella sfera privata dei confinanti, tale da rendere effettiva la limitazione delle possibilità di affaccio e veduta dal camminamento murario alla proprietà della parte appellante (con nomina di un Commissario ad acta, in via sostitutiva in caso di interza dell’obbligata Amministrazione).
La tutela dall’inquinamento
La legge 26 ottobre 1995, n. 447, Legge quadro sull’inquinamento acustico, all’art. 9, Ordinanze contingibili ed urgenti, prevede che «qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell’ambiente il sindaco», con proprio atto motivato può (una facoltà) «ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l’inibitoria parziale o totale di determinate attività».
La legge quadro ha ridefinito il concetto di inquinamento acustico rispetto alla nozione individuata dal precedente d.p.c.m. del 1991: il legislatore ha voluto estendere la tutela a tutto l’ambiente esterno ed ha dato rilevanza, inoltre, per la prima volta, al disturbo arrecato al riposo e alle attività umane, rendendo la tutela estesa ad ogni effetto negativo provocato dal rumore, inteso come fenomeno “inquinante”, tale cioè, da avere effetti negativi sull’ambiente, alterandone l’equilibrio ed incidendo non soltanto sulle persone, sulla loro salute e sulle loro condizioni di vita, facendo la norma riferimento anche agli ecosistemi, ai beni materiali ed ai monumenti [5].
Si comprende che il concetto di inquinamento acustico è stato dalla norma qualificato come l’introduzione di rumore nell’ambiente abitativo o nell’ambiente esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo ed alle attività umane, sancendo espressamente che esso concreta (in ogni caso) «un pericolo per la salute umana».
Si giunge, sotto tale forma, ad affermare che la “quiete pubblica” va intesa come limite di compatibilità delle emissioni sonore, prodotte da una fonte determinata, con uno specifico ambito territoriale, in relazioni alle caratteristiche di questo, secondo un criterio di media tollerabilità, giacché la cit. “quiete pubblica” costituisce un bene collettivo, il quale si va facendo vieppiù scarso, rispetto al passato, anche nelle ore notturne dove la maggior parte delle persone riposano.
In termini diversi, la quiete costituisce una condizione necessaria affinché sia garantita la salute, che deve essere tutelata «come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività» (ex art. 32 Cost.) dagli enti pubblici competenti [6], tra i Comuni:
- le Amministrazioni (dunque) devono reprimere quei comportamenti che pregiudicano la quiete pubblica e, per la conseguenza, la salute di un numero indeterminato di persone [7];
- il diritto alla quiete, come espressione del diritto alla salute psicofisica, prevale certamente sugli interessi economici di quanti costituiscano la causa diretta od indiretta del disturbo, svolgendo un’attività economica di cui essi soli percepiscono i proventi, riversandone viceversa sulla collettività circostante i pregiudizi [8].
Orientamenti
La sentenza nella sua attualità (e nuovo “umanesimo”), conferma un orientamento già presente estendibile all’overtourism, secondo il quale l’Amministrazione nel caso di segnalazioni di disagi, o di altre forme di intrusione nella sfera privata, dovuti alle diverse forme di perturbamento della quiete, deve garantire:
- da una parte, di dare effettivo riscontro alle lamentale, risolvendo il disagio;
- dall’altra parte, come nel caso di specie, qualora intenda promuovere iniziative che possono impattare nella popolazione, deve bilanciare gli opposti interessi, quelli dei cittadini di fronte ad un afflusso “incontrollato” di turisti, mossi (questi ultimi) da inevitabili esigenze collegate allo svago (vacanze o visite), da far rientrare le passeggiate dentro le antiche mura.
Esigenze tutte legittime che possono non coincidere con gli interessi dei residenti al peggioramento della qualità di vita (di questo si occupa la sentenza), al punto da non tollerare le attenzioni di sconosciuti (oggetto anche di attenzione sotto il profilo penale, le c.d. interferenze).
Alcuni potrebbero pensare in modo diverso, ritenendo che l’Amministrazione, con il promuovere iniziative turistiche valorizzi il territorio (peraltro, scopo di interesse pubblico, ex art. 3, comma 2 del d.lgs. n. 267/2000, «Il comune è l’ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo»), per le inevitabili ricadute in termini economici e di progresso, altri, invece privilegiano la scelta di vivere in un determinato ambiente di pregio e bellezza (la città turistica), pur tuttavia senza subirne gli effetti (prevedibili e previsti) del flusso di una massa incontrollata di persone (i visitatori): un bilanciamento tra interessi contrapposti.
In dipendenza di ciò, l’Amministrazione non potrà essere inerte, subirne le conseguenza, dovrà valutare tutte le esigenze, privilegiando (sembra di comprendere) e garantendo la riservatezza dei privati da molestie dei terzi (una soglia di tollerabilità che non può essere superata) [9] da ricomprendere i turisti: un tema che sta diventando centrale nei processi decisionali e nelle politiche di sviluppo urbano sostenibile, come tutti i bisogni primari afferenti ai diritti fondamentali (e tra questi la felicità).
Note
[1] Vedi, LUCCA, L’inquinamento dai rumori esterni nella propria abitazione, lentepubblica.it, 30 ottobre 2023, ove si annotava che la tutela del privato, ex art. 844 cod. civ, che lamenti la lesione dovuta alle immissioni rumorose provenienti da una strada pubblica (bene demaniale del Comune, ex art. 824, cod. civ.) trova una prima collocazione nel diritto alla salute, garantito da una parte, nell’incomprimibile nucleo essenziale cristallizzato dall’art. 32 Cost. («la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività»), nonché nel diritto alla vita familiare, convenzionalmente garantito dall’art. 8 CEDU («Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza»), dall’altra parte, nella stessa tutela della proprietà, che rimane diritto soggettivo pieno sino a quando non venga inciso da un provvedimento che ne determini una diminuzione, cagionata dalle immissioni acustiche. «trova fondamento, anche nei confronti della PA, anzitutto nelle stesse predette norme a presidio dei beni oggetto dei menzionati diritti soggettivi».
[2] Si tratta del diritto alla riservatezza, «tradizionalmente inteso come diritto ad essere lasciati soli e tutelare la vita intima da ingerenze varie, ha assunto nel tempo un profilo sempre più connesso alla tutela della dignità della persona», attinente con il diritto alla protezione dei dati personali riconosciuto come fondamentale nella Carta europea dei diritti dell´uomo e costituzionalizzato dal Trattato di Lisbona, SORO, La protezione dei dati personali: questioni attuali e prospettive, intervento del Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, Scuola di perfezionamento per le forze di polizia, 2 aprile 2014, Doc-Web 3616387, garanteprivacy.it. Vedi, Newsletter del Garante della privacy, Telecamere con vista, 29 novembre 2007, n. 289, dove il Garante interviene nei confronti di un comune, sul sistema di videosorveglianza al fine di evitare un’intromissione ingiustificata nella vita privata degli interessati e forme di condizionamento nei movimenti e nei comportamenti delle persone in luoghi privati, ben potendo essere oggetto di legittima contestazione da parte di interessati.
[3] Sotto il profilo dello sconfinamento nella sfera riservata al potere discrezionale della PA, la pronuncia che si spinge a prefigurare il possibile esito di una valutazione riservata all’Amministrazione individuando un’unica corretta modalità di esercizio della discrezionalità propria di questa. In tal modo, difatti, il giudice amministrativo estende, in concreto, la propria giurisdizione direttamente nella sfera riservata all’Amministrazione, invadendone l’ambito mediante una decisione strumentale alla valutazione dell’opportunità e/o della convenienza di un atto. E difatti in linea generale si dice che il vizio sussiste quando con la sua decisione il giudice amministrativo compia una diretta e concreta valutazione della opportunità e convenienza di un atto, Cass. civ., SS.UU., ordinanza 13 agosto 2024, n. 22777.
[4] Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 30 aprile 2024, n. 3945.
[5] Cass. pen., sez. III, sentenza n. 56430/2017.
[6] La tutela della salute dei cittadini previsto dall’art. 32 della Costituzione costituisce scopo primario per realizzare un efficace contrasto al fenomeno dell’inquinamento acustico, TAR Lombardia, Brescia, sentenza n. 1276/2011.
[7] Cons. Stato, sez. I, 19 luglio 2021, n. 2075.
[8] TAR Veneto, sentenza n. 1582/2007.
[9] Un Comune è stato condannato ad un risarcimento di 40mila euro per ciascuna residente nella «zona della movida nel centro storico della città», il risarcimento a ristoro del «mancato rispetto dei limiti di inquinamento acustico, della salvaguardia della salute, della casa e della privacy. … La pronuncia è della IV sezione del tribunale …, che dispone anche di “attuare misure concrete per la tutela della salute, dell’abitazione e dell’ambiente”», Movida, il Comune condannato anche per il caos a piazza San Domenico, napolitoday.it, 8 maggio 2025.
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