Francia. Rapporto dimostra la presenza pervasiva della Fratellanza Musulmana

Maggio 24, 2025 - 23:00
 0
Francia. Rapporto dimostra la presenza pervasiva della Fratellanza Musulmana

di Giuseppe Gagliano

In Francia un rapporto classificato ha riportato alla luce una realtà che da anni serpeggia sotto la superficie delle cronache ufficiali: la presenza pervasiva della Fratellanza Musulmana sul territorio nazionale, non più come oggetto d’indagine marginale ma come questione di sicurezza nazionale. La novità non è tanto l’esistenza del fenomeno, da tempo nota ai servizi di sicurezza, quanto la tardiva legittimazione istituzionale della sua pericolosità. Come se la Repubblica si svegliasse improvvisamente da un sonno indotto, denunciando con gravità ciò che fino a ieri sembrava tollerabile.
La Fratellanza Musulmana, nata nell’Egitto coloniale del 1928 come movimento politico-confessiinale con finalità riformatrici, ha saputo adattare nel tempo la propria grammatica politica, diventando una sofisticata infrastruttura ideologica. In Occidente, e in particolare in Francia, essa ha operato attraverso una strategia di lunga durata: radicarsi nei quartieri, nei luoghi di culto, nelle reti scolastiche e associative, nella microgeografia del consenso. La forza del movimento non risiede in un’adesione di massa, ma nella capacità di costruire una rete di influenza e legittimazione, spesso dissimulata dietro parole d’ordine universalistiche e un uso strumentale del pluralismo democratico.
Il fatto che oggi si parli apertamente di “minaccia strutturale” solleva però interrogativi che non possono essere liquidati con il rituale della retorica securitaria. Perché si è lasciato che questa penetrazione avanzasse indisturbata per decenni? Chi ha coperto, finanziato, protetto?
La risposta porta inevitabilmente oltre i confini nazionali. Dietro l’espansione tranquilla e apparentemente spontanea della Fratellanza, si intravede un contesto di tolleranza calcolata e di relazioni ambigue con gli apparati di intelligence occidentali. Già durante la Guerra Fredda, la Fratellanza veniva considerata un potenziale alleato ideologico contro il panarabismo laico e il comunismo sovietico. Alcuni centri nevralgici dell’intelligence atlantica, in particolare anglosassoni, ne hanno favorito il radicamento nei loro stessi paesi, costruendo retrovie sicure per i dirigenti del movimento e offrendo sponde logistiche, finanziarie e mediatiche.
L’utilizzo politico della Fratellanza, in questo senso, rientra in una logica classica di doppiezza strategica: un nemico controllato è spesso più utile di un alleato instabile. La tolleranza istituzionale verso l’organizzazione islamista è dunque il sintomo non solo di una distrazione colpevole, ma di una volontà implicita di manipolare equilibri interni e dinamiche geopolitiche.
Tuttavia questa ambiguità strategica presenta un prezzo crescente. La presenza capillare della Fratellanza nei circuiti educativi, nei centri religiosi e nella rappresentanza associativa ha contribuito a polarizzare interi settori della popolazione musulmana, trasformando l’identità religiosa in campo di battaglia ideologico e moltiplicando il rischio di radicalizzazione culturale. L’effetto non è tanto l’emergere del terrorismo, quanto la frammentazione silenziosa della coesione sociale, la costruzione di contro-società parallele e la perdita di fiducia verso lo Stato.
Ciò che più colpisce però è il silenzio metodico che continua a coprire la responsabilità storica delle potenze occidentali nel processo di legittimazione della Fratellanza. Nei documenti ufficiali, nei discorsi pubblici, nei rapporti di sicurezza, si evita accuratamente di sollevare il problema delle protezioni fornite, dei canali aperti, degli archivi classificati. Come se l’Occidente, pur denunciando oggi i rischi del fenomeno, non volesse fare i conti con il proprio passato compromesso.
Siamo dunque davanti a un caso emblematico di quella che potremmo definire “guerra ibrida di ritorno”: una strategia geopolitica che, avviata per fini esogeni, ritorna come minaccia endogena. Le alleanze spurie, forgiate per ragioni tattiche, generano instabilità sistemica. E quando si decide di denunciare i frutti, si omette di interrogare chi ha piantato i semi.

Qual è la tua reazione?

Mi piace Mi piace 0
Antipatico Antipatico 0
Lo amo Lo amo 0
Comico Comico 0
Furioso Furioso 0
Triste Triste 0
Wow Wow 0
Redazione Redazione Eventi e News