Catania, assolto ex docente accusato di molestie: "seno toccato solo con i palmi"

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Sette studentesse avevano accusato un ex docente di Medicina all’Università di Catania per molestie: i giudici lo hanno assolto perché aveva toccato i seni non intenzionalmente e solo con i “palmi” della mano. Bufera politica e indignazione pubblica.
Una sentenza del Tribunale di Catania riapre il dibattito su come la giustizia italiana affronta le denunce di violenza sessuale nei contesti di potere e subordinazione.
Un processo durato quasi un decennio si è concluso con una sentenza destinata a far discutere. Il Tribunale di Catania ha assolto un ex docente universitario della facoltà di Medicina accusato di violenza sessuale da parte di sette sue ex studentesse e tirocinanti. I fatti contestati sarebbero avvenuti tra il 2010 e il 2014 nei locali dell’ospedale Vittorio Emanuele Ferrarotto, all’epoca sede universitaria. La procura ha già annunciato ricorso.
Catania, assolto ex docente accusato di molestie: “seno toccato solo con i palmi”
L’uomo, oggi 67enne e in pensione, era stato denunciato per una lunga serie di episodi descritti come molesti, sia di natura fisica sia verbale. Tra questi, un’accusa secondo cui avrebbe avvicinato una studentessa alle spalle in un corridoio e le avrebbe toccato il petto con i palmi delle mani, per poi baciarla sulle guance con la scusa di porgerle auguri di compleanno. Un gesto ritenuto dal tribunale non sufficiente a configurare un reato, poiché – si legge nelle motivazioni – non vi sarebbe stata “pressione” né “certezza della volontarietà”.
Una delle parti più discusse della sentenza riguarda il principio secondo cui, in assenza di una reazione esplicita di dissenso da parte delle vittime, il reato non sussisterebbe. Una tesi che ha suscitato reazioni di sgomento, soprattutto alla luce del contesto di squilibrio gerarchico e della condizione di subordinazione delle giovani donne coinvolte.
Nel testo della decisione, i giudici – due dei quali donne – non hanno negato che il comportamento del docente fosse “predatorio” e “ossessivo” nei confronti delle ragazze. Tuttavia, hanno sottolineato che ogni episodio andava valutato singolarmente per verificare se rientrasse nella definizione penale di violenza sessuale. Alla fine, nessuno dei diciannove episodi è stato ritenuto sufficientemente grave o inequivocabile per portare a una condanna.
Durante il dibattimento, una delle studentesse ha raccontato episodi di avance insistenti e contatti indesiderati. Ha riferito che, durante una lezione, mentre si chinava per prendere il libretto universitario, il docente si sarebbe strusciato su di lei. In aula ha detto di essersi sentita derisa, accusando la corte di non aver preso sul serio le sofferenze delle presunte vittime: “Ad ogni passaggio, la cicatrice si allargava”.
La bufera arriva in Parlamento
Il clamore suscitato dal verdetto è arrivato fino al Parlamento. La senatrice Dafne Musolino ha espresso pubblicamente il proprio sconcerto:
“Sono indignata per l’assoluzione. Le accuse erano gravi e fondate, ma il tribunale ha scelto di non riconoscere il dissenso delle vittime come elemento sufficiente. Presenterò un’interrogazione parlamentare e chiedo al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, di inviare ispettori al Tribunale di Catania”.
La vicenda riaccende il dibattito sulla difficoltà, per molte donne, di vedere riconosciuta giustizia nei casi di molestie sul luogo di lavoro o di studio. Una difficoltà che si accentua quando a essere giudicati sono comportamenti ambigui, al confine tra abuso di potere e inadeguatezza relazionale, e quando la giurisprudenza sembra ancora troppo ancorata a una visione rigida del consenso.
In attesa del giudizio d’appello, rimane una sensazione di frustrazione tra le giovani che avevano trovato il coraggio di denunciare. Per loro, come per molti osservatori, questo processo rischia di rappresentare non solo una sentenza, ma un messaggio scoraggiante per tutte le altre che, in futuro, vorranno parlare.
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