Il conflitto di interessi dell’assessore deliberante l’IMU: il parere del TAR
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Il TAR del Piemonte, tramite una recente sentenza, si sofferma sul conflitto di interessi dell’assessore comunale che delibera l’IMU: focus a cura dell’Avv. Maurizio Lucca.
La sez. II del T.A.R. Piemonte, con Ia sentenza 7 luglio 2025, n. 1143, si sofferma sull’obbligo di astensione dell’assessore comunale che vota un provvedimento incidente la sfera giuridica di un terzo, terzo verso il quale offre la propria attività di coltivatore diretto del terreno di proprietà (della parte ricorrente), rilevando l’assenza del conflitto di interessi.
Inoltre, il GA accoglie il ricorso sull’errata determinazione dell’IMU, il cui valore non ha rispettato i chiari criteri di legge [1].
Fatto
Un cittadino, proprietario di un terreno edificabile, impugna una deliberazione di Giunta Comunale riferita alla determinazione del valore delle aree fabbricabili ai fini IMU, ritenendo violato l’obbligo di astensione dell’assessore presente alla votazione per la presenza di conflitto di interesse in quanto coltivatore diretto dei terreni della parte ricorrente.
Il secondo motivo riguarda l’errata determinazione dei valori, ben al di sopra rispetto a quelli dei Comuni limitrofi (una quotazione fuori mercato), dove la valutazione del quantum è stata rimessa ad una relazione tecnica: si contesta che i valori stabiliti dall’impugnata delibera giuntale siano stati individuati in violazione dei criteri predeterminati dalla legge ed in difetto di istruttoria e di adeguata motivazione.
La legittimazione
Con la determinazione, per il periodo d’imposta, dei valori sui terreni di aree edificabili della parte ricorrente si incardina l’interesse (legittimazione) a impugnare il provvedimento, che consentirebbe comunque ai soggetti passivi dell’imposta di dichiarare e dimostrare, ai fini IMU, un valore di mercato del proprio terreno inferiore a quello presuntivamente indicato nella delibera (impugnata).
La delibera di approvazione dell’IMU
I valori determinati dall’atto deliberativo non sono vincolanti in sede applicativa né per l’Amministrazione né per i contribuenti [2]; tuttavia la loro fissazione in sede regolamentare, in via generale e preventiva, condiziona e coarta il comportamento dei contribuenti in sede di autoliquidazione, in quanto:
- da una parte, crea un affidamento sulla congruità dei valori predeterminati dal Comune;
- dall’altra, pone a carico dei contribuenti l’onere probatorio di dimostrare il diverso valore della propria area edificabile, essendo sufficientemente motivato l’avviso di accertamento che faccia riferimento ai più alti valori indicati nella delibera comunale.
Si perviene al risultato che la delibera finisce per incidere direttamente sulla sfera giuridica dei contribuenti, acquisendo un’immediata lesività che radica l’interesse alla sua impugnativa ed all’ottenimento del suo annullamento [3].
L’obbligo di astensione
Il giudice di prime cure, richiama la fonte dell’obbligo di astensione prevista specificatamente per gli amministratori locali, i quali non possono partecipare alla discussione e alla votazione di delibere riguardanti interessi propri e di parenti e affini sino al quarto grado.
L’obbligo non opera quando siamo in presenza di «provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado».
Il caso di specie, rientra nelle deroghe normative, dove la «correlazione immediata e diretta» deve avvenire con uno specifico interesse dell’amministratore (o dei suoi familiari), mentre non è sufficiente un generico interesse rispetto alla fattispecie su cui è chiamato a deliberare, potendo un tale generico interesse venire in rilievo di frequente in un contesto geografico limitato, quale quello di un Ente locale [4].
Giova rammentare che l’esegesi [5], a seguito della nuova conformazione del conflitto di interessi, prevista dal d.lgs. n. 36/2023, applicabile a tutti i procedimenti amministrativi, esige una valutazione non più astratta (c.d. potenziale) ma nel concreto dimostrata (un onere probatorio non dilazionabile), dando conto degli elementi capaci di condizionare l’esito del voto, ossia deve essere provato da chi invoca la sua presenza.
In termini brevi, la condizione (del conflitto di interessi) deve risultare «sulla base di presupposti specifici e documentati», congiunta da un altro presupposto: «deve riferirsi a interessi effettivi», i quali devono alimentarsi in un contesto di reciprocità «la cui soddisfazione sia conseguibile solo subordinando un interesse all’altro», con l’inevitabile conseguenza di un dovere di allegazione puntuale e documentale delle circostanze addebitabili a quel determinato interesse coinvolto, senza il quale non può ritenersi (ex lege) sussistere un’alterazione dell’imparzialità (il presidio della norma, ex art. 97 Cost.).
Senza citare l’ultimo orientamento, si giunge alla conclusione secondo la quale la circostanza che, anche qualora un assessore deliberante fosse anche il coltivatore diretto dei terreni di proprietà dei ricorrenti, non fa emergere alcuno specifico interesse in capo a quest’ultimo che si ponga in correlazione immediata e diretta con l’oggetto della predetta delibera.
La delibera, infatti, si è limitata a determinare, ai fini della liquidazione dell’I.M.U., il valore delle aree edificabili presenti sul territorio comunale (tra cui quella degli odierni ricorrenti), la cui eventuale sovrastima non arrecherebbe alcun vantaggio, nemmeno potenziale, al coltivatore diretto delle stesse.
In effetti, si conferma la necessità di dare prova concreta dell’utilità diretta che obbliga l’amministratore all’astensione, evenienza fattuale non rilevabile, e, dunque, la delibera non risulta censurabile.
Determinazione dei valori IMU
Sotto il secondo profilo, il ricorso viene accolto, con condanna alle spese del Comune (con le motivazioni che seguono).
Viene descritto il percorso normativo:
- 59, Potestà regolamentare in materia di imposta comunale sugli immobili, comma 1, lett. g), del d.lgs. 446/1997, attribuisce ai Comuni la facoltà di «determinare periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili, al fine della limitazione del potere di accertamento del Comune qualora l’imposta sia stata versata sulla base di un valore non inferiore a quello predeterminato, secondo criteri improntati al perseguimento dello scopo di ridurre, al massimo l’insorgenza di contenzioso»;
- rispetto alla c.d. nuova I.M.U. (imposta municipale propria) istituita con legge n. 160/2019 (legge di bilancio 2020), i criteri di determinazione dei valori venali delle aree fabbricabili sono restati quelli originariamente stabiliti dall’art. 5, Base imponibile, comma 5, del d.lgs. 504/1992 in relazione all’I.C.I. (imposta comunale sugli immobili) e che già erano rimasti inalterati a seguito dell’istituzione della c.d. vecchia I.M.U. e poi dell’I.U.C. (imposta unica comunale) [6];
- 1, comma 746, della legge n. 160/2019, stabilisce che la base imponibile della nuova I.M.U., per quanto riguarda le aree fabbricabili, è sempre costituita dal «valore … venale in comune commercio al 1° gennaio dell’anno di imposizione, o a far data dall’adozione degli strumenti urbanistici, avendo riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche».
Il quadro normativo, porta a ritenere che la delibera comunale di determinazione presuntiva dei predetti valori debba comunque tenere in considerazione l’effettiva disciplina urbanistica delle proprie aree edificabili in relazione alle diverse zone omogenee e la concreta potenzialità edificatoria che possono esprimere, al fine di stabilire quale possa essere il loro valore sulla base dei prezzi rilevati sul mercato [7].
La delibera adottata sulla base di una relazione tecnica non riporta alcun riferimento al dato normativo, limitandosi a diminuire i valori indicati nella precedente deliberazione «in considerazione del ridimensionamento del mercato immobiliare, della situazione emergenziale attuale e delle valutazioni espresse dalle Amministrazioni Comunali limitrofe…, aventi caratteristiche simili»: mancano i criteri previsti per la corretta quantificazione, rendendo la motivazione alquanto generica e non pertinente, segno inequivocabile dell’assenza di un’indagine di mercato e di un’adeguata istruttoria, capace di giustificare il valore venale delle proprie aree edificabili.
La determinazione del valore deve reggersi su una valutazione dei criteri definiti dalla legge, tali da giustificare il percorso tecnico nello stabilire l’imposta.
In effetti, il contribuente, nel caso di accertamento tributario basato sulla rettifica del valore venale delle aree edificabili dichiarate dallo stesso contribuente, se tale rettifica si fonda su una previsione errata in assenza di chiare indicazioni predeterminate fornite dall’Ente locale, ai sensi dell’art. 59, comma 1, lett. g) del d.lgs. n. 446 del 1997, manca l’elemento della colpevolezza e, quindi, la condotta non può essere sanzionata [8].
Il ricorso viene dunque ritenuto fondato e viene accolto.
Note
[1] Rientra nella giurisdizione dell’A.G.O. e, in particolare, del Giudice Tributario, una controversia avente ad oggetto l’impugnazione in s.g. di una deliberazione con la quale la Giunta comunale ha determinato i valori venali in commercio delle aree fabbricabili, per una determinata annualità, ai fini del calcolo I.M.U., TAR Campania, Salerno, sez. I, 23 novembre 2023, n. 2715.
[2] Cfr. Cass. civ., sez. V, 21 febbraio 2025, n. 4590 e 2 dicembre 2022, n. 35521.
[3] Cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 14 gennaio 2025, n. 355; T.A.R. Lazio Roma, sez. II bis, 2 agosto 2022, n. 10889; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 8 novembre 2019, n. 2338.
[4] Cons. Stato, sez. VII, 22 gennaio 2024, n. 652.
[5] T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. V, 13 maggio 2025, n. 1042.
[6] La determinazione del valore imponibile di un’area edificabile, è indispensabile che tale valore venga ricavato in base ai parametri vincolanti previsti dall’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 504 del 1992, i quali includono la zona territoriale di ubicazione, l’indice di edificabilità, la destinazione d’uso consentita, gli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno e i prezzi medi di mercato: il giudice di merito non può esimersi dal verificare la corrispondenza a tali parametri nella sua valutazione, Cass. civ., sez. V, Ordinanza, 21 febbraio 2025, n. 4590.
[7] Cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 gennaio 2024, n. 97; T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 14 gennaio 2025, n. 355.
[8] Cass. civ., sez. V, Ordinanza, 5 giugno 2024, n. 15788.
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