“La Goriziana”, spigolature dal convegno Acri

La Goriziana, care abbonate e cari abbonati, è una specialità di gioco del biliardo a stecca. Chi abbia ricordi datati, e anche un po’ provinciali, non può non essersi imbattuto nei grandi tavoli col delicatissimo panno verde, i birilli disposti a croce, i giocatori sempre col gessetto blu in mano, come se potesse darei ai colpi chissà quale traiettoria. L’Italia dei caffe di Francesco Nuti e dei Bar Sport di Stefano Benni.
Funziona così: i birilli esterni (di colore bianco), se abbattuti, valgono due punti ciascuno, mentre quelli interni o mediani (bianchi o talvolta gialli) ne valgono otto. Il birillo centrale rosso, se buttato giù con altri, vale 10 punti, mentre se viene abbattuto da solo, ne fa segnare 30.
Goriziana sarà, monograficamente, questa newsletter, che dedicheremo al XXVI Congresso Acri che si è svolto, giovedì e venerdì scorsi, proprio nella città isontina, insieme a Nova Gorica, capitale europea della cultura.
Il curatore di ProdurreBene c’è stato e ha già scritto un po’ di cose, sulla prima e seconda giornata e pubblicato un episodio di podcast con un’intervista ad Aldo Soldi, neopresidente di Banca Etica, uno dei molti osservatori, esterni ma certamente interessati, presenti all’assise.
Goriziana come la città, dunque, ma anche come il gioco, nel senso che vi offrirò qualche spigolatura divertita (e divertente, spero) di questo importante momento che ha ridetto della indiscussa leadership di Giovanni Azzone e della coesione di questo movimento che vale, lo ricordiamo, oltre 50 miliardi di patrimonio e oltre un miliardo di erogazioni a ricerca, cultura, sociale.
Ingegneria di una leadership

Partiamo proprio dall’ex-rettore del Politecnico di Milano e attuale presidente Cariplo: vederlo muoversi fra i vari luoghi del congresso, il bel Teatro Verdi, dove si sono svolti i lavori, l’Arcivescovado, villa Cronberg, l’Unione sportiva Goriziana, dove invece si sono tenuti i pranzi e le cene, ha dato l’idea di un uomo davvero ben voluto da tutti. Tutti lo cercavano, prima o dopo, per felicitarsi, e con tutti questo ingegnere gestionale milanese, classe 1962, che scrive intriganti libri gialli, si soffermava dispensando saluti cordiali e punto affettati. In questo senso poco ingegnere e poco meneghino.
Non ha fatto un plissé nemmeno quando, in sala stampa, gli scafatissimi colleghi delle pagine finanziarie gli hanno dato persino sulla voce quando le sue risposte sul Protocollo Acri-Mef non inveravano lo scoop che vive sempre sulle loro tastiere.
Il suo intervento, nella “giornata 1”, è stato interrotto dagli applausi quando, con garbo ma con fermezza, ha ricordato un paio di problemini con la politica e citato sapientemente Sergio Mattarella. E quando ha terminato, standing ovation.
Alla Goriziana, la sua due giorni vale il birillo centrale rosso, abbattuto da solo: 30 punti.
Bernabò double-face

Fa parte di quei presidenti che non hanno un excursus bancario né accademico, Bernabò Bocca, vicario di Azzone, a capo di Fondazione Crf. Questo torinese classe 1963, trapiantato a Firenze da tanti anni per gestire, da imprenditore della hotellerie stellata, gli alberghi di famiglia, non ha neppure quel modo felpato di tanti presidenti: è ruvido all’aspetto e nei modi. Degli ultimi ha fatto esperienza la moderatrice, Marianna Aprile, che gli ha chiesto di stare sul tema della comunità, a cui era intitolato il convegno, peraltro: «È da stamane che sentono (i presenti, ndr) parlarne, credo che sia abbastanza: ora vi racconto cosa stiamo facendo a Firenze». È uno che non ci gira intorno, il presidente di Federalberghi, che ha sposato, ha ricordato subito qualcuno in sala stampa, Benedetta Geronzi, figlia di Cesare, patron di Capitalia, dimenticando che si tratta di una donna impegnata nella filantropia (siede nel consiglio di Fondazione Bambin Gesù, tanto per citarne una).
Ma per tornare Bocca a Gorizia, il presidente fiorentino ha sotterrato il burbero che è il lui, quando ha parlato delle sue battaglie coi figli adolescenti, per strapparli al digitale e ai social.
Trenta punti anche per lui.
Master of Elegance
Giorni accaldati, quelli di Gorizia. Tutti i convegni hanno sofferto la grande afa isontina, che gli ottimi vini serviti, Tocai-non-più-tocai e altre buone cuvée, certo hanno aiutato. Anche perché l’abbigliamento dei momenti di relax non aveva un dress-code specifico, però tanti convegnisti hanno scelto la formalità, coi maschi spesso incravattati.
Due presidenti di fondazione hanno però dimostrato d’esser grandi intenditori, evitando di presentarsi alla prima cena, quella di benvenuto, incravattati come il sottoscritto. Sono stati il numero uno di Fondazione Roma, Franco Parassassi, e Michele Colombo, presidente di Fondazione Caribiella. Avevano entrambi una giacca sportiva di panno leggero, di un beige quasi rosa quella del presidente romano, azzurra per quello biellese. Chapeau.
Trenta punti.
Note intonate

Nella cena di gala del primo giorno, nel parco del bellissimo Palazzo Coronini Cronberg, la sera è stata animata da un bel coro di giovani goriziano, le Free voices, con un repertorio locale e internazionale ma anche con qualche concessione al pop, che ha coinvolto l’uditorio.
Sulle note di Freedom, si poteva vedere il d.g. di Forum finanza sostenibile, Francesco Bicciato, partecipare al ritornello con grande trasporto, superato solo, per qualità dell’esecuzione, dal presidente del medesimo Forum, l’a.d. di Sefea impact sgr, Massimo Giusti, seduto al tavolo a fianco, che non ha resistito alle note ispirate di Renato Zero ne I migliori anni della nostra vita.
Allo stesso tavolo di Giusti, l’a.d. di Prometeia Sim, Davide Squarzoni, ha canticchiato qualcosa, tambureggiando un po’ sul tavolo a tempo, ma senza mai togliere gli occhi da “gara 3” di Virtus Bologna – Pallacanestro Brescia, finalissima di basket patrio, seguita dallo smartphone, essendo sfegatato tifoso delle V nere.
Trenta punti
Santa simpatia
Il più simpatico di questa tre giorni è stato, senza dubbio, Giancarlo Perego da Vailate (Milano), vescovo di Ferrara. La sua bella croce pettorale non l’ha mai riposta e col suo clergy ha sfidato la calura della prima serata peraltro quasi in casa, trandosi del chiosto interno al palazzo vescovile goriziano.
Uomo cordiale, bonario e sempre sorridente, monsignor Perego guida la Fondazione Migrantes che con Acri è coinvolta nel Progetto Migranti. È così attento alla gente estense, che gli è stata affidata da qualche anno, da essere informatissimo anche sulle vicissitudini della Spal.
A Ex-equo la palma della simpatia va a un ex-numero uno di Acri, il professor Francesco Profumo, che è arrivato per la cena inaugurale. Affabile e cordiale con tutti, non s’è sottratto a nessun saluto, col quel garbo che è il suo marchio di fabbrica. L’ex-presidente di Compagnia di San Paolo, oggi presidente Easybank, se n’è tornato a Torino con la navetta dell’indomani, disciplinatamente in pullman insieme al neopresidente Marco Gili, vicepresidente Acri, e col segretario generale Alberto Anfossi. Understatement sabaudo.
Trenta punti.
Dolce, anche troppo

Stucchevole, invece, il sottosegretario al Mef, Federico Freni, avvocato amministrativista di levatura, che sta nella Lega salviniana per vicinanza politica con l’uomo forte del Lazio, Claudio Durigon. Stucchevole perché, intervenuto al posto di Giancarlo Giorgetti, ha inanellato un lezioso intervento che ha preso le mosse dai 107 tipi di Gubana, dolce tipico friulano, troppo dolce, stucchevole anche lui. «Mi occuperò di bassa cucina», aveva esordito, per finire dispensando zucchero alla platea: «Questo Paese ha bisogno delle fondazioni, vuole lavorare con le fondazioni, investire con le fondazioni, e per questo vuole crescere ma crescere in una comunità».
Se non fosse che Mef e Acri hanno avviato la revisione del protocollo siglato 10 anni fa, dove più d’uno, per esempio il vicepresidente Gerhard Brandstätter (nella foto sotto), presidente della Cassa di Risparmio Bolzano Spa, e rappresentante di quella manciata di casse resistenti, intravede qualche trappola per la filantropia bancaria.
Eppure, anche il simpatico banchiere altoatesino – che ha ricordato d’aver dato da giovane dello scemo ad Antonio Patuelli, oggi, presidente Abi, seduto in prima fila: “Ma tu sei italiano o tedesco”, l’aveva apostrofato – eppure Brandstätter, dicevo, s’è lasciato scappare, a proposito della filascalità, una battuta su “soldi che vanno a Roma e si sa come tornano”. Freni, classe 1980, è forse troppo giovane per ricordare le battaglie dell’Acri guzzettiana, a suon di ricorsi alla Consulta, contro il ministro Vittorio Tremonti a trazione leghista, a capo delle Finanze del Berlusconi II. Stagione che fa ancora arrabbiare Franco Magnani, vulcanico presidente di Fondazione Parma, assente a Gorizia per impegni professionali (è avvocato cassazionista, doveva seguire un’udienza a Roma). Erano gli anni in cui Umberto Bossi strillava che quei soldi erano della gente del Nord e il ministro Giancarlo Giorgetti, da bocconiano del Carroccio figlio del capo dei pescatori del Lago di Varese, muoveva i primi passi in Via Bellerio a Milano.
Un punto.
Sala stampa
Nutrita la pattuglia dei giornalisti: almeno una dozzina i colleghi in sala stampa e prevalentemente di agenzie e quotidiani nazionali. Fra loro l’elegante Andrea Rinaldi del Corriere e Rosario Di Mito, capo dell’economia del Messaggero.
Di Mito lo ricordavo colonna di MilanoFinanza, negli anni in cui ho lavorato a Class Editori: la sua scrivania era vicina alla macchinetta del caffè nel grande open space di Via Burigozzo a Milano e anche io spesso ho disturbato le sue interviste, piene di retroscena, negli anni delle direzioni di Enrico Romagna Manoja e di Osvaldo De Paolini.
Di Mito a Gorizia ha continuato a dirigere le sue pagine anche dalla sala stampa, dettando spesso i pezzi su Bpm e altro. Lui che parla col dimafonista di via del Tritone a Roma mi ha rovinato diverse registrazioni fatte col microfono posizionato strategicamente.
Vendetta inconsapevole, I suppose.
E proprio a uno di questi giornalisti, tra un calice di vino e uno stuzzichino al prosciutto di San Daniele, s’è rivolto un presidente di una fondazione: «Ma secondo lei, Mediobanca ce la fa?», ha chiesto, evidentemente riferendosi alla scalata su Banca Generali. E l’altro, di rimando: «Mah, onestamente, non lo so». Ma aveva l’aria di chi voleva alzare la posta della sua confidenza.
Dieci punti.
Milan-Inter

Presidente Fondazione Modena – foto Giampalo Cerri
Imperdibile, al caffè del Teatro Verdi, il siparietto fra Matteo Tiezzi, presidente di Fondazione Modena, professionista in grande ascesa (recentemente nominato nel collegio sindacale de Il Sole 24 Ore), e Giovanni Gorno Tempini, presidente di Cassa depositi e prestiti che a Gorizia ha fatto appello alle fondazioni di continuare a impegnarsi sul fronte delle infrastrutture.
Tiezzi, salutando Gorno Tempini, ha detto: «Con te non parlo che sei milanista» e l’altro, di rimando, l’ha salutato sventolando la mano come a ricordare i cinque goals che hanno affossato l’Internazionale nella finale di Champions». Risate degli astanti.
Dieci punti.
Produrre Gaffes

Forse stordito dalla cappa di afa isontina che gravava sul parco di Palazzo Cronberg, il curatore di questa newsletter s’è rivolto alla vicepresidente di Compagnia di San Paolo, Rosanna Ventrella Grimaldi, che è stata presidente fino ad aprile, fra la fine mandato di Profumo e l’elezione di Gili, chiamandola “Chiara”. «No, sono Rosanna», ha risposto lei sorridendo.
Ero convinto che fosse Chiara Boroli, presidente di Fondazione De Agostini, vicepresidente Assifero che a quella cena poteva esserci (c’era per esempio la direttrice, Carola Carazzone, nel suo ruolo di vicepresidente di Philea).
Ne abbiamo riso assieme. Però si assomigliano: non era il caldo e non avevo toccato vino. Gli è che non sono un gran fisionomista, grosso guaio se si vuol fare questo mestiere.
Un punto a me, 30 alla vicepresidente Ventrella Grimaldi.
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