Calderoli tira dritto sui LEP, ma sempre meno italiani favorevoli all’Autonomia differenziata
lentepubblica.it
A tener conto della cronaca degli ultimi mesi, la discussione sull’Autonomia differenziata sembrerebbe finita su un binario morto: Calderoli tira ancora una volta dritto sui LEP, ma sempre meno italiani paiono favorevoli.
La sensazione è dovuta principalmente a due fatti, apparentemente opposti, ma che hanno entrambi contribuito a distogliere l’attenzione su un tema rimasto caldissimo per almeno un anno e mezzo.
Da un lato la sentenza della Corte costituzionale n. 192 del 3 dicembre 2024, che di fatto ha bloccato l’applicabilità della legge n. 86/2024, dichiarandone l’illegittimità costituzionale di intere parti e la necessità di un’interpretazione costituzionalmente orientata per molte altre.
Dall’altro la successiva pronuncia n. 10 pubblicata il 7 febbraio 2025, con cui la stessa Consulta ha dichiarato l’inammissibilità del referendum abrogativo sulla norma Calderoli, fondando la decisione proprio sul presupposto che questa fosse stata praticamente disarticolata dalla precedente sentenza sul merito.
Quindi per il progetto di regionalismo differenziato si è giunti al capolinea? Tutt’altro, ed è bene tenere alta l’attenzione su quanto sta veramente accadendo.
Il nodo dei LEP e il lavoro sottotraccia di Calderoli
È indubbio che lo stop al referendum sull’Autonomia fece tirare un bel sospiro di sollievo ai partiti del centrodestra, poiché quell’appuntamento avrebbe acuito lo scontro politico tra gli schieramenti, nonché creato più di qualche imbarazzo alla stessa coalizione di Governo.
Inoltre, un esito positivo per l’abrogazione avrebbe prodotto una battuta di arresto ferale per le aspirazioni leghiste, con contraccolpi alquanto rischiosi per gli equilibri interni alla stessa maggioranza.
Ma la consultazione popolare non c’è stata e a fronte di questa situazione sembra essersi decisa la strada della prudenza, lavorando sottotraccia per quei provvedimenti che, cercando di superare le censure dei giudici costituzionali, vorrebbero ravvivare nell’immediato alcuni obiettivi del progetto, senza però riaccendere lo scontro che di sicuro si produrrebbe verso un nuovo testo normativo di carattere generale.
E proprio in questa direzione sembra andare il disegno di legge del ministro Calderoli, approvato dal Consiglio dei ministri il 19 maggio, con una delega al Governo contenente princìpi e criteri per la definizione dei LEP.
Ne ho già accennato in un precedente articolo su questa testata.
Si vorrebbero affrontare così i principali nodi sollevati dalla sentenza della Corte costituzionale del dicembre 2024, mantenendo nello stesso tempo latente il piano complessivo di autonomia differenziata. Quindi, per il momento, si lavora abbassando i toni, anche se resta possibile che la compagine della Lega possa approfittare per rimetterlo sul tavolo quando bisognerà fare quadrato in Parlamento sulle altre riforme care ai partener di Forza Italia e Fratelli d’Italia (giustizia, premierato o modifica della legge elettorale per i comuni).
Ma intanto l’Autonomia piace sempre di meno agli italiani
Il diniego della Consulta verso il quesito abrogativo ha prodotto una comprensibile delusione tra i promotori. Tra l’altro non è da escludere che pure la partecipazione degli elettori all’appuntamento dell’8 e 9 giugno scorsi avrebbe potuto raggiungere numeri più alti nel caso si fosse votato anche sull’Autonomia differenziata.
Sembra che comunque l’impegno profuso per la raccolta delle firme, la discussione che si è sviluppata in questi mesi e le azioni intraprese per la promozione della consultazione popolare abbiano fatto crescere una maggiore consapevolezza dei cittadini sul tema, tanto da modificare nel corso del tempo anche l’opinione su di esso.
Lo si può desumere da un recente sondaggio condotto da Demos, dal quale emerge che 6 italiani su 10 si dichiarano contrari all’introduzione dell’Autonomia differenziata per le Regioni ordinarie.
Analizzando i dati nello specifico, infatti, si trova conferma proprio di come questi dissensi siano aumentati in corrispondenza della battaglia politica seguita all’approvazione della normativa.
I favorevoli alla riforma si attestavano al 50-51% nel periodo settembre/dicembre 2023, per poi scendere al 44% nel febbraio 2024 e crollare al 35% nel settembre dello stesso anno, ossia proprio nel momento di massimo scontro sulla legge e di mobilitazione per la raccolta firme sulla richiesta di referendum.
Inoltre, rimangono evidenti le differenze territoriali, con più del 60% di cittadini favorevoli nelle Regioni del Nordest, mentre si scende al 46% nel Nordovest, sotto il 30% nel Centro nord, al 25% nel Centro sud e al 38% nel Sud e Isole.
Ora, come si diceva, questa percentuale è risalita al 40% su base nazionale, ma tale risultato sembrerebbe riferibile a un giudizio generico sul progetto di federalismo e non a quanto era previsto nello specifico dalla legge Calderoli.
Al di là delle apparenze, pertanto, ho pochi dubbi che di regionalismo differenziato si tornerà a parlare.
Anche perché non appena terminato il lavoro sui LEP avviato con il nuovo d.d.l. sarà fondamentale comprendere quanto questo risponda davvero ai princìpi dettati dalla Costituzione e alle censure comminate dalla Corte sulla precedente legge Calderoli.
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