Spese legali dipendenti enti locali: Cassazione chiarisce quando scatta rimborso

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La Corte di Cassazione ha fissato un principio di diritto di grande rilievo per tutti i dipendenti degli enti locali: il diritto al rimborso a seguito di spese legali.
Si parte da una controversia tra un ex dirigente comunale e l’amministrazione presso cui aveva lavorato, che ha offerto l’occasione per chiarire una questione spesso controversa: quando un ente locale è obbligato a farsi carico delle spese legali di un proprio dipendente coinvolto in un procedimento giudiziario per fatti legati al servizio.
Il nodo centrale riguarda il rimborso degli onorari legali quando un lavoratore pubblico, coinvolto in un processo penale o civile per attività svolte nell’esercizio delle sue funzioni, viene poi dichiarato estraneo alle accuse. In casi simili, molti dipendenti ritengono che l’amministrazione debba coprire integralmente le spese sostenute per difendersi. Ma la Cassazione ha precisato che le cose non stanno così in maniera automatica.
Il caso: un responsabile finanziario assolto ma senza rimborso
La vicenda che ha dato origine al pronunciamento riguarda un ex responsabile del settore economico-finanziario del Comune di Valguarnera Caropepe, in provincia di Enna. Nel periodo in cui ricopriva quell’incarico, era stato coinvolto in un’inchiesta penale per presunti comportamenti omissivi nell’ambito delle sue funzioni. Il procedimento si era concluso con una sentenza di non luogo a procedere per insussistenza del fatto.
Nonostante l’assoluzione, il Comune aveva rifiutato di rimborsargli i costi sostenuti per la difesa, pari a quasi 6.000 euro. Da qui la causa civile, avviata davanti al Tribunale di Enna, proseguita poi in appello a Caltanissetta e infine approdata in Cassazione, dopo due pronunce sfavorevoli.
La questione legale: chi decide l’avvocato e quando scatta l’obbligo dell’ente
Il punto di attrito era uno: l’amministrazione può negare il rimborso delle spese legali se il dipendente sceglie da solo il proprio difensore senza prima avvisare l’ente?
Secondo la tesi del ricorrente, le norme regionali siciliane (legge regionale n. 145/1980 e successive modifiche) avrebbero riconosciuto un diritto al rimborso pieno, senza alcun vincolo sulla preventiva comunicazione del nominativo del legale. A suo avviso, l’unico limite doveva riguardare la presenza di un conflitto di interessi tra lui e il Comune, ipotesi che non sussisteva.
I giudici di merito, invece, avevano ritenuto che la normativa contrattuale nazionale, e in particolare l’articolo 28 del CCNL del 14 settembre 2000 per le Regioni e le Autonomie Locali, imponesse regole precise: per ottenere la copertura legale, il dipendente deve informare per tempo l’ente, comunicare il nominativo del difensore e ottenere un’esplicita approvazione, così da assicurare che la difesa sia svolta nell’interesse sia del lavoratore sia dell’amministrazione.
La Cassazione: niente rimborso per chi sceglie da solo
La Suprema Corte ha confermato l’impostazione dei giudici territoriali, sottolineando che il diritto al rimborso non è incondizionato. Gli oneri per la difesa, infatti, devono essere sostenuti dall’ente solo se questo è messo nelle condizioni di intervenire fin dall’inizio, verificare l’assenza di un conflitto di interessi e designare un avvocato condiviso.
Se, invece, il dipendente decide autonomamente a chi affidare la propria difesa, senza aver prima coinvolto l’ente, quest’ultimo non è obbligato a restituire i costi. Lo stesso principio vale anche quando la nomina dell’avvocato viene comunicata solo successivamente, a procedimento già in corso.
La Corte ha chiarito che questa regola non è una formalità burocratica, ma uno strumento per bilanciare due interessi contrapposti: da un lato, quello del lavoratore che rischia conseguenze economiche e personali per vicende legate al servizio; dall’altro, quello dell’amministrazione che deve tutelare anche i propri interessi, evitando spese non necessarie o duplicazioni di difesa.
Assoluzione non basta: conta la valutazione “ex ante”
Un passaggio significativo dell’ordinanza riguarda l’effetto dell’assoluzione. Secondo i giudici, il fatto che il dipendente sia stato riconosciuto estraneo alle accuse non fa scattare automaticamente il diritto al rimborso. La valutazione dell’assenza di conflitto di interessi deve essere fatta in anticipo (“ex ante”), prima dell’avvio della difesa, e non può essere sostituita da un controllo a posteriori basato sull’esito del processo.
Questo approccio, ha spiegato la Cassazione, riflette una linea interpretativa consolidata: il sistema di pubblico impiego non riconosce un diritto assoluto e illimitato al rimborso delle spese legali, ma lo subordina a condizioni ben precise fissate dalla legge e dalla contrattazione collettiva.
Il principio di diritto fissato dalla Corte
La decisione si conclude con un principio generale, destinato a orientare futuri contenziosi: nelle controversie che coinvolgono i dipendenti di enti locali, l’amministrazione non è tenuta a coprire i costi di difesa se il lavoratore ha nominato un avvocato di propria iniziativa, senza aver prima ottenuto l’assenso dell’ente. Lo stesso vale quando la comunicazione avviene solo dopo la nomina.
In altre parole, la garanzia di assistenza legale è un meccanismo di tutela che richiede collaborazione tra lavoratore e datore di lavoro pubblico. Solo rispettando le procedure previste è possibile pretendere che la collettività si faccia carico delle spese.
Un chiarimento che pesa su molti enti locali
Il pronunciamento avrà ricadute pratiche importanti, soprattutto per i Comuni e le altre amministrazioni locali spesso coinvolte in contenziosi con ex dipendenti. Chiarisce infatti che non basta dimostrare l’estraneità ai fatti contestati per ottenere il rimborso: è necessario dimostrare di aver rispettato tutte le formalità previste.
Un dettaglio non secondario in un contesto dove le spese legali, anche per processi conclusi con assoluzione, possono raggiungere cifre significative. La decisione rappresenta dunque un invito alla prudenza: per i lavoratori, a informare tempestivamente l’ente; per le amministrazioni, a predisporre procedure chiare e tempestive per gestire queste situazioni delicate.
Il testo della sentenza
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