Kenya. Proteste: Ruto ordina di ‘sparare alle gambe dei violenti’

di Giuseppe Gagliano –
Il presidente del Kenya, William Ruto, getta benzina sul fuoco delle proteste antigovernative che infiammano il Paese. In un discorso al vetriolo ha ordinato alla polizia di “sparare alle gambe” dei manifestanti che saccheggiano negozi, per “renderli inabili” senza ucciderli, ma portandoli in ospedale prima del tribunale. Una dichiarazione shock, arrivata due giorni dopo la morte di 31 persone negli scontri tra forze dell’ordine e dimostranti, il 7 luglio, quando Nairobi è sprofondata nel caos: strade bloccate, gas lacrimogeni, idranti e proiettili sparati sulla folla. Supermercati, attività commerciali e persino ospedali sono stati vandalizzati o dati alle fiamme.
Le proteste, guidate da giovani furiosi per il costo della vita, la brutalità poliziesca e la corruzione dilagante, sono esplose dopo la morte di un blogger politico in custodia. Un episodio che ha riacceso la miccia di un movimento di piazza già visto un anno fa, quando i manifestanti avevano preso d’assalto il parlamento contro un aumento delle tasse. “Ruto sarà un presidente a termine”, gridano i dimostranti, organizzati via social, mentre il ministro dell’Interno Kipchumba Murkomen bolla le proteste come un “tentativo di colpo di stato” ordito da “anarchici criminali”. A gettare ombre ancora più cupe, la Commissione nazionale keniota per i diritti umani, finanziata dal governo, denuncia la presenza di bande armate di fruste e machete che sembravano operare fianco a fianco con la polizia a Nairobi e a Eldoret, nella Rift Valley.
La polizia tace su queste accuse, limitandosi a smentire qualsiasi collaborazione con “teppisti”. Ruto, dal canto suo, non fa sconti: “Chi attacca cittadini, agenti o proprietà è un terrorista. È una dichiarazione di guerra”, ha tuonato su X, promettendo di non lasciare il Kenya in balia di “elementi retrogradi”.
L’Alto Commissariato ONU per i diritti umani (OHCHR) non ci sta e si dice “profondamente turbato” per l’uso di munizioni letali e non letali contro i manifestanti, con almeno 10 morti negli ultimi scontri. Il 7 luglio, le autorità hanno sigillato le principali arterie della capitale, costringendo la maggior parte delle attività commerciali a chiudere i battenti, in quella che appare la risposta più dura mai adottata per soffocare i disordini.Le fonti, che includono le parole di Ruto, il rapporto OHCHR e le denunce della Commissione keniota, dipingono un quadro di tensione estrema. Verificare ogni dettaglio è complesso, ma una cosa è chiara: il Kenya è una polveriera, con il rischio che la repressione alimenti ulteriormente la rabbia di una generazione che chiede giustizia e opportunità.
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