La “satira” costa caro: scuse e risarcimento per i manifesti di Gazzada Schianno


A distanza di oltre tre anni dai “manifesti della discordia” affissi a Gazzada Schianno, arriva la lettera di scuse firmata da Giuseppe Trevisan, fratello dell’ex sindaco, protagonista di una vicenda che ha mescolato politica locale, ironia (non proprio fine) e conseguenze legali molto concrete.
Era marzo 2022 quando in paese comparvero cartelloni a contenuto “satirico” che non fecero sorridere affatto i diretti interessati: i consiglieri comunali Patrizia Quercia, Alfonso Minonzio, Francesco Bosco e il dipendente comunale, oggi sindaco, Stefano Frattini. I quattro, ritratti in modo ritenuto offensivo, presentarono denuncia. Da lì, un procedimento che ha portato Trevisan davanti al giudice.
Oggi la storia si chiude con una missiva in cui l’autore dei manifesti scrive:
«Sono dispiaciuto per aver ferito la sensibilità e l’onorabilità di chi ha subito gli effetti delle mie azioni. La messa alla prova sta rappresentando per me un’occasione concreta di riflessione e crescita».
Una lettera in punta di penna che segue a un gesto molto più tangibile: 800 euro di risarcimento a ciascuna delle persone offese e messa alla prova in una scuola dell’infanzia.
La satira, si sa, cammina su un filo sottile: può illuminare le contraddizioni del potere o scivolare nell’offesa personale. In questo caso la bilancia della giustizia ha parlato chiaro, ricordando che non tutto ciò che diverte qualcuno, diverte chi legge.
Il risultato? Una vicenda che resterà negli annali di Gazzada non tanto per la brillantezza dei cartelloni, quanto per aver trasformato un’“operazione di satira” in una lezione da 3.200 euro complessivi e un corso di autocritica. Soluzione che soddisfa solo in parte il sindaco Stefano Frattini: “Finalmente sono arrivate le scuse per i manifesti diffamatori, nei quali non ho mai ravvisato un “contenuto satirico” ma gravi offese personali nei confronti delle persone coinvolte”.
Consiglieri di minoranza di Gazzada diffamati dai manifesti, l’imputato chiede la messa alla prova
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