Chi era Laura Braghetti, non solo carceriera di Aldo Moro: le molte vite dell’ex brigatista

Novembre 7, 2025 - 11:00
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Chi era Laura Braghetti, non solo carceriera di Aldo Moro: le molte vite dell’ex brigatista

Anna Laura Braghetti, uccisa ieri da un cancro veloce e assassino a 72 anni, era una brigatista irriducibile secondo i criteri e la neolingua coniata negli anni dell’emergenza e mai più abbandonata. Non si era “pentita” né dissociata, non aveva mai denunciato nessuno né aveva rinnegato in pubblico le scelte fatte quando aveva 24 anni.

In una realtà più vera Anna Laura era una donna pentita non per modo di dire, convinta di aver sbagliato non solo politicamente ma soprattutto eticamente. Voleva essere dimenticata. Voleva che di lei non si parlasse più perché non voleva che le restasse addosso l’immagine legata a quella fase della sua vita, distante dalla donna che era diventata. Nel 1998 il libro che aveva scritto con la giornalista Paola Tavella sulla prigionia di Aldo Moro, Il prigioniero, era stato un grande successo editoriale dal quale Marco Bellocchio aveva tratto il film Buongiorno notte. Avrebbe continuato a vendere bene se fosse stato ripubblicato. Laura non lo permise, da anni si opponeva a ogni riedizione e a ogni uso di quel libro nonostante richieste e insistenze.

La sua era una missione impossibile. Se si è indissolubilmente legata al principale delitto politico italiano e a una delle poche vere tragedie in senso classico di questo Paese non ci si può far dimenticare. Dal sequestro Moro Anna Laura Braghetti non poteva distaccarsi. Era stata lei ad affittare l’appartamento di via Montalcini nel quale fu tenuto per 55 giorni Aldo Moro. Non era ancora una brigatista regolare, non era clandestina, aveva un lavoro. L’ex fidanzato Bruno Seghetti le propose di affittare quell’appartamento, poi ne parlò con Valerio Morucci, infine conobbe Mario Moretti. Sarebbero stati tutti e tre in via Fani il 16 marzo 1978. Nell’appartamento si prese cura del prigioniero, senza mai rivolgergli la parola, guardandolo solo dal buco della serratura.

La storia di Laura Braghetti prima di diventare “la carceriera di Moro” è uguale a quella di decine di altre donne e uomini che negli anni 70 presero le armi: le assemblee e i cortei di movimento, un paio d’anni di militanza in Lotta continua, un fugace passaggio nel Pci, il rapporto politico e sentimentale con Seghetti. Neppure la parabola successiva ai 55 giorni si scosta dai percorsi tipici, tutti uguali, dei “terroristi rossi”. Non aveva sparato in via Fani e neppure in quel garage di via Montalcini dove Mario Moretti e Germano Maccari “eseguirono le sentenza” che aveva condannato a morte il loro prigioniero. Lo fece però dopo i 55 giorni. Entrata in clandestinità subito dopo l’uccisione di Moro, era tra quelli che il 3 maggio 1979 attaccarono la sede del Comitato elettorale della Dc in piazza Nicosia: nella sparatoria che seguì l’irruzione furono ammazzati due agenti. Sparò di persona e per prima al vicepresidente del Csm Vittorio Bachelet, sulle scale della facoltà di Scienze politiche a Roma, il 12 febbraio 1980, meno di quattro mesi prima di essere arrestata, il 27 maggio. In carcere sposò Prospero Gallinari, firmò qualche comunicato fiammeggiante, fece la parte dell’irriducibile.

È questa la parte della vita di Anna Laura Braghetti che verrà ricordata e forse è inevitabile ma non per questo meno ingiusto. Bisognerebbe invece capire il percorso che dall’interno del carcere l’ha portata a diventare una persona diversa restando allo stesso tempo sempre se stessa: una donna molto forte e molto buona, una donna altruista e pragmatica che voleva migliorare la vita degli altri e ha cercato di farlo con ogni mezzo dopo il carcere. A cambiarla fu il rapporto e il perdono della famiglia Bachelet: del figlio della vittima Giovanni, che al funerale del padre pregò per chi lo aveva ucciso, del fratello gesuita di Vittorio Bachelet, Adolfo, con cui strinse un rapporto fortissimo: “Da lui ho avuto una grande energia per ricominciare, e un aiuto decisivo nel capire come e da dove potevo riprendere a vivere nel mondo e con gli altri. Ho capito di avere mancato, innanzitutto, verso la mia umanità, e di aver travolto per questo quella degli altri”, avrebbe ricordato in seguito e sul letto di morte Adolfo Bachelet la volle vicina: «Io muoio, ma non ti lascio sola, perché c’è sempre mio fratello Paolo».

A cambiarla fu probabilmente anche il rapporto di sorellanza sincera con Francesca Mambro, terrorista nera conosciuta in carcere, una nemica, poi un’amica, infine una sorella. Insieme hanno scritto un libro che oggi sarebbe probabilmente impossibile, Nel cerchio della prigione. Sono rimaste vicine sino all’ultimo giorno di vita di Laura. Uscita dal carcere negli anni 90, prima con il lavoro esterno e i permessi, poi con la semilibertà e infine dal 2002 con la condizionale, Anna Laura Braghetti si era ricostruita una vita ispirata agli stessi valori che aveva pensato di perseguire con le armi ma con strumenti del tutto diversi: prima all’Arci-Ora d’aria, poi fondando la cooperativa Pronto Intervento Detenuti che si occupava non solo del reinserimento dei carcerati ma anche dell’intera area dello svantaggio sociale. Era instancabile ed efficientissima. Meriterebbe di non essere ricordata solo come la brigatista che era stata.

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia