Chi sono i fratelli Ramponi accusati dell’esplosione di Castel d’Azzano: la crisi della famiglia di agricoltori e i precedenti

Da tempo sulla famiglia gravava una crisi finanziaria, difficoltà economiche che aveva portato già in due occasioni gli ufficiali giudiziari a tentare lo sfratto dal casolare di famiglia. I fratelli Franco, Dino e Maria Luisa Ramponi già lo scorso anno, il 24 novembre 2024, minacciarono il “folle gesto” poi effettivamente compiuto questa notte, quando hanno fatto saltare in aria la loro casa all’arrivo delle forze dell’ordine intervenute per l’ordine di sgombero dell’edificio a Castel d’Azzano, provincia di Verona, provocando la morte di tre carabinieri e il ferimento di altri 15 tra militari e vigili del fuoco.
Per i tre agricoltori, arrestati dopo l’esplosione e che hanno riportato ustioni, quella casa “era uno dei pochi beni che avevano”, racconta oggi il vicesindaco di Castel d’Azzano, Antonello Panucci. “Non volevano abbandonare la casa ma c’era un ordine del giudice di eseguire lo sgombero. Quindi carabinieri e polizia di Stato vi hanno dato esecuzione”, aggiunge il vicesindaco. “In Comune si conosceva la situazione della famiglia ed eravamo pronti ad accoglierli in qualche sistemazione provvisoria in strutture qui nella zona. In realtà non erano soggetti fragili, non c’erano minori e nemmeno anziani”, ha aggiunto Panucci.
Problemi erano già emersi nel novembre dello scorso anno, due episodi simili quando era stato tentato lo sgombero in cui la casa venne saturata di gas. Prima ad ottobre e poi il 24 novembre i tre fratelli si erano opposti all’arrivo dell’ufficiale giudiziario aprendo una bombola di gas: Franco e Maria Luisa erano anche saliti sul tetto, mentre uno dei tre fratelli si era anche cosparso di benzina minacciando di darsi fuoco. Sul posto erano arrivati i vigili del fuoco, carabinieri e polizia locale, che dopo una mediazione avevano evitato il peggio.
Anche in questa occasione si è ripetuto quel modus operandi, che però ha provocato una strage. Le bombolo di gas e quel che resta di alcune molotov sono state rinvenute nella casa colonica esplosa: in particolare i vigili del fuoco hanno recuperato 5 bombole che erano state collocate in più stanze della casa. La casa era satura di gas fatto uscire, si presume, da più bombole vista la potente deflagrazione che ha fatto crollare lo stabile.
A emanare lo sfratto esecutivo dal casolare di via San Martino era stato il tribunale di Verona. Secondo il quotidiano l’Arena Franco Ramponi, titolare della ditta individuale “Ramponi Franco” dedita alla coltivazione di cereali, legumi da granella e semi oleosi, era un debitore infedele: “Il tribunale mi contesta di non essere rientrato da un debito fatto con la banca, ma che io non ho firmato – diceva all’epoca Franco Ramponi all’Arena – È stato mio fratello Dino ad accedere al prestito che non ha onorato, solo che ha firmato col mio nome, perché sono io il proprietario. Ci sono perizie calligrafiche che parlano chiaro: quella non è la mia firma”.
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