Tesoro nascosto, l’Italia custodisce un sito archeologico unico dell’età del Ferro: borgo rarissimo
Nel cuore della Valpolicella, a pochi chilometri da Verona, si cela un tesoro archeologico e culturale di straordinaria importanza.
Questo borgo, insignito del titolo de I Borghi più belli d’Italia, rappresenta una meta imperdibile per gli appassionati di storia, arte e paesaggi autentici, offrendo un’esperienza unica che unisce il fascino antico a tradizioni ancora vive.
Il nome stesso del borgo è avvolto da un’aura di mistero e leggenda. La teoria più accreditata sull’origine del nome Ingannapoltron fa riferimento a una salita apparentemente semplice ma in realtà lunga e faticosa, che “inganna i pigri” facendo credere che la meta sia facilmente raggiungibile. Altra interpretazione collega il toponimo al termine pre-romano ganne, con il significato di “mucchio di pietre” o “località rocciosa”, richiamando l’attività estrattiva e di lavorazione del marmo che da sempre caratterizza la zona. La salita impervia conduce a paesaggi mozzafiato, tra rocce chiamate “marogne” e cave di marmo rosso.
Al culmine del percorso si trova il cuore pulsante del borgo: la Pieve Romanica di San Giorgio, monumento di grande pregio e uno degli esempi più significativi di architettura romanica in Valpolicella. La pieve, dedicata a San Giorgio Martire, è un antico luogo di culto cattolico, che conserva un chiostro del XII secolo e un piccolo museo archeologico dove sono esposti reperti preistorici, storici e archeologici rinvenuti nella zona.
Un viaggio millenario tra archeologia e fede
Gli scavi effettuati tra il 1985 e il 1989 hanno riportato alla luce tracce di un insediamento risalente alla media età del bronzo e strutture dell’età del Ferro che testimoniano una frequentazione umana continua e articolata. Tra i ritrovamenti spiccano una capanna rettangolare con elevato in legno, un laboratorio metallurgico, una cisterna, e depositi alimentari, tutti caratterizzati dall’architettura tipica a “casa retica”, con le pareti e i tetti realizzati in lastre di calcare rosato, materiale estratto nelle vicinanze. Gli abitanti di questo insediamento, antenati degli Arusnati, si dedicavano all’agricoltura, all’allevamento, all’artigianato e all’estrazione del marmo, attività che hanno segnato profondamente la storia e l’identità del territorio.
La pieve, eretta probabilmente già nell’VIII secolo durante la dominazione longobarda, è stata profondamente rimaneggiata tra il XI e il XIII secolo, assumendo la forma romanica che ancora oggi conserva. Tra gli elementi più pregevoli si annoverano le colonnine iscritte del ciborio longobardo, sulle quali sono incisi i nomi del re Liutprando e degli scultori che contribuirono alla sua realizzazione, un capolavoro che unisce arte, storia e fede. La chiesa, citata per la prima volta con il titolo di pieve in una bolla papale del 1145 di papa Eugenio III, ha rappresentato per secoli un importante centro religioso e amministrativo per il territorio circostante.

Ogni anno, la seconda domenica di novembre, San Giorgio Ingannapoltron ospita la tradizionale “Festa de le Fae”, una manifestazione che affonda le radici in un rituale pre-cristiano legato al culto delle fave, simbolo di immortalità e legame con gli antenati. Il 9 novembre 2025, la festa ha celebrato nuovamente questo antico legame con la terra e la comunità.
Durante la giornata, i residenti, vestiti con abiti tradizionali, preparano una minestra di fave seguendo l’antica ricetta locale: fave secche messe a mollo e cotte a lungo con patate, pancetta o lardo, e condite con un soffritto di cipolle e olio d’oliva, accompagnata da un calice di pregiato vino Valpolicella. La cerimonia della distribuzione della minestra, che si svolge sul sagrato della pieve, rappresenta il momento culminante dell’evento, seguito da interventi istituzionali e da un mercatino di artigianato locale.
Per facilitare la partecipazione, è attivo un servizio navetta dal centro di Sant’Ambrogio, mentre in piazza sono presenti gazebo con birra artigianale e prodotti tipici, creando un’atmosfera festosa e di condivisione che lega passato e presente.
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