Nella Manovra 2026 un fondo pensione per i giovani gestito dall'INPS
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Un nuovo salvadanaio pubblico per i più giovani gestito dall’INPS: dal 2026, come indicato in un emendamento alla nuova Manovra economica, nasce un fondo pensione per costruire il futuro già dalla nascita.
A partire dal 2026 potrebbe prendere forma un progetto destinato a incidere profondamente sul rapporto tra giovani, risparmio e formazione. Un emendamento alla legge di Bilancio presentato da Fratelli d’Italia punta infatti a creare un Fondo di previdenza per i giovani, gestito dall’INPS, che accompagni bambine e bambini dalla culla fino alla soglia dell’età adulta. L’obiettivo è chiaro: costruire un piccolo capitale destinato a sostenere le spese legate allo studio, all’ingresso nel mondo professionale o, in alternativa, ad affiancare la pensione futura con un’integrazione economica.
L’idea nasce dalla consapevolezza che le nuove generazioni si trovano a fronteggiare un panorama occupazionale sempre più complesso, in cui competenze elevate e percorsi formativi specializzati sono diventati indispensabili. Allo stesso tempo, la fragilità dei redditi familiari e l’incertezza pensionistica rendono rischioso affidarsi unicamente ai sistemi tradizionali di welfare. Da qui la proposta di introdurre un «cuscinetto» economico, alimentato sin dai primi mesi di vita, così da accompagnare la crescita dei neo-nati in modo concreto, tangibile e, soprattutto, strutturato.
Come funziona il Fondo
Il meccanismo delineato nel testo dell’emendamento è semplice e vuole essere accessibile a tutte le famiglie. La posizione individuale, definita come forma di previdenza integrativa, potrà essere aperta entro i primi tre mesi dalla nascita. A farlo potrà essere un genitore, un nonno oppure un parente prossimo, purché entro il terzo grado. L’attivazione richiederà un versamento minimo di 100 euro, una cifra simbolica ma sufficiente ad avviare il conto.
La particolarità della proposta è la partecipazione diretta dell’INPS: all’apertura del fondo, l’istituto previdenziale aggiungerà 50 euro, contributo che – secondo le intenzioni – dovrebbe essere replicato ogni anno. In questo modo, anche in presenza di modesti risparmi familiari, il capitale potrà crescere gradualmente nel tempo, rafforzandosi grazie all’intervento pubblico.
Il fondo, come previsto dal decreto legislativo che regola la previdenza complementare, avrà natura individuale: nessun salvadanaio collettivo, dunque, ma una posizione costruita su misura per ciascun bambino nato dal 2026 in poi. Una volta compiuti i diciotto anni, il ragazzo o la ragazza potrà riscattare l’intera somma accantonata e decidere come utilizzarla.
A cosa servirà il capitale accumulato
Le finalità ammesse sono tre e disegnano un ventaglio di possibilità che mira a sostenere tanto i percorsi educativi quanto le aspirazioni imprenditoriali. Il montante potrà infatti essere destinato al pagamento delle tasse universitarie, alla frequenza di corsi professionali o accademici, oppure all’avvio di un progetto lavorativo in proprio. Si va quindi dalla copertura degli studi tradizionali alla creazione di una start-up, fino alle prime spese necessarie per rendere operativa un’attività in forma autonoma o partecipata.
L’uso flessibile delle risorse rappresenta uno dei punti centrali della proposta: il giovane non si troverà vincolato a un unico percorso, ma potrà scegliere liberamente quale strada intraprendere per costruire la propria indipendenza economica. Non si esclude, inoltre, che chi decidesse di non utilizzare subito la somma possa trasformarla in una rendita complementare da affiancare alla pensione futura.
Quanto costerebbe allo Stato
Secondo le prime valutazioni, la misura avrebbe un peso relativamente contenuto per la finanza pubblica. Il contributo, calcolato sulla base dei circa 369 mila nati del 2024, costerebbe intorno ai 18 milioni di euro l’anno. Un importo che il governo considera sostenibile, anche alla luce dell’impatto potenzialmente positivo nel lungo termine: favorire l’istruzione e l’autoimprenditorialità dei giovani significa, infatti, incrementare la produttività e la partecipazione attiva al mercato del lavoro.
Naturalmente, si tratta di stime preliminari, destinate a cambiare sia in base al reale numero di nascite nei prossimi anni sia all’andamento delle adesioni volontarie da parte delle famiglie.
L’alternativa proposta in Parlamento
Accanto all’iniziativa della maggioranza si affianca una seconda proposta, avanzata dal senatore Marco Lombardo (Azione), che punta a un modello simile ma con incentivi pubblici più consistenti. In questo caso, il contributo statale iniziale sarebbe di 300 euro nel primo anno di vita del bambino, cui si aggiungerebbero 200 euro annui per i quattro anni successivi. La partecipazione familiare resterebbe fissata a 100 euro.
Le cifre, però, cambiano radicalmente anche per le casse dello Stato. L’impatto stimato sarebbe infatti molto più elevato: circa 500 milioni di euro nel primo anno di applicazione e 250 milioni a regime. Una scelta che mira a costruire un capitale più robusto nel corso dell’infanzia, con l’ambizione di generare un sostegno economico di maggiore peso quando il beneficiario raggiungerà la maggiore età.
La proposta di Lombardo mantiene la volontarietà dell’adesione, ma immagina un meccanismo di accumulo più rapido e consistente. Dal punto di vista politico, si tratta di un tentativo di rafforzare ulteriormente il ruolo dello Stato nel supporto allo sviluppo giovanile, ritenuto cruciale per contrastare la fuga dei talenti e sostenere la crescita demografica.
Uno strumento culturale oltre che finanziario
Al di là dei numeri, le due iniziative condividono un intento più ampio: promuovere una nuova consapevolezza sul valore della previdenza e del risparmio. L’accantonamento precoce, infatti, non ha soltanto una funzione economica, ma anche educativa. Abituare i giovani a considerare l’importanza di una pianificazione a lungo termine significa favorire una maggiore responsabilità nella gestione delle risorse e una visione più matura del proprio percorso professionale.
Il fondo, dunque, non si limita a essere un aiuto economico, ma diventa un simbolo di fiducia nelle nuove generazioni, un invito a guardare al domani con qualche certezza in più e un’occasione per ridurre le disparità di partenza tra i diversi contesti familiari.
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