Rimpatri e Paesi terzi sicuri, in Aula le critiche al PPE per l’alleanza con l’estrema destra
dall’inviato a Strasburgo – L’accordo ormai c’è, ma anche le polemiche. Parlamento europeo e Consiglio UE sono pronti ad avviare i negoziati inter-istituzionali, ma la politica sull’immigrazione e la gestione dei richiedenti asilo non piace a tanti. Non piace a socialisti (S&D), Verdi e sinistra radicale (laSinistra), che provano a contestare il voto con un’obiezione ai mandati negoziali sui regolamenti riguardanti rimpatri, l’elenco dei paesi di origine sicuri dell’UE e i criteri per determinare quando un paese non UE possa essere considerato un ‘paese terzo sicuro’.
Il tentativo va a vuoto per quanto riguarda l’ostruzionismo. Essendoci già un accordo in partenza, appariva difficile che l’Aula potesse sconfessarlo. Alla fine entrambe le obiezioni sono respinte (la prima con 396 voti a favore, 202 contrari, 56 astensioni, la seconda con 384 ‘sì’, 237 ‘no’, 31 astenuti), e il negoziato inter-istituzionale può effettivamente partire.
Tuttavia costringendo l’Aula al dibattito, i promotori dell’iniziativa – Cecilia Strada (S&D), Tieneke Strik (Verdi) e Damien Carême (laSinistra) – impongono al PPE di uscire allo scoperto. Perché, ha criticato Strada prima del dibattito, è sull’immigrazione che si vede come e quanto “l’agenda dell’estrema destra è entrata nei lavori del Parlamento”. “La maggior parte dei Paesi considerati sicuri non sono tali“, accusa. Per poi ribadirlo in Aula: “I testi di compromesso sui Paesi di origine sicuri e Paesi terzi sicuri sono vergognosi e ipocriti. Votare risoluzioni di condanna per violazioni dei diritti umani e stato di diritto in Turchia, Serbia e Tunisia e poi sostenere che quei Paesi sono sicuri è ipocrita”. Quindi l’attacco frontale ai popolari: “Ho una domanda per il PPE: se due anni fa avete giurato di non lavorare con l’estrema destra, perché fate le leggi insieme?“.
“Evitate di dare la colpa a noi, ci è stato chiesto di modificare le regole”, replica stizzita Lena Dupont (PPE), con cui si schierano conservatori, sovranisti ed euro-scettici. “L’idea di Paesi terzi sicuri significa che le persone possono essere rispedite da dove arrivano, e vuol dire trattamento accelerato delle richieste”, scandisce Fabrice Leggeri (PfE). “Lo strumento protegge l’Europa”, taglia corto Alessandro Ciriani (ECR). “Servono confini veri”, e la proposta aiuta in tal senso, fa eco Ewa Zajaczkwska-Hernik (ESN), a completare la saldatura tra PPE e spettro dell’estrema destra.
“Il compromesso è molto pericoloso“, denuncia Strik, per i Verdi. “I richiedenti asilo rischiano un procedimento di breve durata, con gli Stati UE che trasferiranno ad altri Paesi la responsabilità di prendersi cura dei richiedenti asilo, senza alcuna garanzia”. Quindi l’affondo: “Dichiarare sicuri Tunisia ed Egitto è un regalo di Natale alla repressione“. Ancora più diretto Carême (laSinistra): ” Si tratta del regalo di Natale di Weber a Meloni, per permettere di applicare l’accordo Italia-Albania che altrimenti non verrebbe attuato“. Carême parla prima del voto, nel corso di una conferenza stampa convocata per spiegare che “abbiamo deciso di contestare questo testo per denunciare l’alleanza tra PPE e l’estrema destra”. In Aula a nome del gruppo prende la parola Ilaria Salis, o almeno ci prova, perché come viene annunciato lo speaker si alzano fischi e ‘buuu’. Un rumore che impone alla vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno, di richiamare tutti all’ordine: “Questo non è un circo, queste cose non sono tollerate”.
Lo spettacolo circense alla fine cessa, ma non l’alleanza tra PPE ed estrema destra, che si rinsalda. I popolari, per l’occasione vengono ‘scaricati’ anche anche dai liberali: “Ci opponiamo a questo testo, un testo che non migliora il nostro sistema di asilo”, critica Fabienne Keller (RE). La maggioranza Ursula, quella vera, non c’è più. La maggioranza Ursula è un’altra.
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