A silent caress | Indie Tales

Settembre 4, 2025 - 06:00
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A silent caress | Indie Tales

Qui, nell’oggi, si nascondono sentimenti di passato e futuro. In un universo senza controllo è impossibile dare un senso a tutto ciò che succede, però è inevitabile che esistano dei legami. Da qualche parte, forse in una dimensione che sta altrove dall’essere umano, tutto si muove nell’equilibrio della potenza e ogni azione sposta, crea e allo stesso tempo distrugge. Da anni chi vive sulla Terra prova a trovare delle risposte alle domande che il cosmo crea. Scienza, religione, filosofia, storia e tutte le altre materie che provano a trovare una soluzione alle domande che tormentano i pensieri di ogni generazione.

Quanto è difficile accettare di essere qualcosa di incredibilmente piccolo davanti all’infinito. Altro che un chicco d’uva, un granello di sabbia o una molecola. Siamo molto di più, fatti di carne anima e ossa, ma allo stesso tempo la nostra presenza è un puntino invisibile nella storia del mondo.

Utilizzando il pensiero, aggrappandosi a delle risposte prestabilite che ci hanno dato chi ci ha preceduto, non si riesce comunque ad uscire da questo abisso che brucia. Sfuggire dalla propria esistenza è un processo doloroso e tutto sommato, autodistruttivo. Oggi siamo vittime del momento e domani chissà.

In questa spirale di angoscia si ci può aggrappare a delle mani che prima stringono le dita, in una presa ferrea, dando una sensazione di sicurezza. Alla fine il tempo però ha la meglio e il freddo inizia a diventare insopportabile. Piano piano si aprono le prime crepe e bisogna lasciarsi andare, ricadendo di nuovo in un abisso profondo, dentro ad un buio senza fine.

Nei ricordi però continuerà a vivere per sempre una certa illusione, il momento perfetto che rimane lì, tragico e beffardo mentre tutto il resto esiste ancora, in una forma diversa, dentro nuovi spazi o nascosto nell’impossibile. Si viene trascinati via da tutte quelle storie vissute, a volte rimanendone intrappolati dentro o liberandosi, sacrificando qualche segno sulla pelle.  In questo buco nero di materia e momenti la voce diventa qualcosa di silenzioso. Anche sforzandosi, provando a buttare fuori tutta l’aria dai polmoni, diventa impossibile non solo urlare, ma persino emettere un debole flusso di suoni. Il grido diventa una carezza muta.

I più fortunati sono anche quelli più coraggiosi perché cedendo all’amore sono pronti a morire ogni giorno davanti ad un bacio o ad un momento perfetto solamente quando si può condividere.

Anche per loro però esistono un sacco di domande senza risposta, anzi questa follia sembra luce all’apparenza e poi, diventa vetro tagliente, che solo sfiorandolo provoca varie e profonde emorragie. Tutto quel nero dell’esistenza inizia a brillare di sangue, gronda fino alle viscere del pensiero creando, in questa spirale di sofferenza, illusione almeno per un momento. Ed è così che una coppia di giovani prova a diventare grande, senza lasciarsi spaventare dalle aspettative oppure chi ormai ha già percorso la sua strada, tenta, con fatica, di rimanere sui suoi passi, cercando di rallentare sempre di più, evitando però la tentazione di fermarsi.

Il per sempre rimarrà ad osservare 8 miliardi di persone che corrono come animali terrorizzati mentre sta bruciando la gabbia che invece di proteggerli, continua a tenerli prigionieri. L’uomo diventa un pericolo per se stesso e gli altri quando si trova costretto a rincorrere il suo istinto o viene messo spalle al muro dalla ragione, e così, chiudere gli occhi si trasforma in una sorta di rituale ancestrale dentro al quale il buio diventa solo un colore.

Questo silenzio scatena un flusso di pensieri che si muovono scontrandosi tra loro, come lettere impazzite nel vuoto cosmico. È in questo caos muto che si apre, quasi da sola, una pagina nascosta di un vecchio libro. Le parole iniziano a raccontare segreti provenienti da molto lontano, da una terra fredda e desolata, che non compare su nessuna mappa.

Laggiù, ai confini con il bosco, dove l’inverno non finisce mai e il vento conosce tutti i nomi dimenticati, sorge una piccola casetta. Al suo interno, ogni anno allo scoccare dell’ultima mezzanotte, due spiriti si trasformano, mutando aspetto, forma e voce. Queste due entità, legate da una simbiosi ancestrale, riescono sempre a ritrovarsi. A volte bastano pochi rintocchi dell’orologio altre serve attendere il giusto tempo, ma l’incontro avviene sempre.

Quella volta, però, qualcosa andò diversamente.

Nella cucina, seduto su una sedia, c’era un uomo. Bello, composto, vestito con cura. I suoi occhi fissavano il vuoto. Né lui, né l’altra entità, presente, ma invisibile, si accorsero subito di ciò che era cambiato. Il miracolo si era compiuto, la trasformazione era avvenuta eppure qualcosa era sbagliato. Erano entrambi lì, ma non riuscivano più a vedersi. Non si riconoscevano.

L’uomo restava in silenzio. Ogni giorno si svegliava e aspettava. Non sapeva esattamente cosa. Forse un segno. Forse uno sguardo. Forse un nome.

Poi, in una giornata di pioggia gelida, il silenzio fu interrotto da un tonfo improvviso nella libreria. Il rumore lo fece sobbalzare. Il caffè si rovesciò, nero e amaro sul legno antico. L’uomo corse verso la stanza accanto. Il cuore batteva come non accadeva da anni. Forse era giunto il momento. Quel primo incontro, ancora una volta.

Aprì la porta. Nulla.

Solo polvere, libri e un odore di carta antica. Nessuna presenza, nessun calore. Solo l’eco di un’assenza che si faceva sempre più reale. E così, per la prima volta, iniziò a sentire il peso della solitudine. Non quella conosciuta, amica silenziosa di chi si isola. Ma una nuova forma di vuoto, più crudele, che risucchiava il senso stesso dell’attesa.

Le sue mani iniziarono a perdere forza, le gambe si facevano stanche. Non sentiva più il bisogno di alzarsi, di cercare, di capire. Il tempo, lentamente, stava sgretolando ogni speranza.

Poi, nel gesto disperato di chiudere quella porta per sempre, accadde qualcosa. Il legno sbatté con forza e un libro cadde a terra. Una copertina conosciuta: “L’Idiota” di Fëdor Dostoevskij. Si chinò, con fatica, e lo raccolse. Tra le pagine impolverate, un piccolo foglio sporgeva.

Non era parte del libro. Era un messaggio. Scritto con una grafia sottile, quasi tremante:

“Ora sono altrove. Sono dov’ero.
Sono dove resterò per sempre.
Adesso il mio grido è una carezza muta.”

L’uomo chiuse gli occhi. E per la prima volta da tempo immemore, pianse. Ma non per dolore. Pianse per qualcosa che sfuggiva alle parole, qualcosa che stava al confine tra ciò che era reale e ciò che non sarebbe mai tornato.

RACCONTO LIBERAMENTE ISPIRATO AL BRANO A SILENT CARESS DI FUNGHETTO

L'articolo A silent caress | Indie Tales proviene da Indie Italia Magazine.

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