La Cina di Xi divorata da un mostro interno incontrollabile

di Dario Rivolta * –
Mentre continuano le guerre in Ucraina e a Gaza, la Cina e il suo rapporto con gli USA e con il resto del mondo sembrano restare sullo sfondo. Tuttavia la presenza di Pechino incombe e il suo ruolo non va sottovalutato. Anche se se ne parla di meno, Pechino ha problemi interni che non mancano, né mancheranno, di avere conseguenze sulla sua politica internazionale. Si tratta di problemi di carattere economico e finanziario che potrebbero, se non risolti in breve tempo, portare a una qualche instabilità politica.
Se un osservatore sensibile avesse cercato di cogliere lo spirito impalpabile della società nella passata Unione Sovietica l’avrebbe percepita intrisa di marxismo-leninismo. Probabilmente mal digerito e mal sopportato dai più, ma comunque adattatosi al tessuto profondo della popolazione. Se lo stesso osservatore avesse poi cercato di fare la stessa cosa nella Cina del dopo-Mao avrebbe invece notato che quell’atmosfera marxista-leninista, pur presente, intaccava solo la superficie della cultura locale. Il Partito Comunista era leninisticamente molto presente nella quotidianità ma il marxismo non è mai stato veramente assorbito dall’animo della gran parte dei cinesi. O, anche dove vi era riuscito, aveva dovuto condividere il posto con la millenaria cultura confuciana. In realtà non si potrebbe nemmeno parlare di puro confucianesimo poiché nel corso dei secoli quella filosofia sociale è stata a sua volta contaminata dal buddismo e dal taoismo, tanto è vero che i filosofi locali da secoli avevano già cominciato a parlare di neo-confucianesimo.
Mao capì da subito che quella vecchia cultura poteva ostacolare l’assorbimento popolare del comunismo e si sforzò, frequentemente anche con la violenza, di estirpare la memoria e l’influenza storica di Confucio senza, tuttavia, mai riuscirci del tutto. Nonostante il partito unico abbia continuato a controllare il potere la Cina del dopo Mao non è più quella di decenni orsono e XI ha capito che avrebbe potute convenirgli il recuperare la tradizione ridandogli addirittura una dignità politica. Fece allora restaurare o ricostruire in varie parti del Paese i monumenti dedicati a Confucio e ha consentito la rinascita di scuole e associazioni dedicate al Maestro.
Tra i concetti fondamentali della filosofia cinese tradizionale due sono gli aspetti ineludibili: il senso di appartenenza ad una famiglia molto estesa e il rispetto dell’autorità. Questo dovere al rispetto, seppur onnipresente, non è però senza condizioni. L’autorità è tale ed è accettata dalla popolazione in quanto gode del permesso del Cielo ma ha il compito, esattamente come ogni capo famiglia, di garantire il benessere di tutti i sottoposti, siano essi figli, nipoti, pronipoti o semplici cittadini. Qualora chi si trovasse nella posizione di vertice non fosse in grado di provvedere adeguatamente ai bisogni dei sottoposti, la cosa sarebbe interpretata come se il Cielo avesse levato loro il consenso e quindi la ribellione all’autorità diventerebbe legittima, se non addirittura doverosa. Ciò non significa automaticamente che davanti ai problemi in cui oggi versa il sistema una ribellione si stia preparando, ma se la crisi continuasse non è da escludere che il consenso popolare possa tramutarsi in crescente contestazione.
Tutto ciò è molto ben chiaro all’oligarchia dominante, di cui Xi Jin Ping è l’epigono, ed è loro altrettanto evidente che i successi economici avuti sinora sono stati indispensabili per garantire una relativa tranquillità sociale e la continua permanenza del Partito come forza dominante. Nel 1981 (pochi anni dopo la morte di Mao Xe Tung) più del 90% della popolazione cinese viveva in condizioni di povertà e invece oggi quasi la metà appartiene alla classe media con un tenore di vita paragonabile a quello di molte nazioni sviluppate.
Da quando tuttavia il trend di crescita ha cominciato a rallentare drasticamente molte famiglie cinesi temono che il domani potrebbe non essere migliore dell’oggi. La disoccupazione giovanile supera il 17% e tutti i nuovi nati, indipendentemente dal titolo di studio raggiunto, si sentono affatto garantiti di poter intraprendere una carriera redditizia. L’età media della popolazione sta aumentando velocemente, sia per il maggior benessere sia per il tasso di rinnovamento demografico oramai negativo, come avviene anche in altre parti del mondo salvo l’Africa e l’India. Indice delle difficoltà crescenti sono stati il forte crollo del sistema immobiliare che aveva a lungo nutrito la crescita, un enorme aumento del debito pubblico (soprattutto quello originato dalle autorità locali che è praticamente fuori controllo) e un crollo del mercato azionario. Il risultato è la crescente sfiducia dei risparmiatori e degli investitori. Le famiglie cinesi hanno cominciato a stringere i portafogli e dare priorità al risparmio esprimendo così un silenzioso ma potente voto di sfiducia nella direzione verso cui sta andando il Paese.
Le cause di questa che sembra essere una netta inversione di tendenza sono più di una: da un lato un rallentamento dell’economia è connaturato al seguito di una forte crescita, dall’altro le politiche intraprese dal regime dopo l’inizio del secondo mandato di Xi hanno fortemente scoraggiato gli investimenti stranieri e l’aumento del costo del lavoro ha spinto alcune aziende cinesi a delocalizzarsi verso Paesi più a buon mercato come la Malesia ed il Vietnam.
L’oligarchia del partito avverte da anni il pericolo di quello che sta succedendo e dei rischi che corre per il controllo del Paese e sta cercando di porre rimedio ai crescenti problemi economici provando a convertire la ricchezza creata attraverso le esportazioni in un aumento dei consumi interni per assorbire anche l’eccesso di produzione sempre meno richiesto dalla domanda estera. Alla fine dello scorso marzo il governo ha pubblicato un nuovo progetto mirante a rinforzare la fiducia delle famiglie e incrementare i consumi. Si basa su trenta punti e cerca di ottenere quei risultati che tutti gli interventi già tentati in precedenza non erano riusciti a raggiungere.
Dal lato della domanda si cerca di aumentare il reddito famigliare riducendo contemporaneamente gli oneri finanziari che molte famiglie si trovano ad affrontare. Ciò ha come obiettivo quello di dare un po’ di fiato al mercato immobiliare e, per mantenerne per quanto possibile la stabilità, si sono autorizzate le amministrazioni cittadine ad acquistare gli immobili commerciali non venduti. Contemporaneamente, si sono invitate le stesse amministrazioni a finanziare la ristrutturazione di villaggi e case fatiscenti per creare alloggi a più buon mercato. In aggiunta, nonostante la conferma della subordinazione dei capitali privati al volere del potere politico, si invoglia il capitale privato ad avere un ruolo più importante nell’erogazione dei servizi agli anziani e all’infanzia aumentando anche i servizi pediatrici. Il servizio pensionistico di base sarà aumentato, soprattutto per i residenti rurali, e si invoglia la nascita di fondi pensionistici individuali. Per affrontare il problema del debito privato sono stanziati fondi per ovviare ai ritardi e ai mancati pagamenti alle piccole imprese da parte di enti governativi o società statali che avevano usufruito dei loro servizi. Al fine di favorire la volontà di avere figli si è data vita a un sistema di sussidi per l’assistenza all’infanzia e lanciato un piano di propaganda indirizzato alle famiglie senza figli affinché procreino. Per sottolineare quanto il tema della scarsa natalità sia sentito dalle istituzioni e da alcuni privati va citato il caso di una azienda privata di media dimensione che ha minacciato di licenziamento tutti quei dipendenti di età inferiore ai 45 anni che non fossero già sposati o non si sposassero entro un anno dal momento di entrata in vigore del regolamento. Va però precisato che appena il fatto divenne pubblico le autorità intervennero obbligando l’azienda a fare marcia indietro. È tuttavia significativo che il fatto sia avvenuto.
Altre iniziative comprese nei trenta punti riguardano i consumi legati all’automotive che prevedono misure fiscali più favorevoli per il leasing, l’invito a utilizzare il campeggio e i camper, incentivi per il turismo invernale, lo sport, i giochi on line e il consumo di programmi di cartoni animati per bambini e adulti. Una direttiva specifica riguarda l’intelligenza artificiale con facilitazioni per le aziende che vogliono applicare le nuove tecnologie sia per le auto con guida autonoma, sia per i video ad alta definizione, sia anche per la robotizzazione e le interfacce cervello- computer. Un sostegno economico speciale è previsto per i consumi delle persone anziane sia nei prodotti che nei servizi. Infine si è deciso di lanciare una campagna “acquista in Cina” per promuovere i prodotti nazionali. Per tentare di incoraggiare gli investimenti dall’estero si è anche deciso di allentare i vincoli per le aziende straniere nei settori delle telecomunicazioni, della sanità e dell’istruzione.
Ovviamente tutte queste nuove misure hanno dei costi che non potranno che far aumentare maggiormente il debito pubblico già molto elevato, ma sembra che il governo e la Banca Popolare di Cina ritengano che il gioco valga la candela.
Nonostante questi interventi, se l’economia continuasse a ristagnare o crescere meno di quanto necessario, la lettura che un cinese medio permeato di cultura confuciana darebbe alla situazione potrebbe essere che le Autorità in carica non stiano provvedendo adeguatamente ai bisogni della popolazione e l’immediata spiegazione che ne deriverebbe è che il Cielo ha, forse, deciso di togliere il proprio avallo a chi oggi comanda.
* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.
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