Il consiglio musicale del mese: DarWin, Five Steps on the Sun

L’album che vi propongo per il mese di ottobre è una produzione recente, di cui pochi, credo, avranno sentito parlare, ma che avrebbe tutte le carte in regola per figurare tra le nuove proposte musicali più interessanti. Il consiglio musicale del mese è Five Steps on the Sun dei DarWin, pubblicato nel 2024, appena un anno fa.
I DarWin sono una realtà nuova nel panorama musicale, un progetto venuto alla luce nel 2018, quando un personaggio mascherato in maniera futuristica che si fa chiamare appunto DarWin pubblica un doppio album di esordio, Origin of Species, in collaborazione con Simon Phillips, batterista e anche produttore. Alla base del progetto c’è una visione dal futuro, un racconto di fantascienza che fa da fondamento ai testi e alle composizioni di questo doppio album come dei successivi. A completare la band ci sono musicisti di eccezione, con Matt Bissonette alla voce e basso e Greg Howe alla chitarra solista, che rimarranno nella band anche per le produzioni seguenti. Nel 2020, i DarWin pubblicano un secondo album, A Frozen War, che è a tutti gli effetti il secondo capitolo della saga.
Anche qui ci sono collaborazioni di eccezione, come Billy Sheehan, Guthrie Govan alla chitarra e soprattutto Derek Sherinian alle tastiere, che entra a far parte del gruppo in pianta stabile. La terza produzione dei DarWin è una rivisitazione di brani già pubblicati nei primi due album, ma questa volta in versione acustica. Ed eccoci al 2024, quando esce il nostro Five Steps on the Sun. Nella line-up, le quattro corde (in realtà cinque…) sono affidate a Mohini Dey, giovane super bassista che completa una formazione di virtuosi di eccezione. Anche il quinto album dei DarWin, Distorted Mirror, uscito nel 2025 vede la stessa formazione all’opera.
Si può dunque supporre che la band abbia trovato un assestamento definitivo e di tutto rispetto. Anche solo la metà dei nomi citati basterebbe per fare di questo progetto qualcosa di cui parlare dappertutto, ma per qualche strano motivo questo non è successo. Eppure, al di là del calibro dei musicisti e dei virtuosismi che questi talenti inseriscono continuamente nelle produzioni dei DarWin, la qualità degli album è certamente di prim’ordine. E se pensate che questa formazione non possa che produrre musica fusion, be’ siete fuori strada. Five Steps on the Sun, come anche gli album precedenti e il successivo, è fatto di rock, di groove e chitarre distorte, di ballate spaziali e sognanti accanto a tempi dispari suonati con una naturalezza disarmante. La batteria di Simon Phillips sostiene le dieci tracce dell’album inserendo passaggi tecnicamente virtuosistici come se fossero le soluzioni ritmiche più semplici e naturali da utilizzare in quei groove. Inside This Zoo è la seconda traccia dell’album e credo possa darvi abbastanza un’idea di cosa aspettarvi dai DarWin.
Un supergruppo al servizio di una visione
La presenza di così tanti virtuosi con una storia personale importante nei DarWin fa immediatamente pensare a un supergruppo. Nella scena progressive metal da cui vengono molti dei musicisti di questo progetto, i supergruppi non sono certo una rarità. Ad esempio, Derek Sherinian, ex tastierista, tra gli altri, dei Dream Theater, ne ha già formati due: i Sons of Apollo con Mike Portnoy dei Dream Theater e Billy Sheehan dei Mr. Big, e i Black Country Communion con Glenn Hughes, Joe Bonamassa e Jason Bonham. In questo caso più che in altri, però, mi sembra di poter affermare che i talenti dei DarWin si sono raccolti attorno a una visione artistica, a un modo di fare musica. Se da una parte le loro storie e le loro personalità individuali vengono lasciate libere di emergere nel tessuto musicale, allo stesso tempo ciò che caratterizza la musica dei DarWin è proprio il fatto che le individualità vengono messe al servizio di un intento comune, di una musica che non è per pochi ascoltatori eletti, ma anzi si rivolge a tutti, nella migliore tradizione del rock.
Proseguendo a salti nell’ascolto dell’album, la settima traccia dell’album è Imitation Suede, dove i timbri di Sherinian si amalgamano alla perfezione con il sound futuristico e quasi fumettistico della band.
Oltre ad essere la mente che ha ideato la storia dietro ai brani e che ha composto le canzoni, DarWin si dimostra anche un ottimo musicista in questo album, passando oltretutto dalla chitarra ritmica al pianoforte con estrema naturalezza. E se le melodie appaiono spesso meno appariscenti del contorno musicale, bisogna però dare atto anche a Matt Bissonette del grande lavoro di backing vocals, che compensano ampiamente questa “mancanza”, facendole emergere come un elemento imprescindibile del tessuto musicale.
La traccia di chiusura di Five Steps on the Sun è What Do We Know, un brano in cui i tempi dispari e composti si incastrano con i passaggi più “normali”, a plasmare una sorta di inno da cantare tutti in coro. Non ci sono in giro molti esempi di questo tipo di brani che includano tempi dispari e composti!
Tra i dieci brani che compongono Five Steps on the Sun, ci sono anche due piccoli gioielli strumentali. Il primo, di poco più di un minuto, fa da introduzione alla title track dell’album. L’altro strumentale è Sun, inserito dopo la title track, quasi a chiudere una sorta di mini suite. Qui troviamo un lirico assolo di basso, a cui risponde un gran bel solo di chitarra. Proprio quando il brano sembra avviarsi alla conclusione, ecco che entra una coda che sposta tutto il racconto musicale in una nuova direzione.
Dentro i testi
Five Steps on the Sun è un album incentrato su una storia di fantascienza. E, come nella migliore tradizione della fantascienza, il mondo immaginario costruito dalla storia diventa un punto di partenza per riflessioni sulla nostra società attuale. In realtà, l’album è il quarto capitolo di una saga iniziata dal primo album dei DarWin, Origin of Species: tutte le produzioni di questo progetto musicale vanno a comporre un puzzle che ci immerge in questo mondo immaginario. In un prossimo futuro, la Terra sta diventando ormai un pianeta non più abitabile. Viene quindi preparata una missione spaziale in cui un gruppo di giovani scienziati viene spedito su un’astronave all’avanguardia alla ricerca di un nuovo pianeta su cui sia possibile vivere e salvare l’umanità. Contro ogni aspettativa, però, questi giovani scienziati sviluppano tecnologie in grado di salvare la Terra e ritornano verso il proprio pianeta. Qui prendono il controllo di tutti i computer e i mezzi di comunicazione e instaurano una sorta di dittatura mondiale, considerandolo l’unico modo per impedire l’estinzione dell’umanità. In questa anomala distopia che è anche ricca di speranza, il gruppo di cosmonauti che prende il potere si fa chiamare appunto Origine delle specie.
Nella title track dell’album, troviamo piccole perle come “Accecati dalla cosiddetta saggezza perdiamo la guerra prima che sia vinta”, ma troviamo anche un grande assolo di Greg Howe alla chitarra. Greg Howe aveva già collaborato con Simon Phillips nei Protocol. Già nei brani proposti prima abbiamo potuto apprezzare i suoi virtuosismi alla sei corde con tecniche particolari, come il tapping. Qui invece Howe ci regala un assolo più “tradizionale”, almeno per quanto riguarda la tecnica, ma non per questo meno degno di nota.
La penultima traccia dell’album è Hulk and Heroes, in cui “gli eroi nascono dalle ceneri come era progettato”. Ma il testo è anche una riflessione sugli eroi di tutti i giorni, i “Kent e Parker”, tutti personaggi che, come anche Hulk, hanno bisogno dell’altra loro personalità quotidiana per poter essere eroi.
Hulks and Heroes spicca anche per la presenza di un assolo di basso di Mohini Dey, in un passaggio che sembra strizzare l’occhio alla fusion prima di lanciare l’ennesimo assolo di Greg Howe. Il tutto incastonato in un brano trainati da continui riff e da un sound decisamente rock.
La buona musica non è assolutamente morta
Five Steps on the Sun, in conclusione, è l’ennesima riprova che la buona musica non viene solo dal passato, ammesso che qualcuno avesse ancora bisogno di essere rassicurato in merito. I DarWin sono un progetto recente, con sonorità rock moderne, escursioni nella fusion e strutture compositive che ricordano il progressive più moderno. Tutto suonato da grandi musicisti, che trovano il modo di inserire virtuosismi a volte vertiginosi senza mai perdere di vista la musicalità generale dei brani.
Per concludere, vi propongo la traccia di apertura dell’album: Soul Police. Ovvero la “polizia dell’anima” che viene a cercarti a casa e a prelevarti se commetti un crimine contro l’anima: “una generazione persa nell’estasi tecnologica che ci tiene tutti nell’oscurità”.
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