L’utilizzo della carta di credito nella Pubblica Amministrazione: profili normativi e giurisprudenziali
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L’utilizzo della carta di credito nella Pubblica Amministrazione tra agente contabile e ordinatore secondario di spesa: profili normativi e giurisprudenziali.
di Gabriele Conterio
Indice dei contenuti
- Introduzione
- Giudizi contrapposti della Corte dei conti
- Agente contabile e conto giudiziale; il quadro normativo
- Utilizzo delle carte di credito nella PA: il quadro normativo
- Sentenza Corte dei conti – Sezione giurisdizionale per il Lazio, n. 302/2024
- Conclusioni
1. Introduzione
L’impiego della carta di credito quale strumento di pagamento ha sollevato, in merito al ruolo che si configuri in capo all’utilizzatore, un nodo interpretativo di rilievo sistematico. In particolare, la recente giurisprudenza dibatte se l’utilizzo dello strumento elettronico di pagamento comporti ex se la qualifica di agente contabile ai sensi delle disposizioni in materia di contabilità pubblica – con conseguente obbligo di resa del conto giudiziale alla Corte dei conti – ovvero se, in talune fattispecie, l’attività ordinatoria sia assibilabile all’apertura di credito – con relativa qualifica di ordinatore secondario di spesa e obbligo di presentazione del relativo rendiconto amministrativo all’amministrazione di appartenenza.
La qualificazione in un senso o nell’altro non rappresenta mera questione formale, giacché essa incide sull’estensione dell’ambito soggettivo della giurisdizione contabile, sul grado di intensità del controllo giurisdizionale rispetto a quello endo-amministrativo e, per conseguenza, sull’assetto della responsabilità amministrativo-contabile; palcoscenico del contendere è la declinazione del principio costituzionale del buon andamento, ora interpretato nella prospettiva del controllo della gestione della res publica da parte dell’utilizzatore, ora come esigenza di economicità dell’azione amministrativa che eviti duplicazioni e sovrapposizioni tra controlli interni e verifiche giurisdizionali, potenzialmente gravose in termini di oneri procedimentali e tempi di definizione.
2. Giudizi contrapposti della Corte dei conti
In questo scenario si inseriscono diverse pronunce delle Sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti che, benché mosse da identico presupposto normativo, pervengono a giudizi contrapposti. Particolarmente rilevante è la sentenza della Sezione giurisdizionale per il Lazio, sent. n. 302/2024 del 11 aprile 2024, a tenore della quale “alle operazioni poste in essere con carta di credito o di una carta di credito ricaricabile di un’Amministrazione, consegue la qualificazione dell’utilizzatore in termini di ordinatore secondario della spesa e come tale tenuto a presentare un rendiconto amministrativo alla stessa amministrazione di appartenenza”.
Sezione giurisdizionale per la Liguria, sent. n. 104/2024 del 18 luglio 2024, a tenore della quale “Il titolare/utilizzatore della carta di credito regionale è agente contabile, poiché ha maneggio di denaro pubblico anche tramite strumenti elettronici, e pertanto è tenuto alla resa del conto giudiziale ai sensi degli artt. 137 e ss. c.g.c., art. 178 R.D. 827/1924 e art. 44 R.D. 1214/1934, indipendentemente dalla disciplina regolamentare regionale e dall’esistenza di controlli amministrativi interni”;
3. Agente contabile e conto giudiziale; il quadro normativo
La definizione dell’agente contabile è rintracciabile nell’art. 178 del R.D. 23 maggio 1924, n. 827 che stabilisce che, sotto la denominazione di agenti contabili dell’amministrazione si comprendono:
“tutti coloro che, individualmente ovvero collegialmente […] hanno maneggio qualsiasi di pubblico denaro, o sono consegnatari di generi, oggetti e materie appartenenti allo Stato”
A distanza di un decennio, con l’art. 44 del R.D. 12 luglio 1934, n. 1214 – Testo unico delle leggi sull’ordinamento della Corte dei conti – il legislatore, con un approfondimento sul tema, ha stabilito che:
“La Corte giudica, con giurisdizione contenziosa, sui conti dei tesorieri, dei ricevitori, dei cassieri e degli agenti incaricati di riscuotere, di pagare, di conservare e di maneggiare danaro pubblico o di tenere in custodia valori e materie di proprietà dello Stato, e di coloro che si ingeriscono anche senza legale autorizzazione negli incarichi attribuiti ai detti agenti.”
Questa storica cornice normativa è stata arricchita, in epoca moderna, dal D. lgs. 26 agosto 2016, n. 174 – Codice di giustizia contabile – che, negli artt. da 137 a 148 disciplina i giudizi di conto, ribadendo la giurisdizione della Corte sui conti degli agenti contabili e istituendo l’anagrafe degli agenti contabili.
Alla base del sinallagma fra agente contabile e conto giudiziale, si pone la definizione di maneggio di denaro.
4. Utilizzo delle carte di credito nella PA: il quadro normativo
L’utilizzo di carte di credito da parte delle amministrazioni pubbliche trova fondamento nell’art. 1, commi da 47 a 53, della legge 28 dicembre 1995, n. 549. Tale disposizione autorizza dirigenti e funzionari a sostenere, anche in ambito estero, spese rientranti nella competenza dell’ufficio di appartenenza, nei casi in cui non sia “possibile o conveniente ricorrere alle ordinarie procedure di spesa”. L’ambito applicativo è stato espressamente esteso alle spese di trasporto, vitto e alloggio connesse a missioni in Italia e all’estero.
Il legislatore ha demandato la disciplina attuativa a un regolamento ministeriale, successivamente adottato con il decreto del Ministro del Tesoro 9 dicembre 1996, n. 701. In esso sono delineati i profili oggettivi e soggettivi, individuando le tipologie di spesa ammissibili – che spaziano dai beni, lavori e servizi in economia alle spese di rappresentanza, dalle missioni alle esigenze di bordo e di volo, fino alle attività di protezione civile, di sicurezza e di ordine pubblico. Sono inoltre specificati i soggetti legittimati all’utilizzo, comprendenti organi politici, magistrati, dirigenti, funzionari e altre figure individuate in relazione alle esigenze dell’ente.
Rendicontazione e responsabilità nell’utilizzo delle carte di credito
Il regolamento disciplina le modalità di rendicontazione amministrativa, stabilendo che il titolare debba trasmettere all’amministrazione, entro il giorno 15 del mese successivo, un riepilogo delle spese corredato della relativa documentazione giustificativa, rispondendo personalmente di eventuali usi impropri e adempiendo ai doveri di custodia dello strumento. È infine previsto un sistema contabile basato su ordini di accreditamento in favore del dirigente generale o di un suo delegato, con imputazione delle spese ai pertinenti capitoli di bilancio.
Ai fini della presente trattazione, rileva in modo particolare l’articolo 7 del decreto ministeriale, che attribuisce in via espressa la responsabilità della rendicontazione giudiziale al titolare della contabilità speciale – figura che coincide di norma con un dirigente – e non già al mero utilizzatore della carta.
Tale disposizione costituisce il nucleo attorno al quale si è sviluppato il contrasto interpretativo oggetto della più recente giurisprudenza contabile.
5. Sentenza Corte dei conti – Sezione giurisdizionale per il Lazio, n. 302/2024
Fatto
Il Collegio è chiamato a pronunciarsi sull’esame di tre conti giudiziali relativi all’esercizio 2021, resi da funzionari di una Pubblica Amministrazione incaricati dell’utilizzo di carte di credito e prepagate per lo svolgimento di attività istituzionali. Le carte erano state utilizzate per spese inerenti missioni di servizio, abbonamenti, bunkeraggio marittimo e altre necessità operative. La Procura contabile dopo aver esaminato nel merito delle predette gestioni e non avendo rilevato ipotesi di addebito, ha trasmesso i conti sollevando la questione preliminare circa la sussistenza dell’obbligo, in capo agli utilizzatori, di presentare il conto giudiziale, in relazione alla loro eventuale qualifica di agenti contabili.
In diritto – I due orientamenti giurisprudenziali sulla qualificazione dell’utilizzatore
Con la relazione n. 201/2023 il magistrato istruttore rileva la questione inerente la qualificabilità delle attività gestorie poste in essere mediante carta prepagata e carta di credito tra quelle da cui scaturisce l’obbligo di resa del conto giudiziale rappresentando come, in giurisprudenza, si siano consolidati due distinti orientamenti interpretativi.
Il primo, di tipo estensivo, considera l’utilizzatore della carta di credito quale agente contabile ex se, ritenendo pertanto sempre dovuta la resa del conto giudiziale; a sostegno di tale tesi interpretativa vengono riportate le pronunce della Sezione Giurisdizionale per la Regione Liguria – Sent. n. 37/2023, della Sezione Giurisdizionale per la Regione Marche – Sent. n. 89/2022 – e della Sezione Giurisdizionale per la Regione Toscana – Sent. n.52/2020, che collegano l’obbligo di resa non unicamente al reale maneggio di danaro, quanto piuttosto alla gestione dello stesso, intesa come procedimento di impiego di risorse economiche per il raggiungimento dei fini pubblici, facendone scaturire, pertanto, l’obbligo del contabile alla resa del risultato della gestione realizzata, a prescindere dallo strumento di pagamento utilizzato.
Il secondo, di segno più restrittivo, si fonda sulla differenziazione fra le figure dell’agente contabile – tenuto alla resa del conto giudiziale ai sensi dall’art. 610 del R.D. n. 827 del 1924 – e dei “funzionari delegati a pagare spese sopra aperture di credito” – tenuti all’obbligo di rendere il conto nei confronti della propria amministrazione ai sensi dell’art. 60 della legge di contabilità generale dello Stato n. 2440/1923.
Autonomia gestionale, maneggio di denaro e conseguenze sulla rendicontazione
In base a tale percorso ermeneutico, rappresenta il magistrato, potrebbe concludersi che, ove l’utilizzatore della carta di credito non si sia limitato alla mera esecuzione di spese quanto piuttosto, nell’esercizio di un’autonomia caratterizzante la propria gestione, abbia preso tutte le relative decisioni venendosi, conseguentemente, a concentrare nello stesso soggetto funzioni di tipo amministrativo e contabile, indissolubilmente legate le une alle altre, lo stesso risulta, in sostanza, aver agito come un ordinatore secondario della spesa e come tale tenuto non alla resa del conto giudiziale, bensì di un rendiconto amministrativo.
Inoltre, ad avviso del magistrato relatore, nell’ambito di un processo di ricerca di una più moderna definizione di “maneggio”, occorre valorizzare la tipologia di gestione in cui l’utilizzo di tali strumenti di pagamento si inserisce, nonché la natura delle spese sostenute. Si pone in evidenza la distinzione tra l’impiego di carte inserite in un sistema economale – che comporta la materiale disponibilità di risorse pubbliche e integra la qualifica di agente contabile – e l’utilizzo di carte operanti come apertura di credito concessa da un intermediario privato, per le quali l’amministrazione provvede successivamente al rimborso. In quest’ultima configurazione, l’assenza di un contatto diretto con il denaro pubblico esclude l’obbligo di resa del conto giudiziale, permanendo a carico dell’utilizzatore unicamente la rendicontazione amministrativa prevista dalla normativa regolamentare.
Giudizio
La Corte dei Conti – Sezione Giurisdizionale per il Lazio, in relazione al quesito ermeneutico sollevato dal giudice relatore, si schiera a favore di quest’ultima posizione, stabilendo che l’utilizzo di carte di credito, non comporti ex se l’assunzione della qualifica di agente contabile, conseguendo piuttosto la qualificazione dell’utilizzatore in termini di ordinatore secondario della spesa e come tale tenuto a presentare un rendiconto amministrativo alla stessa amministrazione di appartenenza, ai sensi dell’art. 6 del D.M. Tesoro 9 dicembre1996, n. 701. Qualora l’utilizzo avvenga da parte di un economo nell’esercizio della gestione allo stesso affidata, ritiene inoltre la Corte che le operazioni poste in essere debbano, comunque, trovare evidenziazione nel relativo conto giudiziale.
6. Conclusioni
Se, da un lato, dottrina e giurisprudenza convergono nell’evidenzia l’esigenza di un aggiornamento della disciplina che tenga conto della natura digitale dei moderni strumenti di pagamento nel processo di definizione del concetto di “maneggio di denaro”, occorre comunque evidenziare come tale definizione vada ricercata contemperando il buon andamento e la necessità di un controllo effettivo sulla gestione delle risorse pubbliche, nel punto di equilibrio fra economicità e semplificazione amministrativa. Fino a quel momento, la mancanza di un orientamento uniforme, che unicamente un intervento normativo o una pronuncia chiarificatrice delle Sezioni Riunite potrebbe dirimere, impone un obbligo di prudenza da parte di amministratori ed utilizzatori, all’uopo di prevenire incertezze applicative e possibili conseguenze sul piano della responsabilità.
Leggi anche: La nuova normativa sulla protezione dei segnalanti nel diritto dell’Unione e nell’ordinamento nazionale
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