Mieloma multiplo: un nuovo anticorpo bispecifico offre prospettive promettenti
Pubblicata in Gazzetta Ufficiale la determina AIFA: elranatamab è approvato e rimborsato per i pazienti adulti già sottoposti ad almeno tre linee di trattamento, con progressione della malattia dall’ultima terapia. La rimborsabilità di elranatamab rende disponibile in Italia una nuova opzione di anticorpo bispecifico, mirato e accessibile per pazienti con bisogni terapeutici complessi. Il nuovo trattamento offre una nuova prospettiva clinica per i pazienti con mieloma multiplo refrattario recidivante, con benefici in termini di risposta e qualità di vita, grazie anche a una somministrazione più sostenibile nella pratica quotidiana.
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Per i pazienti affetti da mieloma multiplo (MM) che si trovano nella condizione di “tripla esposizione”, che hanno cioè fallito le tre precedenti terapie fondamentali per questa neoplasia del sangue, possono oggi ricevere un ulteriore quarto trattamento, in grado di offrire una nuova prospettiva clinica.
Si tratta di un nuovo anticorpo bispecifico, che ha cioè un duplice meccanismo d’azione: con la pubblicazione della determina AIFA (GU Serie Generale n.114 del 19 maggio 2025), elranatamab – questo il suo nome – è ufficialmente disponibile in Italia in regime di rimborsabilità.
Il farmaco è indicato in monoterapia per il trattamento dei pazienti adulti affetti da mieloma multiplo recidivato e refrattario, che abbiano ricevuto almeno tre terapie precedenti, tra cui un agente immunomodulante, un inibitore del proteasoma e un anticorpo anti-CD38, e abbiano dimostrato progressione della malattia con l’ultima terapia.
La rimborsabilità del trattamento in Italia si basa sui risultati dello studio registrativo MagnetisMM-3 (NCT04649359), un trial multicentrico, open-label, di fase 2, che ha valutato l’efficacia e la sicurezza di elranatamab in pazienti con mieloma multiplo recidivato e refrattario, sottoposti ad almeno tre terapie precedenti.
Il MM è una neoplasia ematologica complessa, caratterizzata da una proliferazione incontrollata di plasmacellule nel midollo osseo, che compromette progressivamente la funzionalità immunitaria del paziente.
“Nei tumori del sangue, è il secondo per incidenza dopo il linfoma, con circa cinquemila nuovi casi ogni anno nel nostro Paese”, afferma la Prof.ssa Maria Teresa Petrucci, Dirigente medico di Ematologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria, Policlinico Umberto I di Roma.
“Colpisce prevalentemente le persone anziane, con un’insorgenza in età media di 70 anni ed è altamente invalidante, in quanto compromette la struttura ossea- provocando fratture – e la funzione renale”.
L’attuale paradigma terapeutico si fonda su tre classi principali di farmaci, che hanno permesso di portare la sopravvivenza media da 14 mesi a tre anni: agenti immunomodulanti (IMiDs), inibitori del proteasoma (PIs) e anticorpi monoclonali anti-CD38. Sebbene queste terapie abbiano rivoluzionato la gestione del MM, molti pazienti sviluppano nel tempo recidive o diventano refrattari a tutte e tre le classi.
Questi pazienti, infatti, vanno incontro a remissioni di breve durata seguite da rapide ricadute, con opzioni terapeutiche sempre più limitate. Tuttavia, la ricerca scientifica continua a progredire, aprendo nuove prospettive, con l’immunoterapia, che oggi si basa sul trattamento con cellule CAR-T o sugli anticorpi bispecifici, una nuova classe di immunoterapie in grado di colpire simultaneamente due bersagli riattivando il sistema immunitario e colpendo selettivamente le cellule neoplastiche.
“Questi farmaci sono costituiti da molecole che si biforcano in due bracci: uno si lega a una proteina sulle plasmacellule del mieloma, l’antigene di maturazione delle cellule B (BCMA), che non si trova sui tessuti sani, mentre l’altro si lega ai linfociti T, le cellule del nostro sistema immunitario specializzate nell’uccisione delle cellule neoplastiche”, spiega il Prof. Benedetto Bruno, Direttore Ematologia Universitaria, AOU Città della Salute e della Scienza di Torino – Presidio Molinette Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la Salute-Università di Torino
“Nella sperimentazione clinica su pazienti con MM recidivante refrattario, che avevano già ricevuto tre linee di trattamento senza successo, si è vista una risposta sui due terzi dei soggetti, contro meno di un terzo se sottoposti ai precedenti farmaci, e metà di loro ha mostrato una risposta completa o quasi completa”, aggiunge la Prof.ssa Elena Zamagni, Professore associato di Ematologia, IRCCS AOU S. Orsola-Malpighi di Bologna.
“Significa che non è stato osservato alcun residuo di malattia nel midollo osseo e nei pazienti con precedente aspettativa di vita inferiore a un anno ci sono state risposte profonde e durature”.
I dati aggiornati a 33,9 mesi di follow-up hanno mostrato un tasso di risposta globale (ORR) del 61% e una durata mediana della risposta (DoR) ancora non raggiunta ottenendo ad oggi la duratura di risposta più lunga nel MM all’interno di questa classe di farmaci, in una popolazione altamente pretrattata e con prognosi sfavorevole.
Questi dati sono particolarmente significativi se confrontati con i trattamenti standard, che spesso utilizzano farmaci già impiegati e producono risposte limitate di circa 4 mesi.
Una delle sue caratteristiche più rilevanti è la flessibilità del regime posologico: dopo una fase iniziale di somministrazione settimanale, tutti i pazienti che raggiungono una risposta clinica possono passare a una somministrazione bisettimanale dopo sole 24 settimane, e successivamente, in caso di risposta persistente, a una somministrazione mensile dalla 49ª settimana.
Questo approccio graduale consente di mantenere il controllo della malattia riducendo la frequenza delle visite ospedaliere.
La somministrazione sottocutanea, poi, riduce notevolmente il tempo di degenza durante il day hospital.
“I bispecifici devono essere somministrati in un ambiente specialistico”, specifica Bruno, “non solo con la supervisione di un ematologo ma di un intero team multidisciplinare, composto da internista, neurologo e infettivologo, in grado di intervenire in caso di complicanze”.
Sono inoltre in corso altri studi per estendere l’impiego del farmaco: in Italia, Pfizer collabora con oltre 40 centri clinici attraverso il programma MagnetisMM, che studia l’utilizzo di elranatamab in tutte le fasi della malattia, dai pazienti fortemente pretrattati a quelli in fase più precoce.
In Italia sono attualmente in corso 4 studi di fase 3 registrativi:
- MagnetisMM-5 nel contesto di pazienti RRMM precedentemente esposti a due classi di farmaci (IMIDs e PI)
- MagnetisMM-6 nei pazienti di nuova diagnosi non idonei al trapianto di cellule staminali (i cui dati preliminari sono stati recentemente presentati ai congressi ASCO e EHA)
- MagnetisMM-7 nei pazienti di nuova diagnosi come mantenimento dopo il trapianto autologo
- MagnetisMM-32 nei pazienti RRMM pre-esposti ad anticorpo anti-CD38 a partire dalla seconda linea
Inoltre, sempre nell’ambito del programma MagnetisMM, sono in corso:
- uno studio di fase 2 collaborativo con la società scientifica European Myeloma Network – EMN, nel setting del mieloma smouldering ad alto rischio; Due studi osservazionali (uno italiano e uno internazionale) per integrare e supportare i dati registrativi con i dati di real world.
È un esempio concreto dell’impegno nella ricerca clinica e nella generazione di evidenze solide, sia per la registrazione che per la pratica clinica quotidiana.
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