L’autolesionismo del Pd: casse vuote e patrimoniale ubriaca

Novembre 12, 2025 - 14:30
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L’autolesionismo del Pd: casse vuote e patrimoniale ubriaca

L’aspetto più irritante della discussione sulla politica economica del governo, nonché il motivo per cui ho evitato di occuparmene finché ho potuto, è il suo carattere fasullo, vuoto di qualunque contenuto, di puro teatro politico. Al di sotto degli annunci roboanti e delle esagerazioni propagandistiche, in verità, il merito principale di questa manovra e di tutta la politica economica dell’esecutivo è proprio l’estrema prudenza, la scelta di volare bassissimo, che se da un lato rende ancora più ridicoli i proclami di svolte epocali che l’accompagnano, dall’altro dimostra la resistenza di un sano principio di realtà che almeno finora ci ha messo al riparo da guai peggiori (cioè dal rischio, che non può mai considerarsi pienamente scongiurato, che i populisti al governo prima o poi mantengano le loro promesse).

C’è poi, visto da sinistra, un ulteriore problema, che rende tutta la discussione particolarmente scivolosa, ed è che il principale argomento utilizzato per giustificare questa scelta di sostanziale inerzia e conservazione, il peso del Superbonus sui conti pubblici, una voragine aperta dal governo M5s-Pd e certo non a vantaggio dei ceti meno abbienti (altro che taglio dell’Irpef), è purtroppo un argomento più che fondato.

L’unica obiezione sensata consisterebbe nel ricordare come tutti i partiti di centrodestra – ben oltre il momento dell’emergenza post-Covid, in cui anche un provvedimento estremo come il Superbonus poteva avere un senso – hanno fatto campagna per allargarlo, estenderlo e prorogarlo in ogni modo, facendo muro assieme ai cinquestelle contro chiunque (a cominciare da Mario Draghi) provasse a metterci un freno. Ma questa obiezione, sacrosanta, è l’unica che il Partito democratico oggi non può fare, avendo deciso da tempo di inseguire il Movimento 5 stelle sulla strada del populismo economico. Il che rende tutte le proteste sul carattere poco incisivo o socialmente ingiusto di questa manovra assai poco credibili.

Per non parlare del maldestro e autolesionistico rilancio della patrimoniale, un caso di purissimo feticismo lessicale che non ha niente a che vedere con la realtà, e sembra fatto apposta per squalificare sia la proposta in sé sia i proponenti (non per niente Conte, che di tutto il gruppo è decisamente il più furbo, ne ha subito approfittato per prendere le distanze e distinguersi da Pd e Avs).

Personalmente sarei favorevolissimo a una tassa patrimoniale, che peraltro già avevamo, si chiamava Imu ed era stata messa da Mario Monti. Ed è stata in gran parte cancellata da Enrico Letta prima e poi del tutto abolita da Matteo Renzi (entrambi del Pd, peraltro). Ma ovviamente dire tassa sulla prima casa, evocando addirittura il governo Monti, suona malissimo e non raccoglierebbe nemmeno un applauso in nessuna assemblea di istituto, apericena impegnato o dibattito post-cineforum. Dire patrimoniale, invece, in un piccolissimo segmento di pubblico vagamente attratto da idee radicali, suscita ancora un certo consenso.

Ciò non toglie che sul complesso dell’elettorato l’effetto sia comunque negativo, ragion per cui a Meloni e al centrodestra non è parso vero di potersi ergere a difensori dei contribuenti dalla terribile minaccia. Resta quindi la domanda: se comunque ci dovete perdere i voti di quella larga parte di elettori che di tasse non vuol proprio sentire parlare, cari dirigenti del Pd, non varrebbe la pena parlare almeno di una cosa seria e concreta, come il ripristino di una normale tassazione sulla prima casa in linea con gli standard europei e occidentali, così da guadagnarvi se non altro l’appoggio delle persone serie?

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Redazione Redazione Eventi e News