Elia Del Grande, la lettera del fuggitivo: “Case lavoro peggio del carcere, sono i vecchi OPG, ecco perché sono scappato”
Elia Del Grande aveva scritto già altre volte al giornale locale di Varesenews. Questa volta però non lo ha fatto da recluso, da condannato per l’omicidio dei genitori e del fratello, ma da uomo in fuga dallo scorso due novembre. È ancora ricercato, di lui nessuna traccia. “Oggi tutte le cronache mi definiscono come il serial killer, il pazzo assassino che è sfuggito senza la minima remora e controllo, additandomi di tutte le cose del passato senza informarsi prima su cosa ho fatto da quando sono stato scarcerato il 16 luglio 2023, questo e molto altro mi hanno spinto a provare il tutto per tutto pur di uscire da quella situazione”, ha scritto nella sua lettera spiegando le ragioni della sua fuga dalla casa lavoro di Castelfranco Emilia.
“Il mio gesto è dovuto alla totale inadeguatezza che ancora incredibilmente sopravvive in certi istituti, come le case lavoro, che dovrebbero tendere a ri-socializzare e reinserire con il lavoro, per l’appunto cosa che non esiste affatto, le case lavoro di oggi sono in realtà i vecchi OPG (gli ospedali psichiatrici giudiziari, ndr) dismessi nel 2015 grazie una legge stimolata da qualcuno che ha voluto aprire gli occhi su quello scempio che era ancora in essere, cosa che non è accaduto per le case al lavoro che in realtà sono recipiente di coloro che hanno problemi psichiatrici e che non hanno posto nelle Rems (Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza, ndr)”.
Del Grande ha ricordato di aver scontato 25 anni e 4 mesi di reclusione, era stato condannato a 30 per l’omicidio dei fornai di Cadrezzate. Padre, madre e fratello, uccisi a fucilate nel 1998. Era stato sottoposto a libertà vigilata una volta uscito dal carcere nell’estate 2023 con uno sconto di pena. Si divideva tra Sardegna e varesotto. Lo scorso 23 settembre era stato fermato e portato alla casa lavoro, una struttura a custodia attenuata dove molti escono durante il giorno per lavorare. Doveva passarci sei mesi. “Pago ancora fortemente lo scotto del mio nome e di ciò che ho commesso, mi ritengo amareggiato perché vorrà dire che qualsiasi pena uno possa pagare in questo Paese, comunque tu rimarrai sempre la persona responsabile del gesto commesso”. Ha aggiunto di aver apprezzato VareseNews in quanto l’unica testata giornalistica che ha “ha messo in evidenza che non è un evasione e che non vi è una realtà penale perseguibile ma che è solo un semplice allontanamento”.
Del Grande si trovava a Castelfranco Emilia perché ritenuto socialmente pericoloso. Sarebbe fuggito grazie a una fune di cavi elettrici. La sua lettera è anche una descrizione della vita e delle attività all’interno delle case lavoro. “Le case di lavoro oggi sono delle carceri effettive in piena regola con sbarre cancelli e polizia penitenziaria, orari cadenziati, regole e doveri. Con la piccola differenza che chi è sottoposto alla casa di lavoro non è un detenuto, bensì un internato“. Ha anche attaccato la magistratura di sorveglianza. “Avevo ripreso in mano la mia vita, ottenendo con sacrificio un ottimo lavoro dando tutto me stesso in quel lavoro che oggi mi hanno fatto perdere senza il minimo scrupolo, mi riferisco alla magistratura di sorveglianza, avevo ritrovato una compagna un equilibrio i pranzi le cene il pagare le bollette le regole della società, tutto questo svanito nel nulla per la decisione di un magistrato di Sorveglianza, che mi ha nuovamente rinchiuso facendomi fare almeno mille passi indietro riproponendomi soltanto la realtà repressiva carceraria, anzi quella delle case lavoro è ben peggio
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