Cosa succede se ChatGPT diventa il nostro psicologo?
Ci aiuta quando abbiamo bisogno di un’idea per una ricetta, corregge le nostre mail, si assicura che quello che traduciamo sia giusto. L’intelligenza artificiale, che ci piaccia o no, è entrata a far parte della nostra vita. E ci sa aiutare. È entrata nella nostra quotidianità, sono tante infatti le persone che ne fanno uso per diverse cose – proprio perché lo vedono come uno strumento di sostegno, per diverse attività. Ammettiamolo: è disponibile, non esprime giudizi (a meno che siano richiesti) ed è pronta a soddisfare ogni nostra richiesta.
Ma siccome per alcune persone è arrivata addirittura a sostituire la figura dello psicologo, forse ci siamo spinti un po’ oltre. In questo articolo proveremo ad affrontare l’argomento, promesso: senza giudizio. Proprio come farebbe anche ChatGPT.
Viene spontaneo chiedersi: si può davvero simulare anche l’intelligenza emotiva? Cosa resta dunque dei rapporti umani e della sensibilità?
Intelligenza artificiale o emotiva?
Nato come modello di linguaggio per rispondere a domande, semplificare testi e generare contenuti, ChatGPT – e più in generale l’AI conversazionale – è diventato, per alcune persone, una sorta di terapeuta virtuale. Su TikTok spopolano video dove utenti raccontano la loro esperienza: utilizzano l’AI per sfogarsi, raccontare le loro vicende personali, e persino comprendere l’affinità di coppia (allegando screenshoot delle conversazioni…).
Tanti utenti raccontano di essersi aperti come non farebbero con nessuno. Il motivo? È più facile: ChatGPT non ha un volto, non giudica, è veloce, sa dare risposte concrete dopo aver analizzato ogni situazione. E così ci si sente ascoltati. È disponibile a ogni ora, e non si devono aspettare giorni o settimane per ricevere un consulto. Diventa un tutto e subito, uno strumento che risponde a noi e ai nostri bisogni.
Tante persone sono spaventate dal fatto che possa sostituire professioni umane, ma mai ci si era immaginati che avrebbe potuto farlo anche con la figura di uno psicoterapeuta. Sarà così? Possiamo davvero affidare la nostra salute mentale a un sistema di algoritmi?
In terapia non si ricevono risposte, ma si cerca di capire quali siano le domande giuste
Abbiamo sempre usato Internet per rispondere alle nostre domande. Perfino alle più banali. Prima c’era Google, oggi c’è anche ChatGpt. Lo facciamo da sempre. Ma è interessante notare come l’AI sia ancora più precisa di Google, e come riesca a rispondere in modo mirato a ogni nostra domanda. Aldilà dello schermo non ci sono articoli o siti su cui trovare risposte, c’è un sistema che ci risponde, che ci chiama per nome, e che memorizza le nostre informazioni. Se ci sentiamo confusi o spaesati, bastano pochi secondi per digitare una domanda e ricevere una risposta. Ma questo non è paragonabile alla terapia.
Di fatto, nell’immaginario comune si pensa che la terapia possa servire a risolvere i nostri problemi e a trovare risposte alle nostre domande. E, molto spesso – ed erroneamente, si pensa anche che figure professionali come psicologi e psicoterapeuti siano pronti a rispondere alle nostre domande. Ma non è così. Si va in terapia per ricevere risposte? No. Si inizia un percorso di terapia per imparare a porsi le domande giuste.
E l’equivoco nasce proprio qui: nella sovrapposizione tra l’ascolto terapeutico e la risposta rapida dell’AI. Nell’immaginario collettivo, spesso si pensa che la terapia sia uno spazio dove si ricevono risposte dal terapeuta, ma non è affatto così. La terapia è uno spazio personale e intimo, dove il terapeuta non è di fronte a noi per darci sollievo momentaneo e una risposta rapida a tutte le nostre domande. Ed è importante comprenderlo.
L’importanza delle domande giuste

Foto Getty Images
Accettiamolo: la terapia non è il posto per trovare risposte ai nostri quesiti personali. È un percorso lento, per cui serve tempo. Uno spazio sicuro in cui ci si può permettere di essere fragili, incoerenti, autentici, felici. Lo psicologo non ha risposte definitive, ma ha gli strumenti per accompagnarci alla comprensione di esse. Ci aiuta a formulare le domande giuste, e poi sta a noi: con la nostra intelligenza emotiva.
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