Mobilità militare, il primo piano d’azione è del 2018 ma l’Ue ha perso sette anni

Bruxelles – Mobilità militare, l’Ue alla fine prova a scuotersi. Il tema della capacità di spostare truppe e mezzi militari si pone da tempo, e l’allora presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker è stato colui che ha tentato di ridisegnare l’Europa ancora troppo non integrata in tal senso. Con il lussemburghese a capo della Commissione arrivò il piano d’azione per la mobilità militare, messo sul tavolo nel 2018 tra l’interesse distratto generale.
Juncker aveva capito che il mondo stava cambiando e che l’Europa avrebbe dovuto cambiare con esso, per rimanere al passo coi tempi e poter meglio rispondere alla sfide, ai tempi le stesse di oggi. Nel 2018 si pone già la questione russa, con Mosca che aveva già annesso la Crimea e iniziato la campagna militare in Ucraina. L’allora presidente dell’esecutivo comunitario ha lavorato per spingere per un’Unione della difesa entro il 2025, rispolverando il progetto di esercito comune europeo e mettendo sul tavolo il piano d’azione per la mobilità militare.
Da allora si è fatto poco. Oggi uno studio del centro studi e ricerche del Parlamento europeo, rileva che “sfide come ponti, tunnel e ferrovie obsoleti, insieme a normative incoerenti tra gli Stati membri dell’Ue, ostacolano rapidi spostamenti militari“. Sono gli stessi impedimenti individuati dalla Commissione Juncker nel 2018, che invitava a definire le esigenze infrastrutturali essenziali per consentire l’efficiente movimento delle forze militari in tutta l’Ue. In secondo luogo, il piano ha affrontato le infrastrutture di trasporto, con la Commissione europea che ha individuato segmenti delle grandi reti TEN-T che potrebbero essere destinati a scopi a duplice uso.
Da allora, rilevano gli esperti del Centro studi e ricerche del Parlamento europeo, sono stati creati altri corridoi, con due lettere d’intenti firmate durante il vertice NATO di Washington. Uno di questi corridoi di mobilità militare coinvolge Albania, Bulgaria, Italia e Macedonia del Nord, l’altro Bulgaria, Grecia e Romania. Altri corridoi sono in fase di sviluppo contemporaneamente, tutti basati sulla prima lettera d’intenti tra Germania, Paesi Bassi e Polonia, presa come modello.
L’Europa degli Stati sconta dunque ritardi dettati dalla frammentazione politica e di un ambito, quello della difesa e della sicurezza, ancora esclusivamente nazionale. Le esortazioni e le strategie dell’Ue non sono mancate. Dopo sette anni dal piano per la mobilità militare l’Ue è ancora praticamente ferma a dov’era. La guerra russo-ucraina ha rilanciato il tema, ora la sfida è colmare i tanti ritardi accumulati.
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