Assistenza e cura, la sostenibilità va costruita anche sul benessere dei caregiver
Nella Giornata della Disabilità, pubblichiamo i risultati di una ricerca coordinata dall’Università di Bologna nell’ambito del progetto europeo Age-It, che ridisegna il futuro dell’assistenza agli anziani. Al centro non c’è più solo chi riceve la cura, ma c’è anche il benessere dei caregiver, figure cardini per la sostenibilità del sistema socio-sanitario italiano
Nell’architettura silenziosa che sostiene la vita quotidiana di milioni di famiglie, i caregiver costituiscono una struttura fondamentale: una rete di prossimità non riconosciuta ma indispensabile, che permette al sistema di assistenza italiano di restare in equilibrio.
Con lo Spoke 5 del progetto europeo Age-It, coordinato dall’Università di Bologna, questa rete smette di essere un elemento implicito e diventa oggetto centrale della ricerca scientifica.
L’obiettivo è ribaltare un paradigma ormai inadeguato: non basta prendersi cura degli anziani, occorre prendersi cura anche di chi se ne occupa ogni giorno.
Secondo i ricercatori, infatti, la sostenibilità dell’intero sistema socio-sanitario dipende dalla salute fisica, psicologica e sociale degli 8,5 milioni di caregiver attivi in Italia, in gran parte donne.
La ricerca mette in luce come l’invecchiamento della popolazione – oltre 14,5 milioni di over 65 – richieda un cambio di prospettiva urgente, perché la disponibilità delle reti familiari non è infinita e il rischio di sovraccarico è crescente.
Mappare la fragilità: l’indicatore Iccp e la geografia della cura
Uno degli assi principali della ricerca riguarda la costruzione dell’Indicatore Comunale di Criticità Potenziale (Iccp), destinato a diventare uno strumento operativo per amministrazioni e servizi territoriali.
L’indicatore combina fattori demografici, socio-economici, sanitari e logistici, con l’obiettivo di individuare i Comuni in cui il rapporto tra domanda e offerta di cura è più fragile.
La mappa che ne emerge smentisce il tradizionale divario Nord-Sud: regioni considerate forti sul piano del welfare – come l’Emilia-Romagna – mostrano aree ad alta criticità, in alcuni casi superiori a territori del Mezzogiorno.
Secondo il responsabile scientifico Marco Albertini, questa eterogeneità richiede interventi calibrati e politiche locali flessibili, capaci di riconoscere la dimensione territoriale della cura.
L’Iccp non è solo uno strumento descrittivo: nelle intenzioni dei ricercatori, dovrà diventare una bussola per definire priorità, allocare risorse e progettare servizi che tengano conto delle vulnerabilità emergenti.
Tecnologie per alleggerire il carico: monitoraggio, auto-cura e formazione
Il secondo asse della ricerca esplora l’impatto delle tecnologie digitali sulla qualità di vita dei caregiver. Attraverso gli studi ICare.It – AvereCura e Care, sono stati utilizzati sensori indossabili, app per l’auto-monitoraggio e strumenti digitali con finalità preventive.
L’obiettivo è intercettare situazioni di stress psicofisico prima che degenerino e fornire ai caregiver un sistema di supporto immediato.
Inoltre, la piattaforma formativa gratuita Care.In.For. offre moduli brevi, scientificamente validati, su gestione dello stress, comunicazione con la persona assistita, pianificazione delle attività quotidiane e competenze relazionali.
Uno spazio digitale sicuro permette inoltre ai caregiver di confrontarsi, riducendo la solitudine che spesso accompagna il lavoro di cura.
Accanto alla piattaforma, è in sviluppo un chatbot basato su intelligenza artificiale, progettato in collaborazione con Youbiquo e Tamlab per fornire risposte validate ai caregiver di persone con demenza.
Il sistema integra linee guida mediche e informazioni territoriali, offrendo un supporto operativo quando emergono comportamenti complessi o situazioni improvvise.
Ripensare gli spazi e riconoscere culturalmente chi cura
La ricerca si spinge oltre l’ambito clinico e digitale per includere la progettazione degli ambienti di vita. Il gruppo dell’Università di Milano-Bicocca ha sperimentato un approccio integrato che utilizza droni, sensori ambientali e simulazioni comportamentali per riprogettare quartieri e spazi pubblici a favore dell’autonomia degli anziani.
Migliorare la fruibilità degli ambienti riduce il carico di cura nelle famiglie e posticipa l’ingresso nei percorsi assistenziali.
Parallelamente, il progetto Caregiver – Storie di Vita e di Cura raccoglie testimonianze e narrazioni per dare visibilità all’esperienza dei caregiver. Una scelta che sottolinea un punto chiave: la cura non è solo una funzione privata, ma un fenomeno sociale che richiede riconoscimento pubblico.
A completare il quadro è il lavoro del gruppo coordinato da Riccardo Lamura (Inrca), dedicato alle politiche istituzionali di supporto. L’obiettivo è individuare modelli programmatori e governance replicabili, capaci di trasformare l’impianto scientifico in strategie operative su scala nazionale.
Crediti immagine: Depositphotos
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