In Italia meno cave autorizzate (3.378, -20,7% rispetto al 2021) ma +18,5% di prelievi di sabbia e ghiaia

Novembre 4, 2025 - 20:30
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In Italia meno cave autorizzate (3.378, -20,7% rispetto al 2021) ma +18,5% di prelievi di sabbia e ghiaia

Il settore estrattivo può giocare un ruolo importante nell’economia circolare. Ma serve un cambio di rotta per ridurre il prelievo di materiali e l’impatto delle cave sul paesaggio, dare nuova vita a quelle dismesse con interventi di ripristino ambientale e favorire il recupero e riciclo degli aggregati, superando normative obsolete, canoni di concessione irrisori e leggi regionali frammentate. È quanto torna a ribadire Legambiente che a distanza di quattro anni presenta, in collaborazione con Fassa Bortolo e nella cornice di Ecomondo 2025, il “Report Cave 2025”.

Numeri alla mano, in Italia, complice la crisi del settore edilizio, si registra un calo delle cave autorizzate (quelle attive e quelle autorizzate ma in assenza di attività estrattiva in corso), scese a 3.378 (-51,3% rispetto alla prima rilevazione del report del 2008 e -20,7% rispetto al report 2021). Tuttavia, l’Italia registra un aumento dei prelievi per sabbia e ghiaia: 34,6 i milioni di metri cubi annuali (+18,5% rispetto al 2021). Sempre rispetto alla scorsa edizione del report, sono quasi raddoppiati anche i volumi di calcare estratto (51,6 milioni di metri cubi, +92,5%) mentre sono scesi quelli di pietre ornamentali (5,5 milioni di metri cubi, -11,3%), secondo i dati forniti dalle Regioni e dalle due Province Autonome.

Nonostante i quantitativi rilevanti, i canoni di concessione restano irrisori (in alcune Regioni inferiori a 50 centesimi al metro cubo) e il ritorno economico per le casse pubbliche derivante da sabbia e ghiaia non supera i 20 milioni di euro, mentre imponendo tariffe sui prelievi vicine al 20% del valore di mercato (come in Gran Bretagna) si potrebbero ottenere circa 66 milioni. Dunque, secondo le stime del Cigno Verde, 46,5 milioni di entrate annue mancate. Tornando al censimento delle cave si registra un lieve aumento delle cave dismesse (14.640, +3,5% rispetto al 2021), di cui solo una minima parte è destinata a interventi di ripristino ambientale.

Di fronte a questo ritratto eterogeneo, Legambiente individua 3 priorità per rilanciare il settore in chiave sostenibile: 1) Aumentare il recupero e riciclo dei materiali provenienti da demolizione e costruzione trasformandoli in alternative agli aggregati tradizionali, riducendo il conferimento a discarica, garantendo tracciabilità dei materiali, introducendo la demolizione selettiva nelle gare pubbliche, fissando obiettivi di recupero e riciclo e investendo nella formazione degli operatori. 2) Introdurre un canone minimo nazionale per i materiali estratti, pari almeno al 20% del valore di mercato, per garantire un uso equo delle risorse e il ripristino di tutti i siti estrattivi, incentivare l’innovazione e il recupero ambientale e l’impiego di materiali riciclati a costi competitivi. 3) Rafforzare la tutela dei territori, rendendo obbligatoria l’approvazione e l’aggiornamento dei Piani per le Attività Estrattive (Prae) - ancora assenti in 6 Regioni e 1 Provincia Autonoma - regolando i prelievi, l’uso di materiali riciclati, estrazioni sostenibili, garantendo il recupero delle aree e i controlli contro le infiltrazioni criminali.

«È inaccettabile - dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale Legambiente - che un settore con forti impatti ambientali ed economici sia ancora regolato da un decreto del 1927, basato su un approccio datato e che trascura le ricadute sui territori (in termini di polveri, risorsa idrica e suolo, rumore e vibrazioni, paesaggio, ecosistemi naturali). Governo e Regioni adottino una visione nuova, capace di favorire innovazione, rilancio dei distretti produttivi e nuovi green jobs nel riciclo dei materiali da costruzione. Le capacità tecnologiche e le esperienze di imprese attive in tal senso non mancano. Serve una legge quadro che preveda il monitoraggio delle cave attive e dismesse, che introduca regole uniformi per tutelare il territorio, Valutazione di Impatto Ambientale obbligatoria, recupero ambientale e divieto di attività in aree sensibili, incentivi all’uso di materiali riciclati rispetto alle materie vergini».

Il report di Legambiente, oltre a definire le priorità del settore, raccoglie esempi virtuosi di gestione sostenibile delle cave, di recupero e riutilizzo di ma­teriali, e di innovazione in chiave circolare. Tra questi, la demolizione selettiva dell’Ospedale “Misericordia e Dolce” di Prato, con il recupero del 98% dei materiali, e il progetto “Corti di Medoro” di Ferrara, che ha riciclato oltre il 99% dei rifiuti. Altri casi mostrano come le cave dismesse possano rinascere come spazi verdi e culturali: il Parco delle Cave di Brescia e quello di Marco Vito a Lecce, fino all’Eden Project in Cornovaglia. In tema di esempi virtuosi, Legambiente ha anche stretto una partnership con Fassa Bortolo. Si tratta di esempi diffusi in varie parti d’Italia che fanno capire quanto il settore abbia ampi margini di miglioramento e prospettive di innovazione. Su questa scia, Legambiente dal 2017 collabora con Fassa Bortolo per divulgazione, sensibilizzazione e diffusione dell’informazione sulle nuove possibilità di utilizzo di materiali sostenibili in edilizia.

In Italia sono 1.678 i Comuni con almeno una cava autorizzata. Tra le Regioni con più siti estrattivi la Lombardia, Veneto e Puglia, con oltre 300 cave autorizzate. Per le cave dismesse spiccano Lombardia (oltre 3.100), Toscana (2.400), Puglia (2.000) e Piemonte (1.847). Rispetto ai canoni, in Basilicata e Sardegna non sono previsti per nessuna tipologia di materiale estratto, in Valle d’Aosta è presente solo per sabbia e ghiaia, mentre i canoni più bassi si trovano in Calabria, Lazio, Puglia, Umbria, Valle d’Aosta (< 0,50 €/m³).

Il report presenta una sezione dedicata al riciclo degli inerti. Rispetto alla Germania, Regno Unito, Francia e Paesi Bassi la produzione in Italia di aggregati naturali e artificiali utilizzabili al posto di materiali da cava è ancora molto ridotta: si stimano tra i 2.000 e i 3.000 impianti autorizzati (fissi e mobili) secondo quanto dichiarato da rappresentanti di ANCE nel 2021. Le Regioni con maggiore presenza di impianti di riciclo inerti sono del Centro-Nord: Lombardia, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Veneto, Trentino e Toscana.

Nel quadro del Report Cave, il Piemonte emerge come una regione chiave per l’attività estrattiva, con 277 cave autorizzate e attive e oltre 1800 siti dismessi. Nonostante la presenza di un Piano Cave regionale, il territorio continua a registrare prelievi significativi, in particolare di sabbia e ghiaia, con oltre 4,5 milioni di metri cubi estratti ogni anno. A questi si aggiungono importanti volumi di calcare, argilla e pietre ornamentali, che contribuiscono a un impatto ambientale e paesaggistico rilevante.

Un tema centrale riguarda i canoni di concessione, ancora troppo bassi rispetto al valore economico generato dal settore. In Piemonte, le entrate annue derivanti dai canoni per sabbia e ghiaia si attestano intorno ai 2,3 milioni di euro, ma con una tariffazione più equa, come quella applicata in altri Paesi europei, si potrebbero superare gli 8,5 milioni di euro. Queste risorse sarebbero fondamentali per finanziare il ripristino ambientale delle aree estrattive e promuovere progetti di rigenerazione territoriale.

Nello specifico del territorio piemontese emergono inoltre due casi emblematici che evidenziano, da un lato, le criticità ancora presenti nella gestione delle cave e, dall’altro, le potenzialità di rigenerazione e valorizzazione ambientale dei siti estrattivi dismessi.

La vicenda delle Cave Torino di Carignano (To) rappresenta oltre vent’anni di contenziosi legali per danni ambientali mai ripristinati. Nonostante le sentenze definitive che hanno accertato la responsabilità della società Nuove Cave Torino e disposto un risarcimento di oltre cinque milioni di euro a favore del Comune di Carignano e del Parco del Po, il sito è tuttora degradato e privo di interventi di recupero. Il susseguirsi di modifiche normative e pronunce contrastanti ha di fatto reso inefficace l’esecuzione della condanna, lasciando irrisolta una situazione che costituisce un pericoloso precedente in materia di tutela ambientale. La piena del fiume Po del 2000, che ha messo in comunicazione la cava con l’alveo fluviale, ha inoltre aggravato il rischio idraulico per le aree circostanti.

Per questo Legambiente Piemonte e il circolo di Carignano chiedono chiarezza legislativa e un intervento immediato del Ministero dell’Ambiente, affinché venga garantita la certezza del diritto e la tutela effettiva dei territori danneggiati.

Accanto a questa vertenza, il Piemonte offre anche esempi significativi di buone pratiche di rigenerazione sostenibile, come quella dell’ex cava di gneiss Roncino a Crevoladossola (VB), riconvertita in un teatro permanente all’aperto grazie alla Fondazione Tones on the Stones. Il progetto Tones Teatro Natura, firmato dallo studio di architettura milanese Fuzz Atelier, rappresenta un modello virtuoso di recupero ambientale e valorizzazione del patrimonio locale, basato sull’utilizzo di materiali a basse emissioni di CO₂, sull’applicazione dei principi dell’economia circolare e su un sistema di gestione sostenibile degli eventi. La nuova struttura, dotata di due palcoscenici, spazi per laboratori e aree ricreative, è oggi un punto di riferimento per la cultura, la formazione e l’innovazione sociale, dimostrando come anche un ex sito estrattivo possa diventare un luogo di rinascita, creatività e consapevolezza ambientale.

«Il nuovo Piano Regionale delle Attività Estrattive, approvato dal Consiglio regionale il 30 settembre, rappresenta un passo importante ma ancora insufficiente rispetto alle esigenze reali del territorio», dichiara Alice De Marco, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta. «Il piano, pur introducendo alcuni elementi positivi di programmazione e controllo, non risponde pienamente alle richieste di una gestione più trasparente, partecipata e sostenibile delle cave. È necessario rafforzare i meccanismi di monitoraggio, prevedere tempi certi per i ripristini ambientali e valorizzare le esperienze virtuose di recupero come Tones Teatro Natura. Solo così il Piemonte potrà davvero coniugare tutela del paesaggio, sicurezza del territorio e sviluppo locale sostenibile».

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