Nuove partite IVA nel 2025: il vero nodo è la tassazione
lentepubblica.it
Nel primo trimestre del 2025 le nuove aperture di Partite Iva in Italia segnano una leggera ripresa, ma dietro ai numeri ufficiali si nasconde un tema ben più urgente: l’impatto della tassazione e del conseguente carico fiscale sui nuovi contribuenti.
Il report dell’Osservatorio sulle Partite Iva del Ministero dell’Economia e delle Finanze, basato sui dati raccolti tramite i modelli AA7/10 e AA9/12 e registrati presso l’Anagrafe tributaria, restituisce una fotografia complessa e contraddittoria.
Oltre 187mila nuove attivazioni, in testa le persone fisiche
Tra gennaio e marzo 2025 sono state attivate 187.300 nuove Partite Iva, con un incremento dello 0,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. La maggioranza assoluta, pari al 73,2%, riguarda persone fisiche, mentre le società di capitali rappresentano il 20% e le società di persone il 2,9%. Una quota residuale ma in forte crescita, pari al 3,9%, è attribuibile a soggetti non residenti (in gran parte imprese dell’e-commerce) e ad altre forme giuridiche.
Il boom degli operatori esteri
Se si guarda l’andamento rispetto al primo trimestre 2024, si scopre che la crescita complessiva non è omogenea. Le aperture tra le persone fisiche calano dell’1,1%, quelle delle società di persone crollano del 6,1%, mentre crescono le società di capitali (+2,3%). A sorprendere è però il balzo dei non residenti e delle forme giuridiche atipiche, che insieme segnano un +47,3%, incremento legato esclusivamente agli operatori esteri.
Nord più attivo, Sud in chiaroscuro
Dal punto di vista territoriale, quasi metà delle nuove Partite Iva si concentrano al Nord (49,2%), con il Centro al 21,2% e il Sud e le Isole al 29,3%. Il Molise guida la classifica degli incrementi regionali (+11,9%), seguito da Lombardia (+5,6%) e Calabria (+5,5%). In forte flessione, invece, la Basilicata (-25,8%), la Valle d’Aosta (-6,4%) e la Liguria (-5,8%).
I settori in crescita e quelli in crisi
Le attività professionali guidano la classifica dei comparti più dinamici, rappresentando il 18,5% delle nuove iscrizioni. Seguono il commercio (15,8%) e i servizi sanitari e sociali (10,4%). Tuttavia, l’analisi dei dieci settori principali – che da soli coprono l’83,9% delle nuove Partite Iva – mostra segnali di debolezza in comparti chiave come agricoltura (-13,6%), istruzione (-9,6%), ristorazione (-7,4%), attività professionali (-7,3%) e costruzioni (-7,1%).
Ateco 2025, partenza in due tempi
Dal 1° gennaio 2025 è entrata in vigore la nuova classificazione Ateco 2025, che però sarà effettivamente operativa solo da aprile. Questo fa sì che i dati relativi al primo trimestre seguano ancora il vecchio schema (Ateco 2007 aggiornato al 2022), anche se alcuni operatori hanno già iniziato a usare la nuova codifica, rendendo parte delle attività non ancora classificabili.
Il nodo è la tassazione: la stangata fiscale per le nuove Partite Iva nel 2025
Se i numeri sulle nuove attivazioni mostrano una certa vitalità del tessuto economico, la questione fiscale rischia di compromettere le prospettive per molti nuovi operatori. Chi ha aperto la Partita Iva nel 2024 si trova ora, nel corso del 2025, a dover versare non solo le imposte dovute per l’anno precedente, ma anche un anticipo sulle tasse del 2025, calcolato sulla base del debito fiscale dell’anno precedente. In sostanza, due anni di imposte in un solo colpo.
Per i titolari iscritti alla gestione separata INPS il colpo è ancora più duro: oltre all’Irpef, devono versare anche il saldo e il primo acconto dei contributi previdenziali, pari a circa il 26% del reddito imponibile. In alcuni casi, tra imposte e contributi, l’ammontare da versare può superare i 20mila euro. Una cifra sproporzionata, soprattutto per chi è agli inizi e non ha ancora consolidato la propria attività.
Proroga delle scadenze: un po’ di respiro
Un po’ di sollievo arriva dal Decreto Legge n. 84/2025, che ha posticipato la scadenza per i versamenti delle imposte dirette, IRAP e IVA al 21 luglio 2025 (senza maggiorazioni), oppure al 20 agosto 2025 (con una lieve maggiorazione dello 0,4%). La proroga riguarda chi applica gli Indici Sintetici di Affidabilità Fiscale (ISA), è in regime forfettario o appartiene al regime dei “minimi”, e si estende anche al nuovo Concordato Preventivo Biennale.
La misura è stata accolta positivamente dagli addetti ai lavori. Il presidente del Consiglio Nazionale dei Commercialisti, Elbano de Nuccio, ha parlato di un intervento “sostenibile e coerente” con le esigenze dei contribuenti, auspicando che venga mantenuta anche in futuro.
Ma la proroga non è per tutti
Attenzione però: il rinvio dei termini non è universale. Si applica solo a chi rientra nei parametri previsti dai decreti del MEF, ovvero soggetti che esercitano attività per le quali risultano approvati gli ISA e che dichiarano ricavi entro soglie specifiche. Chi non rientra in queste condizioni dovrà rispettare le scadenze ordinarie.
Una pressione fiscale insostenibile?
Il sistema fiscale italiano, già tra i più onerosi in Europa, appare particolarmente penalizzante per chi inizia un’attività in proprio. Il fatto che venga richiesto un anticipo sulle imposte dell’anno successivo, basato su redditi ancora ipotetici, rende la gestione finanziaria dei primi anni di attività particolarmente ardua. Un’impresa avviata da tempo può contare su risorse e pianificazione, ma per i nuovi imprenditori si tratta spesso di un ostacolo quasi insormontabile.
La questione rimane aperta: la vitalità imprenditoriale mostrata dai dati del primo trimestre rischia di spegnersi sotto il peso di un fisco che, per molti, continua ad arrivare prima dei guadagni.
Il report dell’Osservatorio sulle Partite IVA
Qui il documento completo con i dati di sintesi.
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